Archive pour le 16 octobre, 2007

Santa Margherita Maria Alacoque – (mf)

Santa Margherita Maria Alacoque - (mf) dans immagini sacre

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Molti popoli per la mia predicazione sono rinati al Signore

dal sito:  

http://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20010316_patrizio_it.html

Molti popoli per la mia predicazione sono rinati al Signore 

« Renderò grazie al mio Dio senza mai stancarmi, perché mi ha conservato fedele nel giorno della prova, sicché oggi posso offrire in sacrificio come ostia vivente la mia vita a Cristo, mio Dio, che mi ha salvato da tutti i miei affanni. Gli dirò: Chi sono io, o Signore, o a quale vocazione mi hai tu chiamato per ricoprirmi di tanti favori? 

Oggi, dovunque mi trovo, mi posso rallegrare sempre e magnificare il tuo nome tra le genti non solo nella prosperità, ma anche nelle afflizioni. Qualunque cosa, buona o cattiva che sia, devo sempre accoglierla con animo sereno e rendere incessanti grazie a Dio, il quale mi ha fatto dono di una fede incrollabile in lui e mi darà ascolto. 

Ancora in questi ultimi giorni della mia vita, sto pensando se intraprendere un’opera veramente santa e meravigliosa; se imitare cioè quei santi di cui il Signore aveva già predetto che avrebbero annunziato il suo Vangelo « in testimonianza a tutte le genti », prima della fine del mondo. 

Da dove è venuta in me questa sapienza, che prima non avevo? Io non sapevo neppure contare i giorni, né ero capace di gustare Dio. Come mai dunque mi è stato dato un dono così grande, così salutare, come è quello di conoscere Dio e di amarlo? Chi mi ha dato la forza di abbandonare la patria e i genitori, di rifiutare gli onori che mi venivano offerti e di venire tra le gemi di Irlanda a predicare il Vangelo, sopportando gli oltraggi degli increduli e l’infamia dell’esilio, senza contare le numerose persecuzioni fino alle catene e al carcere? Così ho sacrificato la mia libertà per la salvezza degli altri! 

Se ne sarò degno sono pronto anche a dare, senza esitazione e molto volentieri, la mia vita per il suo nome. Se il Signore me ne farà la grazia, desidero consacrare tutte le mie forze a questa causa. Ho tanti debiti verso il Signore perché egli mi ha fatto il dono inestimabile di rigenerare in lui con la mia opera molti popoli e di portarli alla pienezza della vita cristiana. Per la sua grazia ho potuto ordinare in tutti i loro villaggi alcuni chierici, a cui affidare queste genti, venute da poco alla fede. 

Questo è veramente un popolo che il Signore ha chiamato a sé dagli estremi confini della terra, come aveva promesso anticamente, per mezzo dei profeti: « A te verranno i popoli dall’estremità della terra e diranno: i nostri padri ereditarono molte menzogne, vanità che non giovano a nulla » (Ger 16, 19). E ancora: Ti ho posto come luce per le genti, perché tu sia loro salvezza sino all’estremità della terra (cfr. Is 49, 6). Attendo il compimento della sua promessa. Egli, infatti, che non inganna mai alcuno, dice nel vangelo: « Verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe » (Mt 8, 11). Siamo certi perciò che i credenti verranno da ogni parte del mondo. » 

Dalla « Confessione » di san Patrizio, vescovo (Cap. 14-16; PL 53, 808-809) 

Orazione 

O Dio, che hai inviato ai popoli dell’Irlanda il vescovo san Patrizio come apostolo del Vangelo, per sua intercessione concedi alle nostre comunità di riscoprire il senso missionario della fede e di annunziare agli uomini le meraviglie del tuo amore. Per il nostro Signore. 

Biografia: 

Nato in Gran Bretagna verso il 385, ancor giovane fu portato prigioniero in Irlanda e mandato a pascolare le pecore. Riconquistata la libertà, volle essere ascritto fra i chierici. In seguito, eletto vescovo d’Irlanda, evangelizzò con grande zelo i popoli di quell’isola, convertendone molti alla fede. Ebbe grandissimi meriti nella istituzione della gerarchia ecclesiastica dell’isola. Morì presso Down nel 461. 

