Pope Benedict XVI is handed a copy of the book, « The Brother of the Pope », by his brother Reverend Monsignor Georg Ratzinger (L) at Castelgandolfo outside Rome August 16, 2007. REUTERS/Osservatore Romano (ITALY)
Archive pour le 16 août, 2007
I CREDENTI E L’ASSUNTA 2007 – Per non rendere irrilevante la nostra radice
dal sito on line del giornale « Avvenire »:
I CREDENTI E L’ASSUNTA 2007
Per non rendere irrilevante la nostra radice
Giuseppe Betori
Celebrare la festa di Maria assunta al cielo significa esaltare un asse della nostra fede troppo spesso lasciato nell’ombra, per quanto imprescindibile esso sia, quello dell’orizzonte ultimo della salvezza. Una prospettiva che connota in modo inequivocabile l’essere dei cristiani nella storia e quindi i caratteri che assume il loro impegno nell’edificarla.
Si può infatti pensare l’escatologia come un elemento posto al termine della vita che, segnando il confine con l’aldilà, afferma una differenza che alla fine rende irrilevanti le cose di quaggiù. Altro è considerare invece l’escatologia come una spinta alla trascendenza che opera già nel tempo e qualifica ogni azione ispirata dalla fede, nei termini di una eccedenza rispetto all’umano, di cui si dà pure fervida testimonianza.
Non si tratta ovviamente solo di un’esasperata contrapposizione dialettica tra « apocalittici » e « integrati », in quanto si gioca qui piuttosto l’incidenza della fede in ordine al determinarsi delle scelte storiche sia personali che sociali. Estremizzando la questione, potremmo chiederci se la fede nella sua forma escatologica incida davvero nel costruire un progetto personale di vita e nel determinare il bene comune di una società. E ancora chiederci se questa fede costituisce soltanto una serie di principi primi la cui mediazione sfugge poi al vaglio della fede stessa oppure se essa è operante proprio nel determinare le forme secondo cui i principi si incarnano nei diversi progetti. E se di vera fede si tratta, questa non si configura come fatto puramente individuale, ma è invece strettamente connessa con la forma ecclesiale. A nessuno sfugge infatti che è la Chiesa a donarci la fede e a garantirla secondo responsabilità e servizi voluti dal suo Fondatore, intrecciando competenze del laicato con il ruolo specifico del magistero.
La risposta a questi interrogativi incide anche sul modo di intendere quel processo di crescente soggettualità e mutua correlazione fra i credenti e f ra le aggregazioni, fenomeno che caratterizza oggi la vicenda del cattolicesimo italiano e che ha ricevuto un importante impulso dal convegno ecclesiale di Verona. Lì è emersa nella sua cogente attualità l’esigenza di coniugare insieme un’identità di fede legata alla presenza del Vivente Risorto con forme di vita personale e sociale plausibili e innovative e quindi in grado di suscitare speranza per il nostro tempo. Orizzonti così convincenti non si troveranno adeguando il Vangelo al mondo, bensì attingendo alla radice del Vangelo stesso, Gesù di Nazaret, vera e perenne sorgente di novità per ogni cultura.
Se tutto questo è vero, ne consegue il dovere per i credenti di non rendere irrilevante questa loro radice là dove si misurano con la storia, ma al contrario di essere consapevoli che proprio da una maggiore fedeltà ad essa scaturiscono prospettive di autentica promozione per tutti. Non c’è pertanto un « prima », quello della coscienza e della decisione personale, in cui vale il Vangelo, e un « dopo », quello dello spendersi pubblico in cui il Vangelo stesso non avrebbe più nulla da dire. Proprio questo giustifica l’esistenza di una dottrina sociale cristiana, e sempre questo mette nella giusta luce la ricchezza di un cattolicesimo sociale che non a caso in questo 2007 fa memoria centenaria di una sua importante declinazione come le Settimane Sociali dei cattolici italiani.
