Archive pour le 12 août, 2007

Maria Vergine, Assunta in cielo

Maria Vergine, Assunta in cielo dans immagini sacre L29

dal sito Maranatha

Publié dans:immagini sacre |on 12 août, 2007 |Pas de commentaires »

Inno Bizantino a Maria: Salve Montagna Santa

dal sito: 

http://www.kolbemission.org/italiano/preghiamo/PreghiereMaria/Montagna.html  

Salve
Montagna Santa
   

Salve montagna santa su cui Dio ha messo piede,

salve spirituale roveto non consunto dalla fiamma,

 salve, unico ponte che dal mondo

 fai passare i mortali alla vita eterna.

 

Vergine Madre Immacolata, radice di Iesse da cui è sorto Cristo

 come fiore vivificante degli abitanti della terra,

per il quale siamo liberati dalla morte e dalla corruzione,

 noi ti cantiamo tuttapura. (Dalla liturgia bizantina)

Publié dans:Inni |on 12 août, 2007 |Pas de commentaires »

aspettando l’Assunzione di Maria, Omelia di Papa Benedetto del 18.12.2005

aspettando l’Assunzione di Maria, dal sito Vaticano: 

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2005/documents/hf_ben-xvi_hom_20051218_santa-maria-consolatrice_it.html 

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA
SANTA MARIA CONSOLATRICE
 

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI 

IV Domenica di Avvento, 18 dicembre 2005   

Cari fratelli e sorelle, 

è per me realmente una grande gioia essere qui con voi questa mattina e celebrare con voi e per voi la Santa Messa. Questa mia visita a Santa Maria Consolatrice, prima parrocchia romana in cui mi reco da quando il Signore ha voluto chiamarmi ad essere Vescovo di Roma, è infatti per me in un senso molto vero e concreto un ritorno a casa. Mi ricordo molto bene di quel 15 ottobre 1977, quando presi possesso di questa mia chiesa titolare. Parroco era Don Ennio Appignanesi, viceparroci erano Don Enrico Pomili e Don Franco Camaldo. Il cerimoniere che mi era stato assegnato era Mons. Piero Marini. Ecco, tutti siamo di nuovo qui insieme! Per me è realmente una grande gioia. 

Da allora in poi il nostro reciproco legame è divenuto progressivamente più forte, più profondo. Un legame nel Signore Gesù Cristo, di cui in questa chiesa ho celebrato tante volte il Sacrificio eucaristico e amministrato i Sacramenti. Un legame di affetto e di amicizia, che ha realmente riscaldato il mio cuore e lo riscalda anche oggi. Un legame che mi ha unito a tutti voi, in particolare al vostro parroco e agli altri sacerdoti della parrocchia. E’ un legame che non si è allentato quando sono diventato Cardinale titolare della Diocesi suburbicaria di Velletri e Segni. Un legame cha ha acquisito una dimensione nuova e più profonda per il fatto di essere ormai Vescovo di Roma e vostro Vescovo. 

Sono poi particolarmente lieto che la mia visita odierna – come Don Enrico ha già detto – si compia nell’anno in cui celebrate il 60° anniversario dell’erezione della vostra parrocchia, il 50° di ordinazione sacerdotale del nostro carissimo parroco Mons. Enrico Pomili, e finalmente i 25 anni di episcopato di Mons. Ennio Appignanesi. Un anno dunque nel quale abbiamo speciali motivi per rendere grazie al Signore. 

Saluto ora con affetto proprio lo stesso Mons. Enrico, e lo ringrazio per le parole tanto gentili che mi ha rivolto. Saluto il Card. Vicario Camillo Ruini, il Card. Ricardo Maria Carles Gordò, titolare di questa chiesa, e quindi mio successore in questo Titolo, il Card. Giovanni Canestri, già vostro amatissimo parroco, il Vicegerente, Vescovo del Settore Est di Roma, Mons. Luigi Moretti; abbiamo già salutato Mons. Ennio Appignanesi, che è stato vostro parroco, e Mons. Massimo Giustetti, che fu vostro vicario parrocchiale. Un saluto affettuoso ai vostri attuali vicari parrocchiali e alle religiose di Santa Maria Consolatrice, presenti a Casalbertone fin dal 1932, preziose collaboratrici della parrocchia e vere portatrici di misericordia e di consolazione in questo quartiere, specialmente per i poveri e per i bambini. Con i medesimi sentimenti saluto ciascuno di voi, tutte le famiglie della parrocchia, coloro che a vario titolo si prodigano nei servizi parrocchiali. 

