Archive pour le 25 octobre, 2007

L’Annunciazione

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BEIT SAHUR ED IL CAMPO DEI PASTORI

dal sit0 « Santuari Cristiani » in Terra Santa:

 

http://198.62.75.4/www1/ofm/sites/TSbcampo_It.html

 

BEIT SAHUR ED IL CAMPO DEI PASTORI 


Ad est di Betlemme, a circa 2 km. dal centro abitato, si trova il villaggio di Beit Sahur, la casa dei guardiani, di coloro che vigilano. Si può raggiungerlo anche a piedi, proseguendo per la strada della Grotta del Latte.

Già al tempo di S. Elena si trovava qui una chiesa dedicata agli Angeli che avevano annunciato ai pastori la nascita del Redentore. Dopo alterne e combattute vicende, vennero costruite, nel secolo scorso, una canonica ed una scuola, in attesa di poter avere anche una chiesa. Nel frattempo, il culto, prima tenuto in una grotta chiamata Mihwara, si svolgeva in ambienti provvisori della casa parrocchiale.

Infine, nel 1950, fu inaugurata la chiesa che oggi vediamo, opera dell’architetto A. Barluzzi, dedicata alla Madonna di Fatima ed a S. Teresa di Lisieux. Alla edificazione contribuirono non poco gli abitanti del luogo, eredi della generosità di Booz.

L’elegante portico della chiesa ha tre archi a sesto acuto e la facciata è coronata in alto da uno snello motivo di archetti, che si prolunga sui muri laterali. L’interno è diviso in tre navate da due file di quattro colonne ciascuna. 1 fusti delle colonne, di pietra rosa locale, a prima vista un po’ tozzi, sono resi affusolati mediante un semplice espediente ottico: i tamburi che li compongono hanno, dalla base al capitello, altezza decrescente. Gli archi a sesto acuto, molto stretti, creano l’illusione che l’interno sia più lungo del vero. Molto originali sono i capitelli, massicci ma non pesanti.

Particolarmente degno di nota è l’altar maggiore, vero gioiello dell’arte scultorea palestinese, che, malgrado le dimensioni, più che una scultura in pietra sembra una miniatura di avorio. Tra il paliotto (parte frontale e lati) ed il gradino, abbiamo 15 scene, dall’Annunciazione della Vergine, all’arrivo in Egitto della Sacra Famiglia. Nella parte centrale del gradino, all’altezza del tabernacolo, si vedono le 4 statuine degli Evangelisti mentre nella parte superiore i dodici Apostoli circondano la figura del Cristo.

Autori dell’opera furono Issa Zmeir, betlemita, e Abdullah Haron, betsahurino.

Beit Sahur si stende in mezzo ai così detti ‘campi di Booz’; in uno di questi si trovavano i pastori nella notte gloriosa della Natività.

« L’angelo disse loro: Non temete! Ecco , vi porto una lieta novella che sarà di grande gioia per tutto il popolo: Oggi nella città di Davide è nato un salvatore che è il Cristo Signore » (Luca 2, 10-11).

Sebbene le parole del Vangelo -non permettano di stabilire esattamente il luogo dell’apparizione angelica. pure l’antica tradizione lo ha fissato in località Siyar e1-Ghanam, il Campo dei Pastori, poco discosto da Beit Sahur.
Gli scavi effettuati da P. Virgilio Corbo, ofm, nel 1951-52 hanno sondato più a fondo dei precedenti (C. Guarmani, 1859) le rovine, dando a queste una datazione precisa.

Le traccie di vita nelle grotte, risalenti ai periodi erodiano e romano, i resti di frantoi antichissimi, reperiti sotto le fondamenta di due monasteri, dimostrano senza possibilità di dubbio, che il luogo era abitato all’epoca della nascita di Gesù a Betlemme. Lo studioso ha avuto sottomano materiale sufficiente per poter parlare di una piccola comunità agricola.

Inoltre, a Siyar el-Ghanam esistono i resti di una torre di guardia, ora incorporati nell’ospizio francescano.

Morta Rachele, Giacobbe « parti e rizzò le tende al di là di Migdal-Eder » (Gen 35, 21), al di là della ‘torre del gregge’. 1 Targumin localizzarono questa torre a est di Betlemme, specificando che in quel luogo il Messia sarebbe stato annunciato. La tradizione talmudica indicava la stessa regione e la tradizione cristiana, dopo la nascita di nostro Signore, accettò e mantenne la localizzazione.

