Archive pour le 31 octobre, 2007

1 Novembre – Festa di tutti i Santi

1 Novembre - Festa di tutti i Santi dans Santi
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1 NOVEMBRE – FESTA DI TUTTI I SANTI

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1 NOVEMBRE – FESTA DI TUTTI I SANTI 

La festa di Tutti i Santi, è una giornata di gioia, di spe­ranza, di fede. Una delle giornate più intelligenti, più raf­finate che la liturgia ci propone; è la festa di tutta l’umanità, del­l’umanità che ha sperato, che ha sofferto, che ha cercato la giusti­zia, dell’umanità che sembrava perdente e invece è vittoriosa. E’ la festa di Tutti i Santi, non solo di quelli segnati sul calen­dario e che veneriamo sugli alta­ri, ma anche di quelli che sono passati sulla terra in punta di pie­di, senza che nessuno si accor­gesse di loro, ma che nel silenzio del loro cuore hanno dato una bella testimonianza di amore a Dio e ai fratelli, forse parenti no­stri, amici, forse nostro padre, nostra madre, umili creature, che ci hanno fatto del bene senza che noi neppure ci accorgessimo. Ho letto di un anziano parro­co di campagna che nel giorno di Tutti i Santi, per far capire al­la sua gente che si dovevano ri­cordare tutti i cristiani santi che stanno in Paradiso toglieva le im­magini e le statue dagli altari. U­na stranezza se volete, ma che voleva anche sottolineare il fatto che di solito, una volta che ab­biamo messo i santi sugli altari, li ammiriamo, li invochiamo, ma non li imitiamo, perché pensiamo che siano troppo eroi per vivere come loro. Ma non è così. Nella festa di Tutti i Santi, la Chiesa ci dice che i santi sono uomini e donne comuni, una mol­titudine composta di discepoli di ogni tempo che hanno cercato di ascoltare il Vangelo e di metter­lo in pratica. Sono questi i santi che salva­no la terra. C’è sempre bisogno di loro. È in virtù dei santi che so­no sulla terra, che noi continuia­mo a vivere, che la terra continua a non essere distrutta, nonostan­te il tanto male che c’è nel mon­do. Ed è in virtù dei santi di ieri, dei santi che sono già salvati e che intercedono per noi: « una molti­tudine immensa che nessuno può contare, di ogni nazione, popolo e lingua ». La definizione più bella dei santi è quella che ho sentito da un bambino di una scuola materna. La maestra aveva portato la sua classe a visitare una chiesa con le figure dei santi sulle vetrate lu­minose. A scuola di catechismo ho domandato ai bambini: Chi sono i santi? Un bambino mi ha risposto: « Sono quelli che fanno passare la luce ». Stupenda defi­nizione: i santi fanno passare la luce di Dio che continua ad illu­minare il mondo. Nella festa di Tutti i Santi, noi celebriamo la gioia di essere an­che noi chiamati alla santità, per­ché ci è stato detto che abbiamo un cuore che batte come figli di Dio. Ci pensiamo? E San Gio­vanni che ce lo ricorda: « Caris­simi vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo veramente… ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sap­piamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo si­mili a lui, perché lo vedremo co­sì come egli è ». Ma quale è la strada della san­tità? Gesù ce l’ha indicata con l’ annuncio delle beatitudini che sono la sintesi del Vangelo, lo specchio di fronte al quale ogni discepolo di Cristo deve con­frontarsi. È il portale d’ingresso del Discorso della Montagna, la « carta costituzionale del cristia­nesimo ». Ogni regno ha le proprie leg­gi. Le beatitudini sono la legge del Regno di Dio. Chi le osserva entra nella felicità del Regno. Questo dobbiamo capire. Dio ha posto nel nostro cuore la vocazione alla felicità, come ul­timo segno della nostra somi­glianza con Lui. Dio è il Sommo bene, il Beato per eccellenza. Per essere figli di Dio bisogna esse­re felici. 