Ma se l’orizzonte della fede escatologica è ciò che dà direzione all’agire dei credenti, come singoli e come gruppi, allora diventa necessario che nelle dinamiche di crescita non manchi mai una specifica attenzione alla dimensione storica della vita di fede. Creare spazi di confronto tra credenti, al di là anche delle diverse appartenenze aggregative, per aiutarli a maturare giudizi di fede sulla storia costituisce oggi un’urgenza alla quale non si può sfuggire. Può essere questo l’ulteriore passo che ci è chiesto, dopo il superamento della fase della « concorrenzialità« , e oltre l’attuale stag ione del fraterno reciproco riconoscimento. Solo il sereno incontrarsi nel discernimento dei fatti e delle scelte permetterà alla lunga di salvaguardare la stessa comunione nella fede, la quale – com’è noto – non si esercita solo verso Dio, ma deve sfociare in percorsi di servizio coerente e concreto verso l’umanità. È allora che la questione della fede diventa giudizio sul mondo, offerto nella simpatia e nell’amicizia
Il testo integrale dell’omelia pronunciata a braccio da Benedetto XVI durante la Santa Messa dell’Assunzione
dal sito Korazym:
http://www.korazym.org/news1.asp?Id=24770
Il papa: l’amore vince sull’odiodi Mattia Bianchi/ 15/08/2007
Il testo integrale dell’omelia pronunciata a braccio da Benedetto XVI durante la Santa Messa dell’Assunzione, nella parrocchia di San Tommaso a Castel Gandolfo.
Cari fratelli e sorelle,nella sua grande opera « La Città di Dio », Sant’Agostino dice una volta che tutta la storia umana, la storia del mondo, è una lotta tra due amori: l’amore di Dio fino alla perdita di se stesso, fino al dono di se stesso, e l’amore di sé fino al disprezzo di Dio, fino all’odio degli altri. Questa stessa interpretazione della storia come lotta tra due amori, tra l’amore e l’egoismo, appare anche nella lettura tratta dall’Apocalisse, che abbiamo sentito ora. Qui, questi due amori appaiono in due grandi figure. Innanzitutto vi è il dragone rosso fortissimo, con una manifestazione impressionante ed inquietante del potere senza grazia, senza amore, dell’egoismo assoluto, del terrore, della violenza.
Nel momento in cui san Giovanni scrisse l’Apocalisse, per lui questo dragone era realizzato nel potere degli imperatori romani anticristiani, da Nerone fino a Domiziano. Questo potere appariva illimitato; il potere militare, politico, propagandistico dell’impero romano era tale che davanti ad esso la fede, la Chiesa appariva come una donna inerme, senza possibilità di sopravvivere, tanto meno di vincere. Chi poteva opporsi a questo potere onnipresente, che sembrava in grado di fare tutto? E tuttavia, sappiamo che alla fine ha vinto la donna inerme, ha vinto non l’egoismo, non l’odio; ha vinto l’amore di Dio e l’impero romano si è aperto alla fede cristiana.
Le parole della Sacra Scrittura trascendono sempre il momento storico. E così, questo dragone indica non soltanto il potere anticristiano dei persecutori della Chiesa di quel tempo, ma le dittature materialistiche anticristiane di tutti i periodi. Vediamo di nuovo realizzato questo potere, questa forza del dragone rosso nelle grandi dittature del secolo scorso: la dittatura del nazismo e la dittatura di Stalin avevano tutto il potere, penetravano ogni angolo, l’ultimo angolo. Appariva impossibile che, a lunga scadenza, la fede potesse sopravvivere davanti a questo dragone così forte, che voleva divorare il Dio fattosi bambino e la donna, la Chiesa. Ma in realtà, anche in questo caso alla fine, l’amore fu più forte dell’odio.