S. Girolamo vede la torre a « circa mille passi (romani) da Betlemme », e aggiunge che là gli angeli avevano annunciato ai pastori la nascita del Redentore.

Quanto rimane dell’insediamento agricolo e della torre di guardia spiega molto bene una espressione del testo originale greco di Luca. Secondo i più qualificati esegeti (tra cui M. J. Lagrange), il verbo impiegato da Luca non significa che i pastori « passavano la notte all’aperto », bensì che « vivevano nella campagna ».

Gli scavi hanno rintracciato l’esistenza di due monasteri, uno del IV-V sec., l’altro del VI sec. Del primo abbiamo le fondazioni dell’abside della chiesa e di vari muri. Nel VI sec. la chiesa venne demolita e ricostruita nello stesso posto, con l’abside leggermente spostata verso est.

Del secondo monastero abbiamo egualmente parti dell’abside sui muri di numerosi ambienti. P. Corbo ha la netta sensazione che molte pietre del IV sec., riusate nell’abside della chiesa del VI sec., provengano dalla basilica constantiniana della Natività.

Il luogo dove si trovano i monasteri non è il più felice della zona, dato che è in pendenza. Il fatto che la seconda chiesa sia stata edificata esattamente sopra la prima conferma ulteriormente che un particolare ricordo era collegato al luogo.

Il monastero del VI sec. fu distrutto verso l’VIII sec. dai Musulmani, che cercarono perfino di cancellare i segni cristiani scalpellando e abradendo le pietre sui quali si trovavano.

Tra i vani del secondo monastero ne sono stati identificati alcuni, adibiti a scopi particolari: portineria, panetteria con grande macina di basalto, refettorio, frantoi, grotta-cantina, stalla. Sono stati portati alla luce anche il sistema di canalizzazione e diverse cisterne.

Il Santuario attuale fu costruito nel 1953-54 su progetto dell’arch. A. Barluzzi. Sia la posa della prima pietra che l’inaugurazione ebbero luogo il giorno di Natale.

Il Santuario sorge sul roccione che domina le rovine. Esso rappresenta un accampamento di pastori: un poligono a dieci lati, cinque dritti e cinque sporgenti e inclinati verso il centro, a forma di tenda. La luce, che penetra generosamente dalla cupola in vetrocemento, inonda l’interno richiamando alla mente la luce vivissima che apparve ai pastori.

L’alto-rilievo in bronzo, sull’architrave della porta, è dello scultore D. Cambellotti, che ha creato anche il portale, le quattro statue di bronzo che reggono l’altar maggiore, posto al centro della cappella, i candelieri e le croci. L’arch. U. Noni ha affrescato le tre absidi e lo scultore A. Minghetti ha curato l’esecuzione dei 10 angeli di stucco della cupola.

 

 

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Il Rosario cresce anche nel mondo secolarizzato (Parte II)

dal sito:

 

 http://www.zenit.org/article-12316?l=italian 

 

Il Rosario cresce anche nel mondo secolarizzato  (Parte II) 

Intervista al sacerdote domenicano Ennio Staid 

 

ROMA, giovedì, 25 ottobre 2007 (ZENIT.org).- Molti giovani in Italia sono distanti emotivamente da Maria perché – anche a causa di un certo tipo di clero – non la conoscono come “’donna’ dall’esperienza umana e religiosa”, sostiene un esperto del Rosario, padre Ennio Staid.

Allo stesso tempo, avverte il sacerdote domenicano, esiste sempre una mentalità che predilige l’attivismo e l’azione alla preghiera.

La prima parte dell’intervista è stata pubblicata il 24 ottobre.

La preghiera del Rosario ci fa pensare a Maria. Potrebbe indicarci in sintesi quali sono le chiavi per comprendere il Mistero grande di una donna che è stata fondamentale per l’incarnazione, l’educazione e la realizzazione della storia della salvezza nella persona di Gesù Cristo?

