Archive pour le 17 août, 2007

buona notte

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« I discepoli sgridavano i bambini. Gesu però disse loro : ‘Lasciate che i bambini vengano a me ’ »

Papa Benedetto XVI
Discorso nel V Incontro mondiale delle famiglie, Valencia, Spagna, 8/7/06 (© Libreria Editrice Vaticana)

« I discepoli sgridavano i bambini. Gesu però disse loro : ‘Lasciate che i bambini vengano a me ’ »

Il padre e la madre si sono promessi davanti Dio un « sì » totale, che costituisce la base del sacramento che li unisce; allo stesso modo, affinché la relazione interna della famiglia sia completa, è necessario che dicano anche un « sì » di accettazione ai loro figli generati o adottati e che hanno propria personalità e proprio carattere. Così, questi continueranno a crescere in un clima di accettazione ed amore, ed è auspicabile che, raggiungendo una maturità sufficiente, vogliano restituire a loro volta un « sì » a chi hanno dato loro la vita…

Cristo ha rivelato quale è sempre la fonte suprema della vita per tutti e, pertanto, anche per la famiglia: « Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. » (Gv 15,12-13). L’amore di Dio stesso si è riversato su di noi nel battesimo. Per questo le famiglie sono chiamate a vivere quella qualità di amore, poichè il Signore è colui si fa garante che ciò sia possibile per noi attraverso l’amore umano, sensibile, affettuoso e misericordioso come quello di Cristo.

Insieme alla trasmissione della fede e dell’amore del Signore, uno dei compiti più grandi della famiglia è quello di formare persone libere e responsabili. Perciò i genitori devono continuare a restituire ai loro figli la libertà, della quale per qualche tempo sono garanti. Se questi vedono che i loro genitori – e in generale gli adulti che li circondano – vivono la vita con gioia ed entusiasmo, anche nonostante le difficoltà, crescerà più facilmente in essi quella gioia profonda di vivere che li aiuterà a superare con buon esito i possibili ostacoli e le contrarietà che comporta la vita umana. Inoltre, quando la famiglia non si chiude in sé stessa, i figli continuano ad imparare che ogni persona è degna di essere amata, e che c’è una fraternità fondamentale universale fra tutti gli esseri umani.

Gesù al Lago di Tiberiade

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PRIMA LINEA CALABRIA – La sfida del bene è più dura e più necessaria

dal sito on line del giornale « Avvenire » :