* * * * 

Vogliamo adesso brevemente meditare il bellissimo Vangelo di questa quarta Domenica d’Avvento, che è per me una delle più belle pagine della Sacra Scrittura. E vorrei – per non essere troppo lungo – riflettere solo su tre parole di questo ricco Vangelo. 

La prima parola che vorrei  meditare con voi è il saluto dell’Angelo a Maria. Nella traduzione italiana l’Angelo dice: “Ti saluto, Maria”. Ma la parola greca sottostante,  “Kaire”, significa di per sé “gioisci”, “rallegrati”. E qui c’è una prima cosa che sorprende: il saluto tra gli ebrei era “Shalom”, “pace”, mentre il saluto nel mondo greco era “Kaire”, “rallegrati”. E’ sorprendente che l’Angelo, entrando nella casa di Maria, saluti con il saluto dei greci: “Kaire”, “rallegrati, gioisci”. E i greci, quando quarant’anni anni dopo hanno letto questo Vangelo, hanno potuto qui vedere un messaggio importante: hanno potuto capire che con l’inizio del Nuovo Testamento, a cui questa pagina di Luca faceva riferimento, si era avuta anche l’apertura al mondo dei popoli, all’universalità del Popolo di Dio, che ormai abbracciava non più soltanto il popolo ebreo, ma anche il mondo nella sua totalità, tutti i popoli. Appare in questo saluto greco dell’Angelo la nuova universalità del Regno del vero Figlio di Davide. 

Ma è opportuno rilevare subito che le parole dell’Angelo sono la ripresa di una promessa profetica del Libro del Profeta Sofonia. Troviamo qui quasi letteralmente quel saluto. Il profeta Sofonia, ispirato da Dio, dice ad Israele: “Rallegrati, figlia di Sion; il Signore è con te e prende in te la Sua dimora ». Sappiamo che Maria conosceva bene le Sacre Scritture. Il suo Magnificat è un tessuto fatto di fili dell’Antico Testamento. Possiamo perciò essere certi che la Santa Vergine capì subito che queste erano parole del Profeta Sofonia indirizzate a Israele, alla « figlia di Sion », considerata come dimora di Dio. E adesso la cosa sorprendente che fa riflettere Maria è che tali parole, indirizzate a tutto Israele, vengono rivolte in special modo a lei, Maria. E così le appare con chiarezza che proprio lei è la « figlia di Sion » di cui ha parlato il profeta, che quindi il Signore ha un’intenzione speciale per lei, che lei è chiamata ad essere la vera dimora di Dio, una dimora non fatta di pietre, ma di carne viva, di un cuore vivo,  che Dio intende in realtà prendere come Suo vero tempio proprio lei, la Vergine. Che indicazione! E possiamo allora capire che Maria cominci a riflettere con particolare intensità su che cosa voglia dire questo saluto. 

Ma fermiamoci adesso soprattutto sulla prima parola:  “gioisci, rallegrati”. Questa è la prima parola che risuona nel Nuovo Testamento come tale,  perché l’annuncio fatto dall’angelo a Zaccaria circa la nascita di Giovanni Battista è parola che risuona ancora sulla soglia tra i due Testamenti. Solo con questo dialogo, che l’angelo Gabriele ha con Maria, comincia realmente il Nuovo Testamento. Possiamo quindi dire che la prima parola del Nuovo Testamento è un invito alla gioia: “gioisci, rallegrati!”. Il Nuovo Testamento è veramente « Vangelo », la “Buona Notizia” che ci porta gioia. Dio non è lontano da noi, sconosciuto, enigmatico, forse pericoloso. Dio è vicino a noi,  così vicino che si fa bambino, e noi possiamo dare del “tu” a questo Dio. 