Padre Staid: Comprendere il mistero di Maria significa riuscire a entrare nel mistero della Incarnazione di Dio in Gesù Cristo. Il Credo, con cui i cristiani esprimono il contenuto della fede, recita: “nacque da Maria Vergine”.

E’ questa un’affermazione per molti sconcertante, ma il dato rivelato rimane nella sua provocazione. I credenti accettano e credono a un intervento personale di Dio e di conseguenza all’adesione totale di fede operata da parte di Maria. La sua grandezza sta non tanto nel partorire, quanto nell’accettare un piano che la sua ragione non comprende.

Non credo vi siano preghiere o studi che possano far comprendere il Mistero che rimane tale, ma la preghiera insieme alla Madre di Gesù ci fa dire: “Non comprendo ma conservo nel cuore”. San Tommaso D’Aquino definisce la fede come “un assenso dato dall’intelligenza alla verità divina sotto la spinta della volontà mossa dalla grazia di Dio”.

Nella fede come nella preghiera (qualsiasi preghiera), prima o poi si fa l’esperienza del silenzio di Dio, della sua discrezione. La fede e di conseguenza la preghiera non sono il gettone magico che una volta inserito nel juke-box ci fa sentire la voce di Dio.

Essa ci mette in contatto con l’invisibile. Perché stupirci allora se non lo si vede? La preghiera pone in dialogo con l’Inaccessibile, l’Assoluto; perché allora meravigliarsi se Dio risponde al nostro richiamo come Dio? Imitare Maria significa aver compreso cosa significa pregare e seguire Colui che invita i suoi a “pregare sempre senza stancarci mai”. In fondo anche noi siamo chiamati, come Maria, ad accogliere il Figlio di Dio nella fede e, come lei, a ridonarlo.

La devozione popolare per la Vergine Maria, la recita del Rosario, sono pratiche che hanno una grande diffusione tra la gente. Tale pratica, almeno negli ultimi decenni, non sembra però molto diffusa tra il clero e nei giovani. E’ solo un’impressione o la situazione sta cambiando? E in che direzione?

Padre Staid: L’obiezione che si fa al Rosario è sempre la stessa: “Non è meglio lavorare un’ora per il fratello bisognoso che dire una sfilza di Ave Maria?”. Tra l’altro il lavoro è qualcosa di tangibile, di controllabile, di nostro, mentre la preghiera è qualcosa di assolutamente incontrollabile.

È in questa realtà psicologica che ci si deve muovere con i piedi di piombo per non rompere ciò che vi è di buono nell’animo della gente semplice. Il discorso sulla preghiera in genere e sul Rosario in particolare va ritrovato e rinnovato. Nessun chirurgo è dichiarato bravo e valido soltanto perché va in giro per vari atenei a dettare dotte lezioni, ma acquista stima quando lo si vede esercitare in maniera eccellente la chirurgia: solo allora le sue conferenze hanno una validità perché si vedono gli ammalati da lui operati guariti.

Così avviene per noi che parliamo spesso di preghiera mentre ci affoghiamo nell’azione, contraddicendo con la vita le nostre parole. Un discorso sulla preghiera è tanto più valido quanto più colui che lo fa vive coerentemente ciò che annuncia.

Altro fattore importante, dovendo presentare la figura della Beata Vergine, è la necessità di focalizzare la figura della Madonna sul piano redentivo di Cristo. Maria ha un senso e una funzione importantissimi nella Chiesa, ed è errato separarla da questa e farne quasi una quarta persona della Trinità. Non è una dea e la sua giusta collocazione non nuoce al culto a lei attribuito, ma la rafforza e dà a questa creatura il posto che le compete nel piano della salvezza (cfr. VIII capitolo della Lumne Gentium).

La direzione da prendere, secondo il mio modesto parere, è quella di non calcare mai la mano per muovere troppo il sentimento: è necessario ricordare che la Madonna non è la parte sentimentale della nostra preghiera. Solo quando si sarà focalizzato il problema della necessità della preghiera e verrà spiegato il significato e la funzione della Vergine nel mistero di Cristo si potrà parlare del Rosario.

Inoltre è importante sapere che il Rosario non è propriamente una preghiera rivolta a Maria, ma una preghiera con Maria. Non è quindi una preghiera mariana ma è una preghiera cristologica. I misteri che esso propone mettono al centro un solo personaggio: Cristo Gesù. Il Rosario ci permette di guardare, contemplare il Figlio di Dio con gli occhi di Maria. Si prende la sua mano e con lei si scorre la vita di Gesù.