A cura dell’Istituto di Spiritualità: 
Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino
 

 

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l’incontro cattolico-ortodosso di Ravenna: « un bilancio positivo ».

 dal sito:

http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=161302

 

Mons. Fortino sull’incontro cattolico-ortodosso di Ravenna: « un bilancio positivo ». Il ruolo del Papa al centro dei prossimi colloqui 

 

Si è conclusa domenica scorsa a Ravenna la decima Assemblea plenaria della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, tenutasi sotto la guida di due co-presidenti, il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, e il metropolita ortodosso, Ioannis di Pergamo. Per un bilancio di questa plenaria ascoltiamo mons. Eleuterio Fortino, sottosegretario del dicastero vaticano per l’unità dei cristiani, al microfono di Giovanni Peduto:

R. – Sicuramente è un bilancio positivo, perché è stato affrontato un tema che è essenziale nel dialogo fra cattolici e ortodossi, un tema difficile. Si sono, comunque, messe le basi per la continuazione e per l’approfondimento del tema: “Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa: comunione ecclesiale, conciliarità e autorità nella Chiesa”. Come si vede si comincia a trattare un argomento che ci porterà ad affrontare il tema del ruolo del Papa nella Chiesa di Cristo.

 
D. – E’ stato approvato un documento, quali i contenuti?

 
R. – Il contenuto è lo studio sulla conciliarità e l’autorità nella Chiesa, studiata a diversi livelli: a livello locale, dove il “protos” è il vescovo; a livello regionale, dove nella tradizione orientale la presenza delle metropolie e dei patriarcati esercitano la conciliarità e l’autorità attraverso i Sinodi e con il protos a livello regionale, che è il patriarca. Forme diverse di autorità e conciliarità a livello regionale si trovano anche nella Chiesa cattolica di tradizione latina, ma è soprattutto in Oriente che è evidente la figura del Patriarca come protos in una Chiesa, in un Patriarcato regionale.

 
D. – La Plenaria ha registrato purtroppo il ritiro dei rappresentanti del Patriarcato di Mosca, a motivo della presenza a Ravenna di delegati della Chiesa d’Estonia, dichiarata autonoma dal Patriarcato ecumenico, uno statuto non riconosciuto dal Patriarcato di Mosca…

 
R. – Questa è la ragione per cui la delegazione del Patriarcato di Mosca, dopo aver discusso con i membri ortodossi in una sessione distinta, separata, dove non partecipavano i membri cattolici, ha comunicato la decisione di doversi ritirare dalla sessione per non dar adito ad un malinteso – secondo loro – di un riconoscimento “de facto” dell’autonomia concessa dal Patriarcato ecumenico alla Chiesa di Estonia, che il Patriarcato di Mosca non condivide. Quindi, era una questione all’interno della delegazione delle Chiese ortodosse.

 
D. – Quali le possibili conseguenze sul piano ecumenico di queste divergenze tra Chiese ortodosse?

 
R. – La Sessione è continuata in modo positivo anche con l’augurio da parte dei delegati della Chiesa del Patriarcato di Mosca, ma naturalmente l’assenza dei due delegati del Patriarcato di Mosca pone un problema di relazione. Si tratta, è vero, di una questione posta all’interno delle Chiese ortodosse, in cui la Chiesa cattolica di per sé non ha nulla da dire, ma le tensioni all’interno delle Chiese ortodosse hanno un influsso nel dialogo fra cattolici e ortodossi, soprattutto in questo caso in cui si discuteva la conciliarità e l’autorità nella Chiesa.

D. – Il tema della prossima sessione plenaria sarà il ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio. Quando e dove si svolgerà e quali sono i suoi auspici?

