Archive pour le 8 août, 2007

San Domenico

San Domenico dans immagini sacre

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Publié dans:immagini sacre |on 8 août, 2007 |Pas de commentaires »

Nel dogma dell’Assunta si esprime il senso escatologico dell’immortalità dell’uomo e la realizzazione della pienezza del nostro battesimo.

Non desidero fare una sorta di « novena » per l’Assunzione di Maria, ma desidero offrire qualche testo per meditare la festa che ci attende:  

http://www.stpauls.it/madre/0706md/0706md08.htm 

La mariologia di Benedetto XVI – 22  

di BRUNO SIMONETTO

 L’ASSUNZIONE DI MARIA IN CIELO

Nel dogma dell’Assunta si esprime il senso escatologico dell’immortalità dell’uomo e la realizzazione della pienezza del nostro battesimo.
 
Concludiamo la riflessione sull’ultimo dogma mariano, l’Assunzione di Maria al Cielo in anima e corpo, a partire dalla presentazione teologica che ne fa Joseph Ratzinger, attualmente papa Benedetto XVI, ne La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1979.  A quanto detto in precedenza sul contenuto dogmatico dell’Assunta, che per Ratzinger è espressione del supremo culto della Chiesa a Maria, vista nella pienezza escatologica della sua unione con Dio, aggiungiamo ora le altre argomentazioni teologiche del Papa. Il significato escatologico dell’immortalità dell’uomo 

«Maria [assunta in cielo] sta al posto della Chiesa stessa, della sua definitiva condizione di salvezza» (p. 74). Ratzinger approfondisce questo concetto sviluppando anzitutto un altro tema che, per lui, riveste un ruolo importante anche nel testo della proclamazione dogmatica dell’Assunzione della Vergine in cielo. Eccone l’argomentazione: «Come la vita dell’uomo è piantata, immersa in un mondo nel quale la morte è la condizione della vita, così la nascita è sempre ambivalente: essa è, al tempo stesso, un morire e un divenire. La sentenza di Gn 3, 16 (« Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli… ») descrive appunto questo destino dell’uomo; l’ambivalenza della figura di Eva esprime quest’ambivalenza del divenire biologico: la nascita è una parte della morte; essa avviene sotto il segno della morte e rimanda alla morte che, in certo qual senso, essa anticipa, prepara ed anche presuppone». Sicché «generare alla vita significa sempre, al tempo stesso, aprirsi al morire. 
Nostra Signora dell’Assunzione con san Miniato e san Giuliano (Andrea Del Castagno, 1450). 
«Ma se Maria è veramente genitrice di Dio, se ella genera colui che è per eccellenza la morte della morte e la vita, allora questo essere Madre di Dio è veramente « nuova nascita » (nova nativitas): un nuovo modo del generare, incastrato nell’antico, così come Maria è nuova alleanza nell’antica alleanza e come membro dell’antica. Questa nascita non è un morire, ma solamente un divenire, un prorompere della vita che toglie il morire e lo lascia definitivamente alle sue spalle. Perciò il titolo di « genitrice di Dio » da una parte rimanda all’indietro, alla Vergine: questa vita non è stata concepita nel morire e divenire quotidiani, ma è puro inizio; e dall’altra esso rimanda in avanti, all’Assunta: da questa nascita non viene alcuna morte, deriva solamente vita. Questa nuova « generazione » non ha come sua condizione il recedere nell’antica, ma essa produce la definitività del tutto. «Qui si rivela però anche il legame con l’affermazione dell’Immacolata; esso potrebbe forse essere così descritto: là dove vi è totalità della grazia c’è totalità della salvezza. Dove la grazia non si trova nella precarietà di « giusto e peccatore al tempo stesso », ma essa è puro sì, lì non c’è spazio per la morte, lo sgherro del peccato. «Ora, però, questo comporta un domandarsi: che cosa significa assunzione in corpo e anima nella gloria celeste? Che cosa significa propriamente « immortalità »? E che cosa significa « morte »? L’uomo non è mai immortale per se stesso, ma solamente nell’altro e coll’altro, provvisoriamente, sperimentalmente, frammentariamente nel bambino; in definitiva egli è veramente nella gloria soltanto nel totalmente-Altro ed a partire da lui: da Dio. Noi siamo mortali a causa dell’adeguata autarchia del « voler stare in se stessi », di quell’autarchia che si rivela illusione. In quanto fallimento dell’autarchia, in quanto possibilità di dare consistenza a se stessi, la morte non è solamente un fenomeno somatico, ma un fenomeno umano di radicale profondità. Là dove tuttavia manca il tentativo, per noi originario, dell’autarchia, là dove esiste la pura autoespropriazione di colui che non si fonda su se stesso (= grazia!), qui non c’è « morte » (benché vi sia la fine somatica), ma qui tutto l’uomo entra nella salvezza, poiché egli, come totalità, senza riduzione alcuna, sta eternamente nella memoria di Dio che è creatrice di vita, in quella memoria che, prendendolo come tale, lo custodisce nella sua stessa gloria» (pp. 74-76; in nota Ratzinger rimanda alla sua presentazione più dettagliata della problematica di immortalità e risurrezione in Kleine katholische Dogmatik del 1977, scritta a quattro mani con Johann Auer). Nell’Assunta si è realizzata tutta l’essenza del battesimo 