Tempo fa ho pubblicato un’indagine fatta in Italia tesa a verificare il rapporto dei giovani, preti compresi, con la figura di Maria. I giovani intervistati (400) secondo un criterio statistico in tutta la penisola mi hanno dato 256 risposte valide. L’età degli intervistati oscillava dai 18 ai 25 anni. L’indagine mi ha presentato uno spaccato in cui i giovani appaiono distanti da Maria, distanti emotivamente, indifferenti dal punto di vista culturale-pastorale, perfino, taluni, distanti per presa di posizione intellettuale, d’impronta filosofico-sociale.

Questi non sanno che farsene di una Vergine eccelsa, culmine di tutti i privilegi, che proprio per la sua esclusiva perfezione non agisce come modello, paradigma, stimolo, ideale. D’altro canto, nella prassi pastorale quotidiana da parte di un certo tipo di clero, prassi talvolta ben lungi dal mettere in atto le preziose indicazioni della riflessione mariologica della Chiesa, non si cerca di stare al passo coi tempi nel dimenticare Maria?

Ho constatato che note come mansuetudine, umiltà, tenerezza di cuore sono perdenti perché vissute come pericolose, come annullamento passivo della propria personalità. Questi giovani rifiutano, dunque, Maria? No: semplicemente non hanno riflettuto e non è stata loro presentata in piena luce la storia della salvezza. Non la conoscono come “donna” dall’esperienza umana e religiosa compromettente e difficile, non la conoscono come la Madre il cui figlio è stato il mistero di tutta la sua vita. Cioè non conoscono realmente Maria, modello dei cristiani come il Concilio Vaticano II e la Marialis cultus hanno cercato di presentarcela. 

 

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Il Rosario cresce anche nel mondo secolarizzato (Parte I)

dal sito: 

 

http://www.zenit.org/article-12313?l=italian

 

Il Rosario cresce anche nel mondo secolarizzato  (Parte I) 

Intervista al sacerdote domenicano Ennio Staid, esperto della preghiera 

 

ROMA, mercoledì, 24 ottobre 2007 (ZENIT.org).- Nell’Angelus di domenica 7 ottobre, il Santo Padre Benedetto XVI ha chiesto di recitare il Rosario per la pace nelle famiglie e nel mondo, ricordando che “è la consegna che la Madonna ha lasciato anche in diverse sue apparizioni”.

“Penso, in particolare, a quella di Fatima avvenuta 90 anni fa – ha precisato il Pontefice –. Ai tre pastorelli Lucia, Giacinta e Francesco, presentandosi come ‘la Madonna del Rosario’, raccomandò con insistenza di recitare il Rosario tutti i giorni, per ottenere la fine della guerra”.

Anche se nel mondo moderno a volte non piace il fedele che prega il Rosario e all’interno della stessa Chiesa c’è chi teme l’accusa di devozionismo, sono centinaia di milioni i fedeli che ogni giorno lo recitano.

Per comprendere la realtà di questa preghiera che attraversa in tutte le sue parti la Chiesa cattolica, ZENIT ha intervistato un grande esperto del Rosario, il sacerdote domenicano Ennio Staid.

Padre Staid vive attualmente a Novara, dove ha fondato una fraternità domenicana di presbiteri e di laici – uomini e donne. Scopo della fraternità è far prendere coscienza del fatto che anche i laici sono chiamati ad annunciare il Vangelo, soprattutto in quest’epoca in cui mancano presbiteri.

Alla base della pratica spirituale della fraternità c’è la recita e la diffusione del Rosario.

Il mondo moderno soffre di secolarizzazione, e Maria non sembra sempre troppo amata, ma sono miliardi le Ave Maria e i Rosari recitati ogni giorno nel mondo. Può darci un’idea di quanto è diffusa e di come cresce la recita del Rosario?

Padre Staid: Che il mondo soffra di secolarizzazione è vero, ma è altrettanto vero che esso sente un grande bisogno di trascendenza, di silenzio, di contatto con il divino. Molti cercano di dare delle risposte al perché della vita. Si ha bisogno di sapere da dove si viene, dove si va e che senso ha il vivere.