 
R. – Innanzitutto è da dire che la prossima sessione è in stretta connessione con il lavoro svolto a Ravenna. Si comincia a studiare in modo dettagliato l’evoluzione del ruolo del Vescovo di Roma nella Chiesa e come si sia espresso nel primo millennio. In seguito ci saranno altre fasi per studiare lo stesso tema nel secondo millennio, penso. Quest’anno la commissione è stata ospitata dalla Chiesa cattolica in modo generoso, in modo fraterno, in modo caloroso, dall’arcidiocesi di Ravenna. Non si è ancora deciso dove sarà ospitata la prossima sessione da parte ortodossa, ma è deciso che si terrà, come vuole il programma dei lavori della Commissione, fra due anni, nell’autunno del 2009. Nell’autunno del 2008 avrà luogo, invece, il Comitato di coordinamento che prepara immediatamente la sessione, mentre ancora prima, da oggi fino alla metà dell’anno prossimo, si incontreranno due sottocommissioni miste di studio, che affronteranno parallelamente il tema proposto, e cioè “Il ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio”. 

 

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AUSTRIA. Benedetto XVI a Vienna, Mariazell e Heiligenkreuz, 7-9 settembre – “Un pellegrinaggio contro la fredezza del nostro presente”

dal sito: 

http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=15444 

AUSTRIA. Benedetto XVI a Vienna, Mariazell e Heiligenkreuz, 7-9 settembre
“Un pellegrinaggio contro la fredezza del nostro presente” 

Il racconto e la testimonianza dell’arcivescovo di Vienna: «Papa Benedetto, nei giorni trascorsi in Austria, non si è stancato di testimoniare il cristianesimo come “il dono di un’amicizia” che “perdura nella vita e nella morte”» 

del cardinale Christoph Schönborn 

 

     Papa Benedetto XVI in Austria. Se dovessi riassumere in poche parole quello che mi ha colpito di quei tre giorni di settembre, direi che si è trattato di “un pellegrinaggio contro la freddezza del nostro presente”.
      Sotto la pioggia e in mezzo al freddo che ci hanno messo duramente alla prova sia a Vienna, sia a Mariazell e sia a Heiligenkreuz, questo Papa ha sorpreso il nostro Paese – e anche, credo, molti dei suoi critici – con una cordialità e un calore umili e per ciò stesso convincenti; un calore che la sua stessa persona esprimeva, non meno che le sue parole, e che sempre più sensibilmente avvolgeva coloro che lo ascoltavano.
      Ben presto è risultato evidente questo: non si trattava di una forma esteriore, di un mero modo di porgersi, o soltanto di un tratto del suo carattere. Questo stile amorevole che naturalmente predispone all’ascolto e alla riflessione, in effetti, ha definito per decenni il pensare e l’attività di insegnamento del Santo Padre.
      Così il Papa, credo, ha offerto una sintesi di ciò che sta al cuore della sua riflessione.
      La sua teologia vive di un «“sì” a Dio, a un Dio che ci ama e ci guida, che ci porta e, tuttavia, ci lascia la nostra libertà, anzi, la rende vera libertà» (omelia al santuario di Mariazell, 8 settembre 2007). Credo che, nella sua predica a Mariazell, il Papa abbia voluto esprimere proprio ciò che sta al cuore alla sua riflessione. Da tale punto sorgivo emerge un’immagine del cristianesimo che è ben di più e ben altro che un sistema morale, una serie di imposizioni e precetti. Papa Benedetto, nei giorni trascorsi in Austria, non si è stancato di testimoniare il cristianesimo come «il dono di un’amicizia» che «perdura nella vita e nella morte» (omelia al santuario di Mariazell, 8 settembre 2007).
      È proprio questo approccio che già ci affascinò quando eravamo studenti del professor Ratzinger. Già allora questo quid, questo qualcosa che amorevolmente t’invita, definiva sia lo stile delle sue lezioni sia il modo in cui il professore si metteva in relazione con noi, i suoi studenti. E così in questi giorni ho potuto sperimentare con gioia e gratitudine come, con l’ascesa al soglio di Pietro, quel preciso modo di vivere e testimoniare la fede ha acquisito nuova vitalità e luminosità.
      Tale atteggiamento di fondo pervade davvero tutte le sue omelie e i suoi discorsi, e nei giorni trascorsi in Austria si è palesato in ogni circostanza. Penso ad esempio alle parole sul modello di vita europeo, che egli ha messo positivamente in luce nelle sue peculiarità, compresa anche la capacità di esercitare l’autocritica. Bisogna appellarsi a questa capacità proprio ora, mentre l’Europa rischia di buttarsi via: ad esempio rispetto ai suoi valori, nel sempre crescente relativismo; e poi nella perdita di spazi per il sacro, e in particolare della domenica, che senza un autentico centro «finisce per essere un tempo vuoto che non ci rinforza e ricrea» (omelia nella Cattedrale di Santo Stefano a Vienna, 9 settembre). Tale sguardo è emerso anche quando ha lanciato un accorato appello per la vita dei nascituri, esprimendo non «un interesse specificamente ecclesiale», ma piuttosto «una richiesta profondamente umana» (discorso alle autorità e al corpo diplomatico, Vienna, 7 settembre). Facendo questo, non ha mai nemmeno per un attimo dato l’impressione di chiudere gli occhi «davanti ai problemi e ai conflitti interiori di molte donne», quasi ignorasse che, per dirla con le sue stesse parole, «la credibilità dei nostri discorsi» dipende «anche da quel che la Chiesa stessa fa per venire in aiuto delle donne in difficoltà» (ibidem).