«Con questo», prosegue nel suo ragionamento Ratzinger, applicando il discorso alla Vergine Assunta in Cielo, «ritorniamo a quanto si era accennato poc’anzi. Abbiamo detto che chi può essere glorificato, esaltato col nome di Dio, vive. Avevamo aggiunto: per Maria e solamente per lei (per quanto noi sappiamo) ciò vale in modo definitivo, incondizionato, poiché ella sta per la Chiesa stessa, per quel suo definitivo essere salvata che non è più solamente promessa da venire, ma è già realtà. «A questo proposito, mi sembra avere una certa importanza Col 3,3: « Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio ». Ciò significa: esiste come una sorta di « ascensione » del battezzato, della quale parla in termini del tutto espliciti Ef 2,6: « Con lui Dio ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù ». Stando a questo testo, il battesimo è partecipazione non soltanto alla risurrezione, ma anche all’ascensione di Cristo. Il battezzato, in altre parole, in quanto battezzato e nella misura in cui egli è tale, è già adesso inserito nell’ascensione e vive là, nel Signore glorificato, la sua vita nascosta (la sua vera vita!)» (pp. 76-77). 
Visitazione (Franz Anton Maulbertsch, 1777). Come si può ben capire, per Ratzinger (che sempre più scopriamo essere davvero il san Tommaso d’Aquino dei nostri tempi!) la formula dogmatica dell’ »Assunzione » di Maria in corpo e anima perde, sulla base dei testi biblici citati, ogni carattere speculativo e arbitrario: essa, infatti, è solamente la forma suprema della canonizzazione riferita a colei che ha generato il Signore («prima con il cuore poi nel corpo», dice sant’Agostino), della quale la fede, cioè il contenuto interiore del Battesimo, può essere affermata illimitatamente (in conformità a Luca 1, 45: « Beata colei che ha creduto all’adempimento delle parole del Signore »); Maria è colei nella quale «si è quindi realizzata tutta l’essenza del battesimo, in lei è stata inghiottita nella vittoria di Cristo, in lei ciò che ancora si oppone al battesimo (alla fede) è stato totalmente superato con la morte della vita terrena» (p. 77). 
Queste ultime affermazioni (che per Maria hanno la piena evidenza personale nel collegamento a Luca 1, 45 ed Ef 2,6) si riferiscono «nuovamente e strettissimamente», continua Ratzinger, «a quei contesti tipologici che abbiamo continuamente tenuto presente: l’interamente battezzata, in quanto realtà personale della vera chiesa, è contemporaneamente la certezza di salvezza della chiesa, certezza non solamente promessa ma esistente in lei in carne e ossa, e certezza di salvezza di quella chiesa che in lei è già stata salvata: il nuovo Israele non è più respinto. È già entrato nel cielo. Esistono su questo punto preziosi testi patristici, che di fatto non fanno che sviluppare ciò che già si trova nella Bibbia» (pp. 77-78). Il culto a Maria è come la « danza » del Magnificat  Infine, un’ultima osservazione che il cardinale Ratzinger propone per completare la sua originale riflessione sul dogma dell’Assunzione di Maria, che qui siamo andati illustrando. «Raccontando la visita di Maria ad Elisabetta», scrive, «Luca riferisce che il bimbo Giovanni, al risuonare del saluto di Maria, « ha esultato di gioia nel grembo » (Lc 1, 46). Per esprimere la gioia, egli usa lo stesso termine skirtôn (« saltellare ») che ha impiegato anche per denotare la gioia di coloro che sono toccati dalle beatitudini (Lc 6, 23 [« rallegratevi in quel giorno ed esultate, skirtésate« ]). «In una delle antiche traduzioni greche dell’Antico Testamento, questo termine ricorre anche là dove si descrive la danza di Davide dinanzi all’arca santa che è finalmente ritornata in patria (2Sam 6, 16)». Ora – citando l’interpretazione di René Laurentin, che stabilisce un parallelismo tra Lc 1, 39-44 e 2Sam 6, 2-11 – si può dire che la scena (della Visitazione di Maria ad Elisabetta) «è costruita in maniera parallela con il ritorno in patria dell’arca, così che il saltellare del bambino proseguirebbe la gioia estatica di Davide dinanzi al segno che garantisce la vicinanza di Dio. Ma, comunque sia, si esprime qui qualcosa che per noi, nel nostro secolo critico, è andato quasi completamente perduto e che, tuttavia, appartiene all’interiorità della fede: per lui [Giovanni] è la gioia per la Parola che si è fatta uomo, è quel saltellare dinanzi all’arca dell’alleanza nella contentezza dimentica di sé che coglie colui che ha conosciuto la vicinanza salvatrice di Dio. «Solamente chi capisce ciò», afferma a questo punto, con forte espressione, il futuro Benedetto XVI, quasi a voler raccogliere il senso di tutto quanto è andato spiegando ne La figlia di Sion, «può comprendere anche il culto di Maria: al di là di tutti i problemi, esso è l’essere trascinati dalla gioia perché il vero Israele esiste indistruttibile; è l’oscillare beato nella gioia del Magnificat e, perciò, nella lode di colui verso il quale è debitrice la figlia di Sion e di colui che lei porta come la vera, non deperibile, indistruttibile arca dell’alleanza» (pp. 79-79).  E su queste note « in crescendo » terminiamo le nostre riflessioni sui quattro dogmi mariani, rivisitati alla luce dell’insegnamento mariologico del teologo Ratzinger divenuto poi papa Benedetto XVI. 

