La Chiesa in Birmania in preghiera per la pace nel Paese
dal sito:
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La Chiesa in Birmania in preghiera per la pace nel Paese
Le autorità reprimono violentemente le proteste pacifiche dei monaci buddistiRANGOON (YANGON), giovedì, 27 settembre 2007 (ZENIT.org
« Specialmente in questo difficile momento tutti i cattolici sono impegnati nella preghiera e nell’offerta di Messe speciali », ha confermato questo mercoledì alla « Radio Vaticana » l’Arcivescovo di Rangoon (Yangon) e segretario generale della Conferenza Episcopale della Birmania (chiamata dalle autorità Myanmar), monsignor Charles Maung Bo.
« In linea con il Codice di Diritto Canonico e la Dottrina Sociale della Chiesa, i sacerdoti e i religiosi non sono coinvolti nelle attuali proteste e non fanno parte di alcun partito politico », ha spiegato.
« I cattolici, come cittadini, sono liberi di agire secondo coscienza. I sacerdoti e i religiosi possono offrire linee guida appropriate », ha aggiunto il presule.
Dieci giorni fa i monaci buddisti birmani sono scesi nelle strade dell’ex Rangoon per manifestare pacificamente contro il regime militare – al potere da 45 anni -. Sostenuti dalla folla – decine di migliaia di persone -, marciano al grido « democrazia, democrazia ».
Questo mercoledì le forze dell’ordine hanno caricato i manifestanti; il risultato, per ora, è di nove morti, tra cui un fotoreporter giapponese, e numerosi feriti tra i monaci. Gli arrestati sono centinaia.
Nella notte tra mercoledì e giovedì, circa duecento religiosi sono stati arrestati in una serie di raid compiuti nei monasteri di Rangoon. Le truppe hanno fatto irruzione anche in alcuni monasteri nella parte nordorientale della Birmania.
Secondo alcuni testimoni, 500 monaci sarebbero stati arrestati al monastero di Mogaung nel distretto di Yankin e altri 150 al monastero di Ngwe Kyaryan, nella circoscrizione di South Okkalapa.
I sessanta giorni di coprifuoco decretati dalle autorità non avevano scoraggiato i manifestanti pacifici; l’iniziativa ha ricevuto violenza come risposta.
L’emittente pontificia si è fatta eco del fatto che non è servito a niente l’avvertimento che la presidenza dell’UE aveva rivolto alle autorità birmane circa l’uso della « massima moderazione », sotto la pena di maggiori sanzioni.
La Giunta Militare birmana ha commesso « l’errore peggiore e più irreparabile della storia », considera il partito dissidente guidato dal Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, da anni agli arresti domiciliari. Si chiede ora « l’apertura di un dialogo per risolvere pacificamente tutti i problemi della Nazione ».
I manifestanti continuano a formare una catena umana per le vie della capitale, dove i monaci, con le loro tuniche rosse, marciano al centro e i cittadini comuni al loro fianco, « in una alleanza di cuori e di menti », sottolinea l’emittente pontificia. Si stanno unendo al movimento anche molti musulmani.
Sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) ed esperto della regione, padre Piero Gheddo ritiene questo movimento civile molto positivo per l’ingresso sulla scena dei monaci e per la risposta dei cittadini che li accompagnano.
« Penso che in questa situazione così difficile per quel popolo di 50 milioni di abitanti – non è un popolo di poco conto! – i Governi occidentali dovrebbero fare molta più pressione! (…) La Birmania ha un esercito di 500 mila militari, dicono che sia il secondo dell’Asia. [La manifestazione] sarà una situazione molto, ma molto positiva se sbocca nella libertà. Negativa se provoca una repressione autentica », ha detto alla « Radio Vaticana ».
Il fatto che siano i monaci ad essere scesi in strada deriva dall’inesistenza di una forza popolare. Prescindendo dall’esercito e dal partito dominante, infatti, non c’è altro. « Hanno abolito partiti, sindacati, stampa libera, associazioni, anche associazioni che non avevano nulla di politico … – ricorda padre Gheddo – Chi governa, in Birmania, chi domina tutta la situazione è solo, solo, solo il Governo e chi sta con il Governo! ».
Aung San Suu Kyi ha vinto le elezioni del 1989-90 con l’82% dei voti, mentre il partito socialista del Governo ha ottenuto il 10%. « Penso che tutto il popolo, praticamente tutto il popolo, si sta ribellando perché la Birmania – ricordiamolo – nell’ultimo dopoguerra, nel ’46 – ’48, quando è arrivata l’indipendenza, era il Paese più evoluto e più ricco di risorse naturali del Sudest asiatico. Oggi è l’ultimo Paese in tutti i sensi », ha concluso il missionario.
Testimonianze raccolte dall’agenzia del PIME « AsiaNews.it » affermano che esiste una paura palpabile perché è ancora viva la profonda ferita per le manifestazioni del 1988, culminate con la morte di almeno 3.000 persone.
Nel Rapporto 2006 sulla Situazione della Libertà Religiosa nel Mondo – redatto dall’associazione internazionale di Diritto Pontificio « Aiuto alla Chiesa che Soffre » -, l’Asia appare come il continente in cui la condizione di questo diritto fondamentale è più preoccupante. La Birmania viene citata tra i Paesi con restrizioni di diversa gravità, legale o di fatto, in questo campo.

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