Soprattutto il mondo greco ha avvertito questa novità, ha avvertito profondamente questa gioia, perché per loro non era chiaro se esistesse un Dio buono o un Dio cattivo o semplicemente nessun Dio. La religione di allora parlava loro di tante divinità: si sentivano perciò circondati da diversissime divinità, l’una in contrasto con l’altra, così da dover temere che, se facevano una cosa in favore di una divinità, l’altra poteva offendersi e vendicarsi. E così vivevano in un mondo di paura, circondati da demoni pericolosi, senza mai sapere come salvarsi da tali forze in contrasto tra di loro. Era un mondo di paura, un mondo oscuro. E  adesso sentivano dire: “Gioisci, questi demoni sono un niente, c’è il vero Dio e questo vero Dio è buono, ci ama, ci conosce, è con noi, con noi fino al punto di essersi fatto carne! » Questa è la grande gioia che il cristianesimo annuncia. Conoscere questo Dio è veramente la « buona notizia », una parola di redenzione. 

Forse noi cattolici, che lo sappiamo da sempre, non siamo più sorpresi, non avvertiamo più con vivezza questa gioia liberatrice. Ma se guardiamo al mondo di oggi, dove Dio è assente, dobbiamo constatare che anch’esso è dominato dalle paure, dalle  incertezze:  è bene essere uomo o no? è bene vivere o no? è realmente un bene esistere? o forse è tutto negativo? E vivono in realtà in un  mondo oscuro, hanno bisogno di anestesie per potere vivere. Così la parola: “gioisci, perché Dio è con te, è con noi », è parola che apre realmente un tempo nuovo. Carissimi, con un atto di fede dobbiamo di nuovo accettare e comprendere nella profondità del cuore questa parola liberatrice: “gioisci!”. 

Questa gioia che uno ha ricevuto non può tenersela solo per sé; la gioia deve essere sempre condivisa. Una gioia la si deve comunicare. Maria è subito andata a comunicare la sua gioia alla cugina Elisabetta. E da quando è stata assunta in Cielo distribuisce gioie in tutto il mondo, è divenuta la grande Consolatrice; la nostra Madre che comunica gioia, fiducia, bontà e ci invita a distribuire anche noi la gioia. Questo è il vero impegno dell’Avvento: portare la gioia agli altri. La gioia è il vero dono di Natale, non i costosi doni che impegnano tempo e soldi. Questa gioia noi possiamo comunicarla in modo semplice: con un sorriso, con un gesto buono, con un piccolo aiuto,  con un perdono. Portiamo questa gioia e la gioia donata ritornerà a noi. Cerchiamo, in particolare, di portare la gioia più profonda, quella di avere conosciuto Dio in Cristo. Preghiamo che nella nostra vita traspaia questa presenza della gioia liberatrice di Dio. 

La seconda parola che vorrei meditare è ancora dell’Angelo: “Non temere, Maria!”, egli dice. In realtà, vi era motivo di temere, perché portare adesso il peso del mondo su di sé, essere la madre del Re universale, essere la madre del Figlio di Dio, quale peso costituiva! Un peso al di sopra delle forze di un essere umano! Ma l’Angelo dice: “Non temere! Sì, tu porti Dio, ma Dio porta te. Non temere!” Questa parola “Non temere” penetrò sicuramente in profondità nel cuore di Maria. Noi possiamo immaginare come in diverse situazioni la Vergine sia ritornata a questa parola, l’abbia di nuovo ascoltata. Nel momento in cui Simeone le dice: “Questo tuo figlio sarà un segno di contraddizione, una spada trafiggerà il tuo cuore”,  in quel momento in cui poteva cedere alla paura, Maria torna alla parola dell’Angelo, ne risente interiormente l’eco: “Non temere, Dio ti porta”. Quando poi, durante la vita pubblica, si scatenano le contraddizioni intorno a Gesù, e molti dicono: “E’ pazzo”, lei ripensa: “Non temere », e va avanti. Infine, nell’incontro sulla via del Calvario  e poi sotto la Croce, quando tutto sembra distrutto, ella sente ancora nel cuore la parola dell’angelo; “Non temere”. E così coraggiosamente sta accanto al Figlio morente e, sorretta dalla fede, va verso la Resurrezione, verso la Pentecoste, verso la fondazione della nuova famiglia della Chiesa. 