Se ripercorro i pensieri, gli impulsi e le sollecitazioni che egli ci ha trasmesso in questi giorni, credo che su tutto abbiano brillato le tre stelle della fede, della verità e della ragione, che io intendo e ho sempre percepito come il grande motivo dominante del suo pensiero. Fede e ragione: per tanti uomini del nostro tempo tra i due termini c’è una contraddizione apparentemente irrisolvibile. Invece per questo Papa fede e ragione sono indissolubilmente legate l’una all’altra. Una fede che non chiede sempre anche l’assenso della ragione sarebbe per lui una
deminutio dell’uomo. Dio non vuole solo gente che ama, ma anche gente che pensa, insieme a Lui.
      Il pensiero tuttavia presuppone la libertà. Dopo lunghe dispute intorno a tale questione, la Chiesa è infine giunta a una grande chiarezza, e questo Papa ha un rispetto enorme per la libertà dell’uomo. Dunque solo a partire da questo atteggiamento la Chiesa è credibile nella sua azione a livello globale per la libertà religiosa. E in ciò tuttavia essa si addentra nella grande questione del rapporto tra libertà e verità. Per Benedetto XVI è del tutto chiaro che noi abbiamo bisogno della verità. Non appena il Papa parla di verità si affaccia la paura che dietro questa aspirazione alla verità si nasconda anche l’intolleranza. In quest’uomo, sempre propenso all’ascolto e allo stesso tempo sempre pronto alla discussione, io ho sempre ammirato proprio questo: egli fa affidamento solo sul “potere interiore” della verità, e non sulla costrizione e sull’indottrinamento. In questa profonda fiducia nella forza persuasiva della verità e nella capacità dello spirito umano di accogliere la verità nasce il suo sguardo verso Cristo. Così la verità è umile, non è un nostro prodotto, non è un nostro possesso. Essa si dimostra da sé stessa, avvince per forza propria, così «come anche l’amore non si può produrre, ma solo ricevere e trasmettere come dono» (omelia al santuario di Mariazell, 8 settembre 2007).
      Cosa dunque rimane di questa visita? Innanzitutto una profonda gratitudine nei confronti del Santo Padre, che evidentemente ama questo Paese, e ha espresso in molti modi questo suo amore. Forse noi stessi non ne siamo stati tanto coscienti, ma papa Benedetto ha fatto in Austria effettivamente la sua prima visita pastorale, giacché finora gli altri viaggi del suo pontificato erano tutti avvenuti sempre a partire da occasioni e celebrazioni particolari. Così, le parole che qui ha pronunciato erano indirizzate innanzitutto a questo Paese e ai suoi abitanti, pur sempre tenendo presente che esse sarebbero state ascoltate da un’opinione pubblica ben più vasta, effettivamente universale.

