Il Rosario cresce anche nel mondo secolarizzato (Parte I)
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Il Rosario cresce anche nel mondo secolarizzato (Parte I)
Intervista al sacerdote domenicano Ennio Staid, esperto della preghiera
ROMA, mercoledì, 24 ottobre 2007 (ZENIT.org).- Nell’Angelus di domenica 7 ottobre, il Santo Padre Benedetto XVI ha chiesto di recitare il Rosario per la pace nelle famiglie e nel mondo, ricordando che “è la consegna che la Madonna ha lasciato anche in diverse sue apparizioni”.
“Penso, in particolare, a quella di Fatima avvenuta 90 anni fa – ha precisato il Pontefice –. Ai tre pastorelli Lucia, Giacinta e Francesco, presentandosi come ‘la Madonna del Rosario’, raccomandò con insistenza di recitare il Rosario tutti i giorni, per ottenere la fine della guerra”.
Anche se nel mondo moderno a volte non piace il fedele che prega il Rosario e all’interno della stessa Chiesa c’è chi teme l’accusa di devozionismo, sono centinaia di milioni i fedeli che ogni giorno lo recitano.
Per comprendere la realtà di questa preghiera che attraversa in tutte le sue parti la Chiesa cattolica, ZENIT ha intervistato un grande esperto del Rosario, il sacerdote domenicano Ennio Staid.
Padre Staid vive attualmente a Novara, dove ha fondato una fraternità domenicana di presbiteri e di laici – uomini e donne. Scopo della fraternità è far prendere coscienza del fatto che anche i laici sono chiamati ad annunciare il Vangelo, soprattutto in quest’epoca in cui mancano presbiteri.
Alla base della pratica spirituale della fraternità c’è la recita e la diffusione del Rosario.
Il mondo moderno soffre di secolarizzazione, e Maria non sembra sempre troppo amata, ma sono miliardi le Ave Maria e i Rosari recitati ogni giorno nel mondo. Può darci un’idea di quanto è diffusa e di come cresce la recita del Rosario?
Padre Staid: Che il mondo soffra di secolarizzazione è vero, ma è altrettanto vero che esso sente un grande bisogno di trascendenza, di silenzio, di contatto con il divino. Molti cercano di dare delle risposte al perché della vita. Si ha bisogno di sapere da dove si viene, dove si va e che senso ha il vivere.
E nonostante i tanti problemi che affliggono i credenti, credo che ancora molti recitino il Rosario, ma il Rosario non è un punto di partenza nel cammino della fede. Per me è un punto di arrivo. Voglio dire che quando uno riesce davvero a pregare con il Rosario significa che ha già compiuto una buona parte del cammino di fede.
Non so dire se e quanto sia diffuso il Rosario. Come non so dire, come chiede Gesù, se al suo ritorno vi sarà ancora la fede sulla terra. Certo è che se al suo ritorno glorioso vi sarà ancora la fede, allora tra i fedeli vi saranno i devoti di Maria e fruitori di questa splendida e semplice preghiera.
Senza preghiera la fede non esiste, perché significa dare l’assenso della nostra ragione ad un’idea più o meno giusta di Dio. Si filosofeggia più o meno coscientemente su un’entità astratta che non incide sulle nostre giornate, sulla nostra vita. Il Cardinale Newman definì il Rosario “un credo fatto preghiera” e chi prega sa di non parlare a vuoto, di non affidare al vento parole e pensieri, ma è cosciente di essere alla presenza, non tanto di qualcuno, ma di uno che è Unico, Eterno, Tutto.
Una certa cultura moderna, diffusa anche in ambito cattolico, non ama il Rosario, perché lo considera espressione popolare e conservatrice. Cosa pensa in proposito?
Padre Staid: Ogni tanto, qua o là, si sente parlare di un ritorno al devozionismo, si critica il Papa perché, così dicono alcuni, vuole tornare al passato e vuole far risorgere pratiche tradizionali considerate alienanti. Purtroppo fra alcuni cristiani vi è chi ha già pronto un certo numero di etichette fatte, comperate a buon mercato sulle bancarelle d’una teologia di moda che si è messa in vendita prima di verificare se stessa. E le attacca a tutto ciò che non rientra nei propri modelli mentali.