“Non temere!”, Maria dice questa parola anche a noi. Ho già rilevato che questo nostro mondo è un mondo di paure: paura della miseria e della povertà, paura delle malattie e delle sofferenze, paura della solitudine, paura della morte. Abbiamo, in questo nostro mondo, un sistema di assicurazioni molto sviluppato: è bene che esistano. Sappiamo però che nel momento della sofferenza profonda, nel momento dell’ultima solitudine della morte, nessuna assicurazione potrà proteggerci. L’unica assicurazione valida in quei momenti è quella che ci viene dal Signore che dice anche a noi: “Non temere, io sono sempre con te”. Possiamo cadere, ma alla fine cadiamo nelle mani di Dio e le mani di Dio sono buone mani. 

Terza parola: al termine del colloquio Maria risponde all’Angelo: “Sono la Serva del Signore, sia fatto come hai detto tu”. Maria anticipa così la terza invocazione del Padre Nostro: “Sia fatta la Tua volontà”. Dice “sì” alla volontà grande di Dio, una volontà apparentemente troppo grande per un essere umano; Maria dice “sì” a questa volontà divina, si pone dentro questa volontà, inserisce tutta la sua esistenza con un grande “sì” nella volontà di Dio e così apre la porta del mondo a  Dio. Adamo ed Eva con il loro “no” alla volontà di Dio avevano chiuso questa porta. “Sia fatta la volontà di Dio”: Maria ci invita a dire anche noi questo “sì” che appare a volte così difficile. Siamo tentati di preferire la nostra volontà, ma Ella ci dice: “Abbi coraggio, dì anche tu: ‘Sia fatta la tua volontà’, perché questa volontà è buona. Inizialmente può apparire come un peso quasi insopportabile, un giogo che non è possibile portare; ma in realtà non è un peso la volontà di Dio, la  volontà di Dio ci dona ali per volare in alto, e cosi possiamo osare con Maria anche noi di aprire a Dio la porta della nostra vita, le porte di questo mondo, dicendo “sì” alla Sua volontà, nella consapevolezza che questa volontà è il vero bene e ci guida alla vera felicità. Preghiamo Maria la Consolatrice, la nostra Madre, la Madre della Chiesa, perché ci dia il coraggio di pronunciare questo “sì”, ci dia anche questa gioia di essere con Dio e ci guidi al Suo Figlio, alla vera Vita. Amen 

 

Publié dans:Maria Vergine, Papa Benedetto XVI |on 12 août, 2007 |Pas de commentaires »

Angelus di oggi: « La meta del pellegrino è il Paradiso »

dal sito:

http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=10063&size=A

 

VATICANO


Papa, la meta del pellegrino è il paradiso
Lo ha ricordato oggi nell’Angelus Benedetto XVI, che invita i fedeli a “distaccarsi dai beni materiali” e a compiere il “cammino verso l’alto”. Egli ha rivolto anche un pensiero alle numerose vittime delle inondazioni del sud Asiatico, invitando le comunità cristiane alla “preghiera e all’aiuto concreto”.
 

Castel Gandolfo (AsiaNews) – La meta del pellegrino è la città dalle “salde fondamenta”, il cui architetto e costruttore è “Dio stesso”: una meta che non è di questo mondo, ma è “il paradiso”. Lo ha ricordato oggi Papa Benedetto XVI durante l’Angelus nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, sottolineando che tale consapevolezza era ben radicata nella “primitiva comunità cristiana”, che si considerava “forestiera di quaggiù” e chiamava i suoi nuclei residenti nelle città “parrocchie”, che in greco significa “colonie di stranieri”. 