E nonostante i tanti problemi che affliggono i credenti, credo che ancora molti recitino il Rosario, ma il Rosario non è un punto di partenza nel cammino della fede. Per me è un punto di arrivo. Voglio dire che quando uno riesce davvero a pregare con il Rosario significa che ha già compiuto una buona parte del cammino di fede.

Non so dire se e quanto sia diffuso il Rosario. Come non so dire, come chiede Gesù, se al suo ritorno vi sarà ancora la fede sulla terra. Certo è che se al suo ritorno glorioso vi sarà ancora la fede, allora tra i fedeli vi saranno i devoti di Maria e fruitori di questa splendida e semplice preghiera.

Senza preghiera la fede non esiste, perché significa dare l’assenso della nostra ragione ad un’idea più o meno giusta di Dio. Si filosofeggia più o meno coscientemente su un’entità astratta che non incide sulle nostre giornate, sulla nostra vita. Il Cardinale Newman definì il Rosario “un credo fatto preghiera” e chi prega sa di non parlare a vuoto, di non affidare al vento parole e pensieri, ma è cosciente di essere alla presenza, non tanto di qualcuno, ma di uno che è Unico, Eterno, Tutto.

Una certa cultura moderna, diffusa anche in ambito cattolico, non ama il Rosario, perché lo considera espressione popolare e conservatrice. Cosa pensa in proposito?

Padre Staid: Ogni tanto, qua o là, si sente parlare di un ritorno al devozionismo, si critica il Papa perché, così dicono alcuni, vuole tornare al passato e vuole far risorgere pratiche tradizionali considerate alienanti. Purtroppo fra alcuni cristiani vi è chi ha già pronto un certo numero di etichette fatte, comperate a buon mercato sulle bancarelle d’una teologia di moda che si è messa in vendita prima di verificare se stessa. E le attacca a tutto ciò che non rientra nei propri modelli mentali.

Così il Rosario è spesso bollato per devozionismo o riformismo sconsiderato. A costoro vorrei dire che un cristianesimo senza devozioni non è avallato dall’esperienza di nessun santo, né dall’insegnamento autorevole della Chiesa. Dove si è tentato, e si tenta, questo cristianesimo impopolare, inumano, senza cuore, ha creato solo dei disastri nella fede.

Certo il Rosario non è l’essenza della fede o della vita cristiana, ma esso si rivela ovunque anche oggi come un ausilio importante per proteggere e sviluppare la fede nel cuore del Popolo di Dio. Papa Giovanni XXIII diceva che “il Rosario è un esercizio avvincente, insostituibile di preghiera. Con esso si rende omaggio alla SS. Trinità; si invoca il Padre celeste per impetrarne l’assistenza e i doni; si fa appello alla possente intercessione della Madre di Dio”.

“Con il Rosario le mani si congiungono: quelle innocenti dei bambini, quelle tremanti dei vecchi, quelle robuste dei lavoratori: dalle varie parti del mondo s’innalza una vera salmodia, che, in un certo qual modo, può ben stare accanto all’Ufficio Divino recitato dai monaci” (Discorsi e messaggi I, 796).

Può darci un’idea di com’è nata la preghiera del Rosario, come si è diffusa nel mondo e quanto è attuale?

Padre Staid: Se a qualcuno interessa conoscere più dettagliatamente la storia del Rosario mi permetto di rimandarlo a ciò che ho scritto alla voce Rosario del nuovo dizionario di Mariologia delle edizioni Paoline. Comunque il fondamento biblico-teologico di questo ausilio mariano va ricercato nel parallelismo cristologico Adamo-Cristo (I Cor 15,45-47; Rom 5,12-14), che è anche implicitamente parallelismo mariologico. Accanto al nuovo Adamo (Cristo), c’è la nuova Eva (Maria), il nuovo aiuto simile (adiutorium simile sibi – Gen 2,18) all’uomo nuovo.

Maria è immagine della Chiesa e nella nuova creazione la collaboratrice di Gesù Cristo nell’opera della salvezza. Premesso ciò, la devozione al soccorso mariano sorge ben presto nel popolo cristiano, soprattutto quando esso si trova sotto le minacce di gravi pericoli per la fede e la sopravvivenza della Chiesa. Si sviluppano già nel IV secolo il “Sub tuum Praesidium” (sotto la tua protezione) e nel secolo successivo l’inno “Akatistos”, che esprimono il ricorso fiducioso del popolo alla Madre di Gesù.