Così il Rosario è spesso bollato per devozionismo o riformismo sconsiderato. A costoro vorrei dire che un cristianesimo senza devozioni non è avallato dall’esperienza di nessun santo, né dall’insegnamento autorevole della Chiesa. Dove si è tentato, e si tenta, questo cristianesimo impopolare, inumano, senza cuore, ha creato solo dei disastri nella fede.
Certo il Rosario non è l’essenza della fede o della vita cristiana, ma esso si rivela ovunque anche oggi come un ausilio importante per proteggere e sviluppare la fede nel cuore del Popolo di Dio. Papa Giovanni XXIII diceva che “il Rosario è un esercizio avvincente, insostituibile di preghiera. Con esso si rende omaggio alla SS. Trinità; si invoca il Padre celeste per impetrarne l’assistenza e i doni; si fa appello alla possente intercessione della Madre di Dio”.
“Con il Rosario le mani si congiungono: quelle innocenti dei bambini, quelle tremanti dei vecchi, quelle robuste dei lavoratori: dalle varie parti del mondo s’innalza una vera salmodia, che, in un certo qual modo, può ben stare accanto all’Ufficio Divino recitato dai monaci” (Discorsi e messaggi I, 796).
Può darci un’idea di com’è nata la preghiera del Rosario, come si è diffusa nel mondo e quanto è attuale?
Padre Staid: Se a qualcuno interessa conoscere più dettagliatamente la storia del Rosario mi permetto di rimandarlo a ciò che ho scritto alla voce Rosario del nuovo dizionario di Mariologia delle edizioni Paoline. Comunque il fondamento biblico-teologico di questo ausilio mariano va ricercato nel parallelismo cristologico Adamo-Cristo (I Cor 15,45-47; Rom 5,12-14), che è anche implicitamente parallelismo mariologico. Accanto al nuovo Adamo (Cristo), c’è la nuova Eva (Maria), il nuovo aiuto simile (adiutorium simile sibi – Gen 2,18) all’uomo nuovo.
Maria è immagine della Chiesa e nella nuova creazione la collaboratrice di Gesù Cristo nell’opera della salvezza. Premesso ciò, la devozione al soccorso mariano sorge ben presto nel popolo cristiano, soprattutto quando esso si trova sotto le minacce di gravi pericoli per la fede e la sopravvivenza della Chiesa. Si sviluppano già nel IV secolo il “Sub tuum Praesidium” (sotto la tua protezione) e nel secolo successivo l’inno “Akatistos”, che esprimono il ricorso fiducioso del popolo alla Madre di Gesù.
Nel VI secolo San Germano di Costantinopoli parla di una presenza di Maria in mezzo a noi, che si manifesta come potenza e che copre dall’alto i fedeli. Dello stesso periodo è l’invocazione “Auxilium christianorum” (aiuto dei cristiani) che passerà poi nelle litanie lauretane. All’inizio del secondo millennio sorgono l’Ave Maria e i salteri della Vergine, che più tardi si chiameranno Rosario, che si legherà indissolubilmente al mistero dell’ausilio mariano, arma della fede.
Certamente il saluto angelico era conosciuto prima. Esso è contenuto nel Vangelo e costituiva fino al secolo VII l’antifona offertoriale della quarta domenica d’avvento, domenica che aveva una particolare accentuazione mariana. Mi sembra di cogliere in quel periodo la novità della ripetizione devota dell’Ave, analoga alla coeva ripetizione dei Pater, per 150 volte, in contrappunto col salterio davidico.
Questi salteri, dei Pater o delle Ave, erano nei monasteri sostitutivi del salterio biblico per i monaci illetterati. L’Ave Maria era conosciuta e recitata solo nella sua prima parte evangelica contenente il saluto dell’angelo e la benedizione di Elisabetta. Il nome di Gesù e l’Amen finale verranno introdotti solo verso la fine del sec. XV, quando nel 1483 si diffonderà l’uso del recitare il Santa Maria.
La storia del Rosario si intreccia ormai nella storia dell’aiuto mariano alla Chiesa, alle Nazioni cristiane, al Papa. A Lourdes e alla Salette Maria si affaccia come il grande segno, come una promessa di vittoria, come una sicura speranza e a Fatima si proclama: “Io sono la Madonna del Rosario”.
[Giovedì, la seconda parte dell'intervista]

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