 A cura di Gianni Sangalli della Rivista mensile “Maria Ausiliatrice” Torino.  

  

 

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Predicatore del Papa: “Chi sono i santi”?

dal sito:

http://www.zenit.org/article-12386?l=italian 

 

Predicatore del Papa: “Chi sono i santi”?

 Padre Cantalamessa sulla solennità del 1° novembre 

 

ROMA, mercoledì, 31 ottobre 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il commento di padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. – predicatore della Casa Pontificia –, alla solennità del 1° novembre, festa di Tutti i Santi. 

* * * 

Festa di Tutti i santi
Apocalisse 7, 2-4.9-14; 1 Giovanni 3, 1-3; Matteo 5, 1-12a
Chi sono i santi

Da tempo gli scienziati mandano segnali nel cosmo in attesa di risposte da parte di esseri intelligenti esistenti in qualche pianeta sperduto. La Chiesa da sempre intrattiene un dialogo con abitanti di un altro mondo, i santi. Questo è ciò che proclamiamo dicendo: « Credo nella comunione dei santi ». Se anche esistessero abitanti al di fuori del sistema solare, la comunicazione con essi sarebbe impossibile perché tra la domanda e la risposta dovrebbero passare milioni di anni. Qui invece la risposta è immediata perché c’è un centro di comunicazione e di incontro comune che è il Cristo risorto.

Forse anche per il momento dell’anno in cui cade, la festa di Tutti i santi, ha qualcosa di particolare che spiega la sua popolarità e le numerose tradizioni ad essa legate in alcuni settori della cristianità.

Il motivo è in ciò che dice Giovanni nella seconda lettura. In questa vita, « noi siamo figli di Dio, ma ciò che saremo ancora non appare »; siamo come l’embrione nel senso della madre che anela a nascere. I santi sono quelli che sono « nati » (la liturgia chiama « giorno natalizio », dies natalis, il giorno della loro morte); contemplarli è contemplare il nostro destino. Mentre intorno a noi la natura si spoglia e cadono le foglie, la festa di Tutti i santi ci invita a guardare in alto; ci ricorda che non siamo destinati a marcire in terra per sempre come le foglie.

Il brano evangelico è quello delle Beatitudini. Una beatitudine in particolare ha ispirato la scelta del brano: « Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati ». I santi sono coloro che hanno avuto fame e sete di giustizia, cioè, nel linguaggio biblico, di santità. Non si sono rassegnati alla mediocrità, non si sono accontentati delle mezze misure.

Ci aiuta a capire chi sono i santi la prima lettura della festa. Essi sono « coloro che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello ». La santità si riceve da Cristo; non è di produzione propria. Nell’Antico Testamento essere santi voleva dire « essere separati » da tutto ciò che è impuro; nell’accezione cristiana vuol dire piuttosto il contrario e cioè « essere uniti », s’intende a Cristo.

I santi, cioè i salvati, non sono soltanto quelli elencati nel calendario o nell’albo dei santi. Vi sono anche i « santi ignoti »: quelli che hanno rischiato la vita per i fratelli, i martiri della giustizia e della libertà, o del dovere; i « santi laici », come li ha chiamati qualcuno. Senza saperlo anche le loro vesti sono state lavate nel sangue dell’Agnello, se hanno hanno vissuto secondo coscienza e hanno avuto a cuore il bene dei fratelli.

Una domanda viene spontanea: « Cosa fanno i santi in paradiso? La risposta è, anche qui, nella prima lettura: i salvati adorano, gettano le loro corone davanti al trono, gridano: « Lode, onore, benedizione, azione di grazia… ». Si realizza in essi la vera vocazione umana che è di essere « lode della gloria di Dio » (Ef 1,14). Il loro coro è guidato da Maria che in cielo continua il suo cantico di lode: « L’anima mia magnifica il Signore ». È in questa lode che i santi trovano la loro beatitudine ed esultanza: « Il mio spirito esulta in Dio ». L’uomo è ciò che ama e ciò che ammira. Amando e lodando Dio ci si immedesima con Dio, si partecipa della sua gloria e della sua stessa felicità.