Sono grato a tutti coloro che con la propria azione e il proprio amore per la Chiesa hanno reso possibile questa festa della fede. In effetti sono stati migliaia coloro che si sono prodigati per la buona riuscita di questi giorni indimenticabili. Grande gratitudine debbo anche a tutti coloro che non si sono lasciati impaurire né dalle intemperie né dalle riserve di tipo sociale e tanto meno da pregiudizi infraecclesiastici. Quanti si sono messi in cammino nella “via del pellegrinaggio della fede”, sono certo che non sono tornati a casa senza un arricchimento interiore. Sono grato anche ai mass media che hanno permesso a centinaia di migliaia di persone di compiere questo “pellegrinaggio della fede” anche da casa. I mass media hanno potuto sperimentare che nel venire incontro a una forte richiesta pubblica nasce per loro anche un nuovo compito.

      Ricordiamoci anche del monito di Mariazell: «Abbiamo bisogno di un cuore inquieto e aperto». Aperto per Dio che attraverso Gesù Cristo ci ha mostrato il Suo volto e aperto il Suo cuore. Aperto per il prossimo che è in difficoltà, che ha bisogno di noi, del quale però anche noi abbiamo bisogno, per non perdere i parametri di ciò che è umano. Aperto anche a una riflessione nuova. Molti dei problemi e delle questioni che ci hanno toccato in passato ci accompagneranno anche nel futuro, dopo la visita del Papa. Sarebbe naïf pensare diversamente. E tuttavia il Papa ci ha lasciato con questa visita una certezza che ci dà forza: «Priva di futuro sarà la terra solo quando si spegneranno le forze del cuore umano e della ragione illuminata dal cuore – quando il volto di Dio non splenderà più sopra la terra. Dove c’è Dio, là c’è futuro» (omelia al santuario di Mariazell, 8 settembre 2007).
 

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buona notte

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jellyfish- meduse

 

http://www.ratemyscreensaver.com/animals/jellyfish-curious-creatures/

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« Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno ? »

Santa Teresa d’Avila (1515-1582), carmelitana, dottore della Chiesa
Il cammino di perfezione, cap. 28

« Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno ? »

Se io avessi capito, come oggi, quale grande Re abitava in quel piccolo palazzo della mia anima, non l’avrei lasciato da solo così spesso ; sarei rimasta di tanto in tanto accanto a lui, e avrei fatto il necessario affinché il palazzo fosse meno sporco. Quanto è mirabile pensare che colui la cui grandezza potrebbe riempire mille mondi e anche molto di più, si rinchiude così in una così piccola dimora. È vero che, da una parte, essendo sovrano Signore, porta con lui la libertà, e dall’altra, essendo pieno di amore per noi, si fa alla nostra misura.

Sapendo bene che un’anima principiante potrebbe turbarsi al vedere se stessa, così piccola, destinata a contenere tanta grandezza, egli non si fa conoscere immediatamente; ma, poco a poco, fa crescere la capacità dell’anima, alla misura dei doni che egli si propone di collocare in essa. A motivo di questo suo potere di allargare il palazzo della nostra anima, ho detto che porta con lui la libertà. Il punto capitale è fargliene un dono assoluto e vuotarsi completamente, affinché egli possa riempire o svuotare a suo piacimento, come in una dimora che gli appartiene. A ragione, nostro Signore vuole che così sia; non rifiutiamoci. Egli non vuole forzare la nostra volontà; riceve quello che essa gli dà. Ma lui si dà interamente solo quando anche noi ci diamo interamente.

La cosa è certa, e ve la ripeto così spesso perché è importantissima. Finché l’anima non è interamente sua, sgombrata di tutto, egli non agisce in essa. Del resto, non so come potrebbe farlo, colui che ama tanto l’ordine perfetto. Se riempiamo il palazzo con gente volgare e ogni sorta di ninnoli, come il sovrano, con la sua corte, potrebbe trovarvi posto? È già molto che si degni di fermarsi qualche momento in mezzo a tanto ingombro.

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 16 octobre, 2007 |Pas de commentaires »

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