Galassie – Alla Specola Vaticana i misteri del cosmo
dal sito on line del giornale « Avvenire »
Galassie
di Luigi Dell’Aglio
Alla Specola Vaticana i misteri del cosmo
Gli astrofisici hanno scoperto circa 240 sistemi stellari con analogie con il nostro sistema solare: presentano, ciascuno, un pianeta che ruota attorno a una stella. Attualmente è seguita con molto interesse la ricerca di questi pianeti che potrebbero assomigliare alla Terra per vari parametri: prima di tutto la distanza – né troppo grande, né troppo piccola – dal loro sole», rivela il padre gesuita José Gabriel Funes, astrofisico e direttore della Specola Vaticana, nato a Cordoba (Argentina) 44 anni fa. «Qui, a Castelgandolfo, a giugno, abbiamo avuto un’affollata scuola per giovani astronomi, che sviluppava proprio questo tema appassionante».
La speranza di poter individuare pianeti che abbiano almeno alcune caratteristiche in comune con la Terra sembra essere premiata dalla ricerca. È stato scoperto il primo pianeta extrasolare che ha quasi le stesse dimensioni del nostro pianeta, aggiunge il direttore della Specola. La ricerca segue due metodi, uno indiretto e uno diretto: in genere non si riesce a osservare direttamente il pianeta extrasolare (o esopianeta); allora il criterio usato è un altro: se una stella oscilla è probabile che un pianeta – anche se non si vede – le stia orbitando attorno. A volte, invece, un pianeta extrasolare viene scoperto grazie all’osservazione diretta per mezzo del telescopio. In questo modo si scoprono i pianeti extrasolari più grandi e meno lontani. «Studiare gli altri sistemi stellari ci serve anche per far luce sulla formazione dei pianeti del nostro sistema solare. Nel quale esistono pianeti di due tipi: ‘terrestri’, cioè dalla struttura simile a quella della Terra (e sono Mercurio, Venere e Marte) e ‘gassosi’ (i giganti Giove, Saturno, Urano, e Nettuno)», rileva Funes. «Oggi l’astronomia vuole capire molto di più su come si sono formati pianeti, stelle e galassie. Tre temi strettamente correlati fra loro. La Specola Vaticana è coinvolta in tutti e tre questi fronti di ricerca. Organizzato da noi, si apre domani alla Pontificia Università Gregoriana un grande convegno su ‘Galassie a disco e dischi di galassie».
Grazie soprattutto al telescopio spaziale Hubble, da qualche anno è possibile ammirare lo splendore e la forma singolare delle galassie più antiche. Ma forse il
Lgrande pubblico vuole conoscere quale ruolo svolgano, le galassie nella storia dell’Universo. «Come il corpo umano è fatto di cellule, così l’universo è fatto di galassie», spiega Josè Funes. Ce ne sono di tre tipi: ellittiche (di forma ovale, come una palla di rugby), irregolari (senza una particolare forma geometrica) e a disco: sono le galassie che gli astronomi familiarmente paragonano a un uovo fritto. Per comprendere meglio questa scherzosa definizione, bisogna dire che le galassie hanno in genere una componente sferica e una a forma di disco. Le galassie a disco presentano entrambe le componenti: sono un disco piatto con un rigonfiamento ( bulge, in inglese) al centro.
e galassie sono le regine dell’universo e ciò autorizzerebbe a pensare che possano aiutare gli astronomi a svelare tanti misteri. Ma prima di tutto, rileva il professor Funes, dobbiamo conoscerle meglio. Alcune galassie sono avvolte da braccia a spirale, e presentano barre fatte di stelle.
«Uno dei temi in discussione nel nostro meeting è proprio: perché dagli estremi delle barre escono braccia a spirale? Come si formano le barre e i dischi? E come si formano ed evolvono le galassie? Tutte domande che attendono una risposta. Per non parlare della vexata quaestio della materia oscura in cui è immersa buona parte dell’universo e che nelle galassie si può studiare meglio». Uno degli argomenti cruciali del convegno è: che cosa avviene ai confini dei dischi galattici ? E come sono questi confini? Si sa che alcune galassie – le maggiori – derivano da una fusione. Tutti questi processi spiegano la forma delle galassie, ma per gli astronomi rappresentano anche un modo per ricostruire l’evoluzione dell’universo. Le più lontane, cioè le più antiche, si sono formate forse uno o due miliardi di anni dopo il big bang, cioè dodici miliardi di anni fa.
Che cosa si prova a scrutare le profondità del cosmo dai 3100 metri di Monte Graham, in Arizona, dove la Specola Vaticana ha spostato le sue ricerche, visto che da Castelgandolfo le osservazioni astronomiche sono ormai impossibili a causa dell’inquinamento luminoso? Il direttore della Specola, insieme con altri colleghi, trascorre buona parte dell’anno in Arizona e poi tre quattro mesi a Castelgandolfo ad analizzare i dati raccolti oltreoceano. «Dopo quattro ore di viaggio in fuori strada – racconta – si arriva al telescopio. Lo strumento è potente, lo specchio misura un metro e ottanta, e incorpora una tecnologia molto avanzata. È stato acquisito con il contributo dei benefattori e inaugurato nel 1993 dal precedente direttore della Specola, padre George Coyne. Quando facciamo i turni di osservazione lassù, la magia del cosmo è fortemente suggestiva.
L’Universo ha centinaia di miliardi di galassie, ogni galassia cento miliardi di stelle, senza contare gli innumerevoli pianeti. Io dal Monte Graham penso che le distanze inimmaginabili dovrebbero indurci a riflettere sulla piccolezza dell’uomo e sulla necessità di mettere quotidianamente in pratica umanità e solidarietà e di curare con amore il nostro pianeta, seguendo l’esortazione di Benedetto XVI».

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