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Il cardinale Etchegaray incontra a Mosca il Patriarca Alessio II

sempre dal sito della Radio vaticana, questa notizia piena di speranza:

08/08/2007 11.42.47

Il cardinale Etchegaray incontra a Mosca il Patriarca Alessio II 

 

Su invito della Conferenza episcopale russa, il cardinale Roger Etchegaray si è recato in Russia per celebrare il 10.mo anniversario della consacrazione della Cattedrale cattolica della Trasfigurazione a Novosibirsk. Di passaggio per Mosca, il porporato è stato ricevuto ieri dal Patriarca di Mosca e di Tutte le Russie Alessio II.

Nell’occasione, il cardinale Etchegaray ha consegnato al capo della Chiesa ortodossa russa un cordiale messaggio di Benedetto XVI, accompagnato da un dono personale. In un clima fraterno, Alessio II, che ha particolarmente gradito il gesto del Papa, ha assicurato una propria personale risposta scritta ai voti del Pontefice.

Secondo l’agenzia Interfax, dopo l’incontro con Alessio II, il cardinale Etchegaray ha affermato che cattolici e ortodossi hanno intrapreso “un cammino comune. L’obiettivo è vicino – ha aggiunto – ma non possiamo fare forzature ». Sia il Papa che il Patriarca « pensano ad un eventuale incontro – ha sottolineato – a patto che si realizzi in un clima di sincerità e di verità. Quando ci saranno le condizioni l’incontro avverrà”.