PRIMA LINEA CALABRIA 

La sfida del bene è più dura e più necessaria 

Antonio Maria Mira  

La parola Calabria, in greco antico, evoca il concetto del bello e del bene «che sorge».Che è fondato su roccia. Un’immagine apparentemente lontanissima dalla scena insanguinata di Duisburg, provocata dalla potenza criminale della ‘ndrangheta. Un male totale. Che, per regolare atavici ma anche attualissimi conti, s’insinua lontano dai propri sicuri territori.
Delitto feroce, sanguinario, tipico della mafia calabrese, che può attendere anche anni ma poi la vendetta la consuma fino in fondo. E anche espressione di una criminalità « moderna », che forte dell’accumulo di capitali – frutto del traffico della droga – investe il proprio denaro illecito dove più conviene. Soprattutto dove i riflettori non sono accesi, dove c’è più disattenzione. Per mancanza di conoscenza. O per interesse. Pecunia non olet, ovunque. Da tempo erano noti gli investimenti delle cosche calabresi in Germania. Da tempo gli inquirenti italiani avevano segnalato ai colleghi tedeschi una presenza sempre più organizzata, preoccupante e, perciò, assai pericolosa. Sottovalutazione? Certo, atti come quello di due giorni fa si compiono solo se si ha la certezza di un ambiente favorevole.
Duisburg come l’Aspromonte? Scandalizzarsi sarebbe solo ipocrisia. In Germania come in Calabria, e come in alcune regioni del Centro-Nord d’Italia dove da ancor più tempo i mafiosi investono in importanti settori economici. «Non sono loro che sono forti, siamo noi che siamo deboli», ci diceva ieri un magistrato calabrese, uno dei più impegnati nel contrasto alla ‘ndrangheta. «Eppure – aggiungeva – basterebbero gesti concreti e relativamente piccoli per cominciare a scardinare il sistema mafioso».
Piccoli, decisi, passi per una grande sfida, e per un risultato che non deve essere mancato. Far sì – come scandisce Luigi De Sena, vicecapo vicario della Polizia e già superprefetto a Reggio Calabria, nell’intervista che pubblichiamo a pagina 3 – che la credibilità dello Stato sia sempre e ovunque maggiore di quella delle mafie. Passi rincuoranti eppure straordinariamente faticosi, e che si annunciano persino più in salita. Perché sarà davvero duro contrastare sul territorio – là dove si vive e lavora – chi ha mostrato tanta brutale efficacia « bellica » e una così sfrontata potenza. Le stesse già ostentate nell’uccisione del vicepresidente della Regione Francesco Fortugno. Le stesse che vengono fatte terribilmente pesare nei rapporti di forza con altri poteri, legali e no. E che, per paura o per convenienza, inducono a collusioni.
Ma non si può dimenticare che proprio dallo sconvolgimento provocato da quel delitto eccellente è sorto anche qualcosa di positivo. Una nuova aria, che ha dato respiro a quanto di buono in Calabria si è fatto e si continua a fare. Malgrado la ‘ndrangheta. Non solo uno sterile « contro », ma un concreto « per ».
Fino a pochi anni fa, i familiari delle vittime delle cosche restavano in silenzio, dimenticati nel loro dolore. Oggi parlano in pubblico, si organizzano, chiedono più giustizia e diritti, per loro e per tutti i calabresi. E invitano, loro che ne hanno subito la violenza, a ribellarsi alla ‘ndrangheta. Fino a pochi anni fa, i beni confiscati alla criminalità organizzata restavano abbandonati, inutilizzati perché non bisognava « offendere » i boss. Oggi li utilizzano cooperative giovanili che producono lavoro doppiamente pulito. Fino a pochi anni fa, nessuno osava manifestare in piazza contro la sopraffazione mafiosa. Oggi i ragazzi calabresi – a Locri come a Lamezia o a Polistena – lo fanno. A viso aperto. Proponendo e non solo protestando. Fino a pochi anni fa, gli imprenditori pagavano in silenzio il pizzo. Oggi cominciano a ribellarsi. Denunciano e, novità positiva anche questa, lo Stato li sostiene rapidamente e in maniera efficiente.
È ancora poco. E la strada è ancora lunghissima. De Sena parla di un lavoro che impegnerà «alcune generazioni». Ma è l’unica strada da percorrere. Perché la Calabria anche nei fatti torni ad essere la < I>terra dove sorge il bene. 

 

Il buon Samaritano

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Il buon Samaritano

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La Chiesa risponde all’appello del Papa per portare soccorso alle popolazioni peruviane

dal sito della Radio Vaticana: 

 

http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=150121

 

 17/08/2007 14.31.37

La Chiesa risponde all’appello del Papa per portare soccorso alle popolazioni peruviane colpite dal terremoto. Oltre 500 i morti, migliaia i senzatetto. La testimonianza del nunzio apostolico a Lima, mons. Rino Passigato 

 

Dopo l’appello del Papa, la Chiesa del Perù e la Caritas del Paese andino sostenuta dalle Caritas di tutto il mondo stanno intensificando gli sforzi per portare soccorso alle popolazioni colpite dal terremoto, che due giorni fa ha devastato la zona costiera meridionale peruviana. L’ultimo bilancio, purtroppo destinato ad aggravarsi, parla di 510 morti e almeno 1.150 feriti, secondo il vice-comandante del Corpo dei vigili del fuoco del Perù, Roberto Ognio. Intanto, la Conferenza episcopale peruviana esprime, attraverso un comunicato della presidenza, cordoglio e solidarietà ai famigliari delle vittime. Il servizio di Alessandro Gisotti:


In questa ora di dolore, si legge in una nota, i vescovi peruviani sono vicini a tutte le persone provate da tale tragedia, che ha provocato centinaia di morti. “Questo terremoto – scrivono i presuli – deve essere motivo speciale di preghiera rivolta a Dio per tutte le famiglie che stanno soffrendo”. E ancora, sottolineano che la “solidarietà umana e cristiana deve spingerci a stare vicini” a quanti sono stati colpiti da questo terremoto. Per il Perù, si legge ancora, questo è un momento di prova, ma anche “di speranza, unità e amore”. La Chiesa peruviana lancia, quindi, un’azione urgente di solidarietà, attraverso l’impegno fattivo della Caritas e l’apertura di un conto corrente per l’emergenza. Viene, inoltre, annunciato che domenica prossima e domenica 26 agosto, in tutte le parrocchie peruviane, si terrà una colletta per le vittime del sisma. Riecheggiando il messaggio del Santo Padre, i vescovi del Perù chiedono alle istituzioni di prestare soccorso in modo generoso a quanti soffrono. Sul terreno, intanto, la situazione permane drammatica, mentre si tenta un primo bilancio degli ingenti danni alle infrastrutture. L’Istituto nazionale di Difesa civile ha reso noto che sono circa 17 mila le case distrutte e dunque sono decine di migliaia i senzatetto, in particolare ad Ica, la provincia maggiormente colpita dal sisma. Per quanto riguarda gli altri danni materiali, è stata segnalata la distruzione di nove strade statali, otto ospedali, quattro chiese, due scuole e due hotel. Il governo peruviano ha disposto tre giorni di lutto nazionale. Dal canto suo, il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha espresso il proprio cordoglio ai familiari delle vittime.

Dunque, la Chiesa manifesta in queste ore tutta la sua vicinanza, spirituale e materiale, alla popolazione sofferente del Perù. Ecco la testimonianza dell’arcivescovo Rino Passigato, nunzio apostolico a Lima, raggiunto telefonicamente nella capitale peruviana da Alessandro Gisotti:

R. – Posso dire che la Chiesa è stata presente fin dai primissimi momenti in cui si è scatenata questa catastrofe, mercoledì sera. Molti cristiani si trovavano in chiesa. Alcuni, i primi di cui si è avuta notizia nella tragedia, si trovavano in chiesa. Due chiese importanti sono cadute, sono crollate, e ci sono state le prime vittime sotto il Santuario del Señor de Luren, nella diocesi di Ica, dove sono morte 20 persone e 200 sono rimaste ferite. Nella parrocchia di Pisco, quella più colpita, sono morte 30 persone.

D. – Come sta reagendo la popolazione a questa tragedia?

 
R. – Non c’è stata disperazione, c’è stato molto dolore e la vicinanza dei sacerdoti, dei vescovi, delle comunità religiose è stata grandissima. Si fa tutto ciò che si può. Caritas è attiva con tutte le sue organizzazioni parrocchiali e si stanno mandando gli aiuti di primo soccorso: molte coperte, perché in Perù adesso è inverno e quindi la notte è fredda. Si stanno organizzando ospedali di campo, acqua, medicine e soprattutto il personale si sta muovendo, per dare quel conforto cristiano, quella solidarietà che è tanto importante.

 
D. – Come è stato accolto il messaggio di vicinanza del Papa?

 
R. – Sono ancora interrotte le comunicazioni telefoniche con le zone più colpite. Dunque, lo stesso messaggio del Papa è arrivato attraverso la radio. La realtà di un terremoto è una realtà che ci fa vedere la fragilità umana. E’ stato tremendo: in un primo momento si pensava che nonostante la forza, l’intensità, che ha quasi toccato gli 8 gradi della scala Richter, i morti fossero di meno, perché non arrivavano notizie di perdite, ma le notizie non arrivavano immediatamente perché si sono subito interrotte le comunicazioni telefoniche. E’ stato necessaria tutta la notte, tra mercoledì e giovedì, per poter sapere da chi si era recato sul posto quante erano le vittime.

 
D. – La macchina della solidarietà si muove in mezzo a mille difficoltà…

 
R. – In questo momento è scattata una molla di solidarietà da parte della Chiesa, da parte della società civile, da parte delle autorità governative e ho visto nella televisione nazionale anche altre catene televisive che danno in continuazione immagini, testimonianze di famiglie che hanno perso i loro cari, i bambini. Persone che si raccomandano al Signore: “Non possiamo fare nulla, il nostro bambino è stato portato in cielo. E’ un angelo per noi”. Purtroppo quelli più colpiti sono sempre i più poveri. Il Perù deve rivivere, deve rimettersi in piedi e questa è la volontà non soltanto delle autorità, ma anche nostra.

 
D. – Vuole rivolgere un appello dai microfoni della Radio Vaticana?

 
R. – Faccio un appello ai cattolici che ci stanno ascoltando, perchè mettano in opera quella che è la cosa più caratteristica, il distintivo del cristiano: la solidarietà, la carità, la sensibilità. Faccio appello, perchè condividano questo momento con queste nostre popolazioni provate anche attraverso un gesto di fraternità concreto.