Nel VI secolo San Germano di Costantinopoli parla di una presenza di Maria in mezzo a noi, che si manifesta come potenza e che copre dall’alto i fedeli. Dello stesso periodo è l’invocazione “Auxilium christianorum” (aiuto dei cristiani) che passerà poi nelle litanie lauretane. All’inizio del secondo millennio sorgono l’Ave Maria e i salteri della Vergine, che più tardi si chiameranno Rosario, che si legherà indissolubilmente al mistero dell’ausilio mariano, arma della fede.

Certamente il saluto angelico era conosciuto prima. Esso è contenuto nel Vangelo e costituiva fino al secolo VII l’antifona offertoriale della quarta domenica d’avvento, domenica che aveva una particolare accentuazione mariana. Mi sembra di cogliere in quel periodo la novità della ripetizione devota dell’Ave, analoga alla coeva ripetizione dei Pater, per 150 volte, in contrappunto col salterio davidico.

Questi salteri, dei Pater o delle Ave, erano nei monasteri sostitutivi del salterio biblico per i monaci illetterati. L’Ave Maria era conosciuta e recitata solo nella sua prima parte evangelica contenente il saluto dell’angelo e la benedizione di Elisabetta. Il nome di Gesù e l’Amen finale verranno introdotti solo verso la fine del sec. XV, quando nel 1483 si diffonderà l’uso del recitare il Santa Maria.

La storia del Rosario si intreccia ormai nella storia dell’aiuto mariano alla Chiesa, alle Nazioni cristiane, al Papa. A Lourdes e alla Salette Maria si affaccia come il grande segno, come una promessa di vittoria, come una sicura speranza e a Fatima si proclama: “Io sono la Madonna del Rosario”.

[Giovedì, la seconda parte dell'intervista] 

 

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buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno Ceanothus_Celestial_Blue

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« Sono venuto a portare il fuoco sulla terra »

Sant’Ambrogio (circa 340-397), vescovo di Milano e dottore della Chiesa
Trattato su San Luca, 7:131-132 ; SC 52

« Sono venuto a portare il fuoco sulla terra »

« Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso ». Il Signore vuole che siamo vigilanti, attenti in ogni momento alla venuta del Salvatore…Ma poiché il guadagno è misero, e debole il merito quando soltanto il timore del supplizio impedisce di perdersi, mentre l’amore ha un valore superiore, il Signore stesso…infiamma il nostro desiderio di acquistare Dio quando dice : « Sono venuto a portare il fuoco sulla terra ». Non certo il fuoco che distrugge, bensì quello che produce la volontà buona, quello che rende migliori i vasi d’oro della casa del Signore, consumando il fieno e la paglia (1 Cor 3, 12), divorando tutta la vanità del mondo, accumulata dalla passione del piacere terreno, opera della carne che deve perire.

Questo fuoco divino bruciava le ossa dei profeti, come dichiara Geremia : « C’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa ». (Ger 20, 9). Infatti c’é un fuoco del Signore, di cui si dice : « Davanti a lui cammina il fuoco » (Sal 96, 3). Il Signore stesso è un fuoco « che arde senza consumarsi » (Es 3, 2). Il fuoco del Signore è luce eterna ; le lucerne dei credenti si accendono a questo fuoco : « Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese » (Lc 12, 35). Una lucerna è necessaria perché i giorni di questa vita sono ancora notte. Il Signore stesso, secondo la testimonianza dei discepoli di Èmmaus, aveva messo questo fuoco nel loro cuore : « Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture ? » (Lc 24, 32) Ci mostrano con evidenza qual’è l’azione di questo fuoco, che rischiara il profondo del cuore dell’uomo. Perciò il Signore verrà con il fuoco (Is 66, 15) per consumare i vizi nel momento della risurrezione, per colmare con la sua presenza i desideri di ciascuno, e proiettare la sua luce sui meriti e i misteri.

Publié dans:catechesi del mercoledì |on 25 octobre, 2007 |Pas de commentaires »

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