PRIMA LINEA CALABRIA – La sfida del bene è più dura e più necessaria

dal sito on line del giornale « Avvenire » :

PRIMA LINEA CALABRIA 

La sfida del bene è più dura e più necessaria 

Antonio Maria Mira  

La parola Calabria, in greco antico, evoca il concetto del bello e del bene «che sorge».Che è fondato su roccia. Un’immagine apparentemente lontanissima dalla scena insanguinata di Duisburg, provocata dalla potenza criminale della ‘ndrangheta. Un male totale. Che, per regolare atavici ma anche attualissimi conti, s’insinua lontano dai propri sicuri territori.
Delitto feroce, sanguinario, tipico della mafia calabrese, che può attendere anche anni ma poi la vendetta la consuma fino in fondo. E anche espressione di una criminalità « moderna », che forte dell’accumulo di capitali – frutto del traffico della droga – investe il proprio denaro illecito dove più conviene. Soprattutto dove i riflettori non sono accesi, dove c’è più disattenzione. Per mancanza di conoscenza. O per interesse. Pecunia non olet, ovunque. Da tempo erano noti gli investimenti delle cosche calabresi in Germania. Da tempo gli inquirenti italiani avevano segnalato ai colleghi tedeschi una presenza sempre più organizzata, preoccupante e, perciò, assai pericolosa. Sottovalutazione? Certo, atti come quello di due giorni fa si compiono solo se si ha la certezza di un ambiente favorevole.
Duisburg come l’Aspromonte? Scandalizzarsi sarebbe solo ipocrisia. In Germania come in Calabria, e come in alcune regioni del Centro-Nord d’Italia dove da ancor più tempo i mafiosi investono in importanti settori economici. «Non sono loro che sono forti, siamo noi che siamo deboli», ci diceva ieri un magistrato calabrese, uno dei più impegnati nel contrasto alla ‘ndrangheta. «Eppure – aggiungeva – basterebbero gesti concreti e relativamente piccoli per cominciare a scardinare il sistema mafioso».
Piccoli, decisi, passi per una grande sfida, e per un risultato che non deve essere mancato. Far sì – come scandisce Luigi De Sena, vicecapo vicario della Polizia e già superprefetto a Reggio Calabria, nell’intervista che pubblichiamo a pagina 3 – che la credibilità dello Stato sia sempre e ovunque maggiore di quella delle mafie. Passi rincuoranti eppure straordinariamente faticosi, e che si annunciano persino più in salita. Perché sarà davvero duro contrastare sul territorio – là dove si vive e lavora – chi ha mostrato tanta brutale efficacia « bellica » e una così sfrontata potenza. Le stesse già ostentate nell’uccisione del vicepresidente della Regione Francesco Fortugno. Le stesse che vengono fatte terribilmente pesare nei rapporti di forza con altri poteri, legali e no. E che, per paura o per convenienza, inducono a collusioni.
Ma non si può dimenticare che proprio dallo sconvolgimento provocato da quel delitto eccellente è sorto anche qualcosa di positivo. Una nuova aria, che ha dato respiro a quanto di buono in Calabria si è fatto e si continua a fare. Malgrado la ‘ndrangheta. Non solo uno sterile « contro », ma un concreto « per ».
Fino a pochi anni fa, i familiari delle vittime delle cosche restavano in silenzio, dimenticati nel loro dolore. Oggi parlano in pubblico, si organizzano, chiedono più giustizia e diritti, per loro e per tutti i calabresi. E invitano, loro che ne hanno subito la violenza, a ribellarsi alla ‘ndrangheta. Fino a pochi anni fa, i beni confiscati alla criminalità organizzata restavano abbandonati, inutilizzati perché non bisognava « offendere » i boss. Oggi li utilizzano cooperative giovanili che producono lavoro doppiamente pulito. Fino a pochi anni fa, nessuno osava manifestare in piazza contro la sopraffazione mafiosa. Oggi i ragazzi calabresi – a Locri come a Lamezia o a Polistena – lo fanno. A viso aperto. Proponendo e non solo protestando. Fino a pochi anni fa, gli imprenditori pagavano in silenzio il pizzo. Oggi cominciano a ribellarsi. Denunciano e, novità positiva anche questa, lo Stato li sostiene rapidamente e in maniera efficiente.
È ancora poco. E la strada è ancora lunghissima. De Sena parla di un lavoro che impegnerà «alcune generazioni». Ma è l’unica strada da percorrere. Perché la Calabria anche nei fatti torni ad essere la < I>terra dove sorge il bene. 

 

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