Come sottolineato, tra le prime organizzazioni umanitarie a muoversi per i terremotati del Perù c’è la Caritas italiana, costantemente in contatto con la Caritas e la Chiesa peruviana. Al microfono di Alessandro Gisotti, il responsabile Area Internazionale di Caritas Italia, Paolo Beccegato, si sofferma sulle ultime notizie dalle zone colpite dal sisma:

R. – I contatti che abbiamo avuto anche questa mattina con la Caritas del posto ci dicono che le zone più colpite sono ancora del tutto senza corrente e senza acqua potabile. E’ necessario, allora, ripristinare i servizi minimi, le infrastrutture minime che permettano poi anche di distribuire i beni che la Caritas e le altre organizzazioni mettono a disposizione.

 
D. – Quali sono le difficoltà maggiori? Come si sta muovendo la Caritas nelle zone colpite?

 
R. – Il primo bisogno che sorge, escluso quello di pronto soccorso, è quello dell’ospitalità delle persone che hanno perso la casa o hanno avuto gravi danni alle proprie abitazioni; per cui bisogna rilocare migliaia di persone e trovare loro praticamente tutto: dal cibo ai viveri agli indumenti… Quindi, c’è un bisogno iniziale che è molto forte, vuol dire anche un bisogno sanitario per le persone che hanno subito dei traumi, non solo da un punto di vista fisico ma anche psicologico, oppure che stanno ancora cercando i propri cari, cercando di capire se sono vivi o no. E’ una fase ancora confusa dove però ci sono immensi bisogni e dove la rete Caritas sul posto, con la sua rete di parrocchie e di Caritas locali, cerca di dare il massimo contributo alle autorità del posto.

 
D. – Il terremoto ha colpito un Paese che ancora lotta con difficoltà contro la povertà; dunque, non basterà far fronte solo all’emergenza, ma pensare anche alla ricostruzione, allo sviluppo …

 
R. – Certamente! Siamo anche in una zona di grandi disuguaglianze sociali, per cui queste emergenze nella loro tragica essenza diventano anche uno specchio di quella che è la realtà precedente e che possono diventare per il futuro un momento di una ricostruzione più equa delle abitazioni, delle prospettive di lavoro e di sviluppo. Speriamo che non si perpetui quella che era la situazione precedente, di grandi disuguaglianze.
 
Raccogliendo anche l’appello del nunzio a Lima, vi informiamo che per sostenere gli interventi in corso in favore dei terremotati del Perù, si possono inviare offerte a Caritas Italiana, tramite il conto corrente postale N. 347013 (causale “TERREMOTO PERU’ 2007”)

Predicatore del Papa: La nuova e autentica pace portata da Gesù

17/08/2007 - dal sito:

 http://www.zenit.org/article-11586?l=italian

 

 Predicatore del Papa: La nuova e autentica pace portata da Gesù 

Commento di padre Cantalamessa alla liturgia della prossima domenica 

 

ROMA, venerdì, 17 agosto 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il commento di padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. – predicatore della Casa Pontificia –, alla liturgia di domenica prossima, XX del tempo ordinario. 

* * *
XX Domenica del Tempo ordinario
Geremia 38, 4-6.8-10; Ebrei 12, 1-4; Luca 12, 49-57
SONO VENUTO A PORTARE LA DIVISIONE SULLA TERRA 


Il brano evangelico di questa Domenica contiene alcune delle parole più provocatorie mai pronunciate da Gesú: « Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D’ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera ».

E pensare che a pronunciare queste parole è la stessa persona la cui nascita fu salutata con le parole: « Pace in terra agli uomini », e che durante la sua vita aveva proclamato: « Beati gli operatori di pace ». La stessa persona che al momento del suo arresto ingiunse a Pietro: « Rimetti la spada nel fodero »! (Mt 26, 52)! Come si spiega questa contraddizione?

È molto semplice. Si tratta di vedere qual è la pace e l’unità che Gesù è venuto a portare, e qual è la pace e l’unità che è venuto a togliere. Egli è venuto a portare la pace e l’unità nel bene, quella che conduce alla vita eterna, ed è venuto a togliere quella falsa pace e unità che serve solo ad addormentare le coscienze e a portare alla rovina.