Un giorno un santo, S. Simeone il Nuovo Teologo, ebbe una esperienza mistica di Dio così forte che esclamò tra sé: « Se il paradiso non è che questo, mi basta! ». Ma la voce di Cristo gli disse: « Sei ben meschino se ti accontenti di questo. La gioia che hai provato in confronto a quella del paradiso è come un cielo dipinto sulla carta rispetto al cielo vero ». 

 

 

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La libertà che viene da Dio, una lezione di Beethoven, secondo Benedetto XVI

dal sito:

http://www.zenit.org/article-12385?l=italian 

 

La libertà che viene da Dio, una lezione di Beethoven, secondo Benedetto XVI

 Parla del compositore per il concerto-regalo dell’orchestra e del coro della Radio di Baviera 

 

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, ottobre 2007 (ZENIT.org).- La “solitudine silenziosa” per cui dovette passare Beethoven gli insegnò “un modo nuovo di ascolto” equiparabile a un dono liberatore di Dio, constata Benedetto XVI.

Il Papa – la cui profonda cultura musicale è ben nota – si è fatto eco della lezione e della testimonianza del geniale compositore nel discorso di ringraziamento pronunciato sabato pomeriggio, dopo il concerto offerto in suo onore dall’orchestra sinfonica e dal coro della Radio di Baviera (“Bayerischer Rundfunk”).

7.000 persone sono accorse in Vaticano, nell’Aula Paolo VI, per ascoltare insieme al Santo Padre la IX sinfonia di Ludwig van Beethoven, eseguita da 174 musicisti sotto la direzione del maestro Mariss Jansons. 

Profondamente riconoscente, il Papa ha affermato nel suo discorso – in tedesco e in italiano –, dopo l’interpretazione, che questo “regalo” rimarrà per molto tempo nella sua memoria.

“Capolavoro imponente”, la IX sinfonia di Beethoven, che “appartiene al patrimonio universale dell’umanità, suscita sempre di nuovo la mia meraviglia”, ha riconosciuto.

“Dopo anni di auto-isolamento e di vita ritirata, in cui Beethoven aveva da combattere con difficoltà interne ed esterne che gli procuravano depressione e profonda amarezza e minacciavano di soffocare la sua creatività artistica, il compositore ormai totalmente sordo, nell’anno 1824, sorprende il pubblico con una composizione che rompe la forma tradizionale della sinfonia” e “si eleva ad uno straordinario finale di ottimismo e di gioia. Che cosa era accaduto?”, ha chiesto il Papa.

La musica offre risposte, perché “lascia intuire qualcosa di ciò che sta alla base di questa esplosione inaspettata di giubilo”, ha spiegato.

“Il travolgente sentimento di gioia trasformato qui in musica non è qualcosa di leggero e di superficiale – ha sottolineato –: è un sentimento conquistato con fatica, superando il vuoto interno di chi dalla sordità era stato spinto nell’isolamento”.

La “solitudine silenziosa” “aveva insegnato a Beethoven un modo nuovo di ascolto che si spingeva ben oltre la semplice capacità di sperimentare nell’immaginazione il suono delle note che si leggono o si scrivono”, ha osservato Benedetto XVI.

Per approfondire questa realtà, il Papa ha alluso a “un’espressione misteriosa del profeta Isaia che, parlando di una vittoria della verità e del diritto, diceva: ‘Udranno in quel giorno i sordi le parole di un libro [cioè parole solamente scritte]; liberati dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno’ (cfr 29, 18-24)”.

“Si accenna così ad una percettività che riceve in dono chi da Dio ottiene la grazia di una liberazione esterna ed interna”. 

Il Pontefice ha anche ricordato che il coro e l’orchestra della radio bavarese, nel 1989, quando è caduto il muro di Berlino, eseguirono la stessa sinfonia sotto la direzione di Leonard Bernstein, cambiando il testo dell’“Inno alla Gioia” in “Libertà, bella scintilla di Dio”.