Anche oggi esiste il dragone in modi nuovi, diversi. Esiste nella forma delle ideologie materialiste che ci dicono: è assurdo pensare a Dio; è assurdo osservare i comandamenti di Dio; è cosa di un tempo passato. Vale soltanto vivere la vita per sé. Prendere in questo breve momento della vita tutto quanto ci è possibile prendere. Vale solo il consumo, l’egoismo, il divertimento. Questa è la vita. Così dobbiamo vivere. E di nuovo, sembra assurdo, impossibile opporsi a questa mentalità dominante, con tutta la sua forza mediatica, propagandistica. Sembra impossibile oggi ancora pensare a un Dio che ha creato l’uomo e che si è fatto bambino e che sarebbe il vero dominatore del mondo.
Anche adesso questo dragone appare invincibile, ma anche adesso resta vero che Dio è più forte del dragone, che l’amore vince e non l’egoismo. Avendo considerato così le diverse configurazioni storiche del dragone, vediamo ora l’altra immagine: la donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi, circondata da dodici stelle. Anche quest’immagine è multidimensionale. Un primo significato senza dubbio è che è la Madonna, Maria vestita di sole, cioè di Dio, totalmente; Maria che vive in Dio, totalmente, circondata e penetrata dalla luce di Dio. Circondata dalle dodici stelle, cioè dalle dodici tribù d’Israele, da tutto il Popolo di Dio, da tutta la comunione dei santi, e ai piedi la luna, immagine della morte e della mortalità. Maria ha lasciato dietro di sé la morte; è totalmente vestita di vita, è assunta con corpo e anima nella gloria di Dio e così, posta nella gloria, avendo superato la morte, ci dice: Coraggio, alla fine vince l’amore! La mia vita era dire: Sono la serva di Dio, la mia vita era dono di me, per Dio e per il prossimo. E questa vita di servizio arriva ora nella vera vita. Abbiate fiducia, abbiate il coraggio di vivere così anche voi, contro tutte le minacce del dragone.
Questo è il primo significato della donna che Maria è arrivata ad essere. La « donna vestita di sole » è il grande segno della vittoria dell’amore, della vittoria del bene, della vittoria di Dio. Grande segno di consolazione. Ma poi questa donna che soffre, che deve fuggire, che partorisce con un grido di dolore, è anche la Chiesa, la Chiesa pellegrina di tutti i tempi. In tutte le generazioni di nuovo essa deve partorire Cristo, portarlo al mondo con grande dolore in questo modo sofferto. In tutti i tempi perseguitata, vive quasi nel deserto perseguitata dal dragone. Ma in tutti i tempi la Chiesa, il Popolo di Dio vive anche della luce di Dio e viene nutrito – come dice il Vangelo – di Dio, nutrito in se stesso col pane della Santa Eucaristia. E così in tutta la tribolazione, in tutte le diverse situazioni della Chiesa nel corso dei tempi, nelle diverse parti del mondo, soffrendo vince. Ed è la presenza, la garanzia dell’amore di Dio contro tutte le ideologie dell’odio e dell’egoismo.
Vediamo certamente che anche oggi il dragone vuol divorare il Dio fattosi bambino. Non temete per questo Dio apparentemente debole. La lotta è già cosa superata. Anche oggi questo Dio debole è forte: è la vera forza. E così la festa dell’Assunta è l’invito ad avere fiducia in Dio ed è anche invito ad imitare Maria in ciò che Ella stessa ha detto: Sono la serva del Signore, mi metto a disposizione del Signore. Questa è la lezione: andare sulla sua strada; dare la nostra vita e non prendere la vita. E proprio così siamo sul cammino dell’amore che è un perdersi, ma un perdersi che in realtà è l’unico cammino per trovarsi veramente, per trovare la vera vita.
Guardiamo Maria, l’Assunta. Lasciamoci incoraggiare alla fede e alla festa della gioia: Dio vince. La fede apparentemente debole è la vera forza del mondo. L’amore è più forte dell’odio. E diciamo con Elisabetta: Benedetta sei tu fra tutte le donne. Ti preghiamo con tutta la Chiesa: Santa Maria prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.