Non è che Gesù sia venuto apposta per portare la divisione e la guerra, ma dalla sua venuta risulterà inevitabilmente divisione e contrasto, perché egli mette le persone davanti alla decisione. E davanti alla necessità di decidersi, si sa che la libertà umana reagirà in modo diverso e variegato. La sua parola e la sua stessa persona farà venire a galla quello che c’è di più nascosto nel profondo del cuore umano. Il vecchio Simeone lo aveva predetto, prendendo in braccio il bambino Gesù: « Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori » (Luca 2, 35).

La prima vittima di questa contraddizione, il primo a soffrire della « spada » che egli è venuto a portare sulla terra, sarà proprio lui, che in questo contrasto ci rimetterà la vita. Dopo di lui la persona più direttamente coinvolta in questo dramma è Maria sua madre, alla quale infatti Simeone, in quell’occasione dirà: « E anche a te una spada trafiggerà l’anima ».

Gesù distingue, lui stesso, i due tipi di pace. Dice agli apostoli: « Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore » (Giovanni 14, 27). Dopo aver distrutto, con la sua morte, la falsa pace e solidarietà del genere umano nel male e nel peccato, inaugura la nuova pace e unità che è frutto dello Spirito. Questa è la pace che offre agli apostoli la sera di Pasqua, dicendo: « Pace a voi! »

Gesù dice che questa « divisione » può passare anche dentro la famiglia: tra padre e figlio, madre e figlia, fratello e sorella, nuora e suocera. E purtroppo sappiamo come questo a volte è vero e doloroso. La persona che ha scoperto il Signore e vuole seguirlo sul serio, si trova spesso nella difficile situazione di dover scegliere: o accontentare quelli di casa e trascurare Dio e le pratiche religiose, o seguire queste e mettersi in contrasto con i suoi che gli rinfacceranno ogni minuto speso per Dio e per le pratiche di pietà.

Ma il contrasto arriva anche più in profondità, dentro la persona stessa, e si configura come lotta tra la carne e lo spirito, tra il richiamo dell’egoismo e dei sensi, e quello della coscienza. La divisione e il conflitto cominciano dentro di noi. Paolo lo ha illustrato a meraviglia: « La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste ».

L’uomo è attaccato alla sua piccola pace e tranquillità, anche se precaria e illusoria, e questa immagine di Gesù che viene a portare lo scompiglio rischia di indisporlo e fargli considerare Cristo come un nemico della sua quiete. Bisogna cercare di superare questa impressione e renderci conto che anche questo è amore da parte di Gesù, forse il più puro e genuino. 

 

buona notte a tutti e…sogni d’oro

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Creati per amore e per amare

Papa Benedetto XVI
Discorso nel V Incontro mondiale delle famiglie, Valencia, Spagna, 8/7/06 (© Libreria Editrice Vaticana)

Creati per amore e per amare

« Dio che è amore e che ha creato l’uomo per amore, l’ha chiamato ad amare. Creando l’uomo e la donna, li ha chiamati nel Matrimonio a un’intima comunione di vita e di amore fra loro, così che non sono più due, ma una carne sola (Mt 19, 6) » (Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 337). Questa è una verità che la Chiesa proclama nel mondo senza stancarsi. Il mio caro predecessore Giovanni Paolo II, diceva che « L’uomo è divenuto ‘immagine e somiglianza’ di Dio non soltanto attraverso la propria umanità, ma anche attraverso la comunione delle persone che l’uomo e la donna formano sin dall’inizio…L’uomo diventa immagine di Dio non tanto nel momento della solitudine quanto nel momento della comunione » (Catechesi, 14-XI-1979)…

La famiglia è un’istituzione intermedia tra l’individuo e la società, e niente può supplirla totalmente. Essa stessa si fonda soprattutto su una profonda relazione interpersonale tra il marito e la moglie, sostenuta dall’affetto e dalla mutua comprensione. Per ciò riceve l’abbondante aiuto di Dio nel sacramento del matrimonio che comporta una vera vocazione alla santità. Possano i figli sperimentare più i momenti di armonia e di affetto dei genitori che non quelli di discordia o indifferenza, perché l’amore tra il padre e la madre offre ai figli una grande sicurezza ed insegna loro la bellezza dell’amore fedele e duraturo.
La famiglia è un bene necessario per i popoli, un fondamento indispensabile per la società ed un grande tesoro degli sposi durante tutta la loro vita. È un bene insostituibile per i figli che devono essere frutto dell’amore, della donazione totale e generosa dei genitori. Proclamare la verità integrale della famiglia, fondata nel matrimonio come Chiesa domestica e santuario della vita, è una grande responsabilità di tutti.

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