Così si è riusciti ad esprimere, “più del semplice sentimento del momento storico”, che “la vera gioia è radicata in quella libertà che, in fondo, solo Dio può donare”, ha sottolineato.

“Egli – a volte proprio attraverso periodi di vuoto e di isolamento interni – vuole renderci attenti e capaci di ‘sentire’ la sua presenza silenziosa non solo ‘sopra la volta stellata’, ma anche nell’intimo del nostro animo. È lì che arde la scintilla dell’amore divino che può liberarci a ciò che siamo veramente”. 

Il concerto ha avuto luogo quasi un anno dopo la visita del Papa in Baviera, sua terra natale. Una visita che, come ha riconosciuto l’Arcivescovo emerito di Monaco e Frisinga – il Cardinale Friedrich Wetter – nel suo saluto al Santo Padre, ha suscitato molta gioia. Ringraziando per questo, e per rinnovare i loro auguri per l’80° compleanno di Benedetto XVI, è stato organizzato questo omaggio musicale.

“Sappiamo che lei è un grande amante e profondo intenditore della musica classica”, ha detto al Papa il presidente della “Bayerischer Rundfunk”, Thomas Gruber, sottolineando che nell’ultima visita pontificia alla Basilica di Ratisbona, per la benedizione del nuovo organo, Benedetto XVI ha osservato che con la loro musica i grandi compositori volevano, ciascuno a proprio modo, glorificare Dio. 

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buona notte… o meglio buon risveglio…data l’ora

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Fin d’ora riconoscere la porta aperta

Simeone il Nuovo Teologo (circa 949-1022), monaco ortodosso
Inno 53; SC 196, 213

Fin d’ora riconoscere la porta aperta

Vedi, o Cristo la mia angoscia,
vedi la mia mancanza di coraggio,
vedi la mia mancanza di forza,
vedi anche la mia povertà,
vedi la mia debolezza,
e di me, o Verbo, abbi pietà!
Brilla sopra di me, ora come prima,
e rischiara la mia anima, illumina i miei occhi, perché io veda te, o luce del mondo (Gv 8,12), te la gioia, la felicità,
la vita eterna,
le delizie degli angeli,
te, il Regno dei cieli
e il Paradiso,
la corona dei giusti,
il loro Giudice e il loro Re.
Perché nascondermi il tuo volto?
Perché allontanarti da me, mio Dio,
che non vuoi mai allontanarti
da coloro che ti amano?
Perché sfuggirmi, perché bruciarmi,
perché ferirmi e schiacciarmi?
Sai che ti amo
e che, con tutta la mia anima, ti cerco.
Rivèlati, secondo la tua parola…

Spalanca, per me,
le porte della sala di nozze, mio Dio;
Sì, non chiudermi la porta
della tua luce, o mio Cristo!

 » – Immagini forse, o figlio degli uomini, di potermi forzare con le tue parole?
Cosa dici, insensato?
Che nascondo il mio volto?
Forse sospetti, un minimo,
che io chiuda le porte e le finestre?
Forse ti figuri
che mi allontani da te?
Cosa hai detto:
sono io, veramente, ad infiammarti, a bruciarti, e a schiacciarti?
Sicuramente non sono giuste le tue parole,
né è giusto questo pensiero.
Ascolta piuttosto le parole
che ti dirò io:
ero luce, anche prima di aver creato
tutte la cose che vedi.
Ovunque sono, ovunque ero,
e, avendo creato tutte le cose,
sono dappertutto, e in tutto…

Considera i miei benefici,
guarda i miei disegni,
impara quali sono i miei doni!
Mi sono manifestato al mondo
e ho manifestato il Padre mio,
ho elargito in abbondanza
il mio Santissimo Spirito,
veramente, in ogni carne.
Ho rivelato il mio nome
a tutti gli uomini,
e, con le mie opere, che sono creatore,
che sono l’autore del mondo.
L’ho mostrato, ed ora mostro
quanto occorreva fare. »

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