Le parole del Santo Padre all’Angelus Domini nella solennità dell’Assunzione della B.V. Maria, 15 agosto 2007
dal sito:
http://www.korazym.org/news1.asp?Id=24770
Le parole del Santo Padre all’Angelus Domini nella solennità dell’Assunzione della B.V. Maria, 15 agosto 2007
Riportiamo di seguito il testo integrale delle parole del Santo Padre prima della recita dell’Angelus Domini
Cari fratelli e sorelle,
celebriamo quest’oggi la solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria. Si tratta di una festa antica, che ha il suo fondamento ultimo nella Sacra Scrittura: questa infatti presenta la Vergine Maria strettamente unita al suo Figlio divino e sempre a Lui solidale. Madre e Figlio appaiono strettamente associati nella lotta contro il nemico infernale fino alla piena vittoria su di lui. Questa vittoria si esprime, in particolare, nel superamento del peccato e della morte, nel superamento cioè di quei nemici che san Paolo presenta sempre congiunti (cfr Rm 5, 12. 15-21; 1 Cor 15, 21-26). Perciò, come la risurrezione gloriosa di Cristo fu il segno definitivo di questa vittoria, così la glorificazione di Maria anche nel suo corpo verginale costituisce la conferma finale della sua piena solidarietà col Figlio tanto nella lotta quanto nella vittoria.
Di tale profondo significato teologico del mistero si fece interprete il Servo di Dio Papa Pio XII nel pronunciare, il 1 novembre 1950, la solenne definizione dogmatica di questo privilegio mariano. Egli dichiarava: « In tal modo l’augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l’eternità con uno stesso decreto di predestinazione, Immacolata nella sua Concezione, Vergine illibata nella sua divina maternità, generosa Socia del Divino Redentore, che ha riportato un pieno trionfo sul peccato e sulle sue conseguenze, alla fine, come supremo coronamento dei suoi privilegi, ottenne di essere preservata dalla corruzione del sepolcro e, vinta la morte, come già il suo Figlio, di essere innalzata in anima e corpo alla gloria del Cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli » (Cost. Munificentissimus Deus: AAS 42 [1950], 768-769).
Cari fratelli e sorelle, assunta in cielo, Maria non si è allontanata da noi, ma ci resta ancor più vicina e la sua luce si proietta sulla nostra vita e sulla storia dell’intera umanità. Attratti dal fulgore celeste della Madre del Redentore, ricorriamo con fiducia a Colei che dall’alto ci guarda e ci protegge. Abbiamo tutti bisogno del suo aiuto e del suo conforto per affrontare le prove e le sfide di ogni giorno; abbiamo bisogno di sentirla madre e sorella nelle concrete situazioni della nostra esistenza. E per poter condividere un giorno anche noi per sempre il suo medesimo destino, imitiamola ora nella docile sequela di Cristo e nel generoso servizio dei fratelli. È questo l’unico modo per pregustare, già nel nostro pellegrinaggio terreno, la gioia e la pace che vive in pienezza chi giunge alla meta immortale del Paradiso.
« Settanta volte sette »
San Francesco d’Assisi (1182-1226), fondatore dei Fratelli minori
Lettera ad un ministro provinciale
« Settanta volte sette »
Avrò la certezza che veramente ami il Signore e me, suo servo e tuo, se farai in modo che non ci sia un frate in tutto il mondo che, per quanto abbia peccato, incontrando il tuo sguardo non senta di avere ottenuto il perdono, se lo avrà chiesto. E se non fosse lui a chiedere perdono, tu incoraggialo a chiederlo. E se mille volte si presentasse a te in simile situazione, dimostra per lui più affetto di quanto ne nutri per me stesso. In questo modo ti sarà possibile riportarlo al Signore. Abbi sempre compassione per fratelli come questi e avverti gli altri superiori [delle nostre comunità] che questo sarà costantemente il tuo modo di comportarti.