E’ orientata verso il futuro, verso il cielo la riflessione del Pontefice sulla liturgia della parola che invita ancora una volta i cristiani a “distaccarsi dei beni materiali in gran parte illusori” e a compiere il cammino “verso l’alto”, pronto ad accogliere il Signore quando “verrà nella sua gloria”. “I primi cristiani esprimevano – continua il Papa – la caratteristica più importante della Chiesa, che è appunto la tensione verso il cielo, alla vita del mondo che verrà, come ripetiamo ogni volta che con il Credo facciamo la nostra professione di fede”. Egli rivolge inoltre un invito ai fedeli affinché vivano in modo “saggio e previdente”, considerando attentamente il “destino” di ogni cristiano e delle realtà ultime: “La morte, il giudizio finale, l’eternità, l’inferno e il paradiso”. 

La liturgia della domenica è anche un invito a prepararsi alla solennità dell’Assunzione, che si celebra il prossimo 15 agosto. Una festa che è “tutta orientata verso il futuro, verso il cielo, dove la Madonna “ci ha preceduto “nella gioia del paradiso”. 

Al termine dell’Angelus il Papa ha voluto anche ricordare le numerose vittime delle inondazioni che nei giorni scorsi hanno martoriato diversi Paesi del Sud dell’Asia. “Nell’esprimere la mia profonda partecipazione al dolore delle popolazioni colpite – sottolinea Benedetto XVI – esorto le comunità ecclesiali a pregare per le vittime e a sostenere quelle iniziative di solidarietà promosse per alleviare le sofferenze di tante persone duramente provate”, auspicando al riguardo anche il sostegno della “Comunità Internazionale”. Nelle ultime tre settimane alcune alluvioni hanno martoriato l’India, il Bangladesh, il Vietnam e la Cina meridionale, seminando morte e distruzione: secondo gli ultimi dati sono oltre 30 milioni le persone rimaste senza casa, solo in India i morti sono più di 1600 mentre i danni superano i 270 milioni di dollari. 

  

 

Publié dans:Angelus Domini |on 12 août, 2007 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno camp%20loddon%20anna

http://www.jardinmona.com/page18.html

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« Vegliate e pregate in ogni tempo » (Lc 21,36)

San Serafino di Sarov (1759-1833), monaco russo
Colloqui con Motovilov, 160

« Vegliate e pregate in ogni tempo » (Lc 21,36)

O ! Quanto vorrei, amico di Dio, che in questa vita fossi sempre nello Spirito Santo. « Renderò a ciascuno secondo lo stato in cui lo troverò » dice il Signore (Ap 22, 12). Guai a noi se ci troverà appesantiti dalle preoccupazioni e dalle pene di questo mondo, perché chi potrà sopportare la sua ira e chi potrà resistirle ? Perciò è stato detto : « Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione » (Mt 26, 41). Cioè per non essere privi dello Spirito di Dio, perché le veglie e la preghiera ci danno la sua grazia.

Certo ogni opera buona fatta nel nome di Cristo conferisce lo Spirito Santo, ma la preghiera più di ogni altra cosa, essendo essa sempre a nostra disposizione. Avresti per esempio voglia di andare in chiesa, ma la chiesa è troppo lontano, o l’ufficio è finito ; avresti voglia di fare l’elemosina, ma non vedi nessun povero o non hai moneta. Vorresti rimanere vergine, ma non lo puoi a causa della tua costituzione e delle insidie del nemico, contro le quali la debolezza della tua carne umana non ti permette di resistere ; vorresti forse trovare un’altra opera buona da fare nel nome di Cristo, ma non ne hai la forza, o l’occasione non si presenta. Invece, nessuna di tutte queste cose può impedire la preghiera : ognuno, sempre, ha la possibilità di pregare, il ricco come il povero, il notabile come l’uomo comune, il forte come il debole, quello che sta bene come il malato, il virtuoso come il peccatore…

Tale è, amico di Dio, la potenza della preghiera. Più di ogni altra cosa, essa ci dà la grazia dello Spirito e, più di ogni altra cosa, è sempre alla nostra portata. Beati noi quando Dio ci troverà vegliando nella pienezza dei doni del suo Spirito. Potremo allora sperare di essere « rapiti tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell’aria » (1 Tes 4, 17) quando verrà con grande potenza e gloria, a giudicare i vivi e i morti e dare a ciascuno il suo dovuto (Mt 13, 26 ; 2 Tm 4, 1).

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