Il cardinale Etchegaray ha quindi auspicato un dialogo profondo tra cattolici ed ortodossi, sottolineando che l’incontro tra Alessio II e Benedetto XVI dovrebbe essere la massima espressione di tale dialogo. Il porporato, oltre al messaggio del Papa, ha donato al Patriarca una penna d’oro con la quale Benedetto XVI ha firmato diversi documenti. Il cardinale Etchegaray ha già incontrato il Patriarca ortodosso russo nel giugno del 2006. Il prossimo 15 agosto, nella Festa dell’Assunzione, celebrerà
la Messa nella Cattedrale di Mosca per i cattolici che vivono nella capitale russa. 

 

Non c’è vero umanesimo senza Dio: così Benedetto XVI all’udienza generale, dedicata a Gregorio di Nazianzo

si tratta dell’udienza del Papa di questa mattina, posto dalla Radio Vaticana, non ci sono ancora i testi in originale, dal sito:

http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=148738 

8/08/2007 11.59.3

Non c’è vero umanesimo senza Dio: così Benedetto XVI all’udienza generale, dedicata a Gregorio di Nazianzo 

“Senza Dio l’uomo perde la sua grandezza, senza Dio non c’è un vero umanesimo”: è quanto ci fa capire Gregorio di Nazianzo, ha detto stamani Benedetto XVI all’udienza generale che si è svolta nell’Aula Paolo VI. Il Papa, giunto in Vaticano da Castel Gandolfo in elicottero, ha centrato la sua catechesi sulla figura del Padre della Chiesa vissuto nel IV secolo, noto come “il teologo”, illustre oratore e difensore della fede, che nelle sue opere e nelle sue omelie evidenzia “il primato di Dio”. Il servizio di Tiziana Campisi:

Un’anima raffinata e sensibile, un uomo colto che ha orientato la sua vita verso il monachesimo, la meditazione filosofica e spirituale: così Benedetto XVI ha definito Gregorio di Nazianzo, autore di “Discorsi teologici”, omelie e testi poetici che ancora oggi parla agli uomini:

“E’ un uomo che ci fa sentire il primato di Dio e perciò parla proprio anche a noi, a questo nostro mondo. Senza Dio l’uomo perde la sua grandezza, senza Dio non c’è un vero umanesimo. Ascoltiamo perciò questa voce e cerchiamo di conoscere anche noi il volto di Dio”.
 
Il Papa ha evidenziato poi l’importanza attribuita da Gregorio alla teologia:

“Per lui non era una riflessione puramente umana, o frutto di complicate speculazioni, ma deriva da una vita di preghiera e di santità, da un dialogo assiduo con Dio. E proprio così fa apparire alla nostra ragione la realtà di Dio, il mistero trinitario”.
 
Fermo difensore della fede trinitaria, Gregorio ha combattuto con decisione l’eresia ariana che nel IV secolo risultava utile agli imperatori. Preferiva la solitudine tanto che, ha spiegato il Santo Padre, per lui nulla era più grande del “far tacere i propri sensi, uscire dalla carne del mondo, raccogliersi in se stesso, non occuparsi più delle cose umane, se non di quelle strettamente necessarie; parlare con se stesso e con Dio, condurre una vita che trascende le cose visibili; portare nell’anima immagini divine sempre pure, senza mescolanza di forme terrene ed erronee”. Benedetto XVI ha descritto anche la riluttanza con la quale Gregorio di Nazianzo ricevette l’ordinazione presbiterale: avrebbe sottratto tempo al raccoglimento e alla preghiera, ed ancora il Papa ha aggiunto che il Padre della Chiesa assunse però “il ministero pastorale in piena obbedienza, accettando, come spesso gli accadde nella vita, di essere portato là dove non voleva andare”. Benedetto XVI ha pure raccontato della profonda amicizia che univa Gregorio al contemporaneo Basilio, ed ha letto quanto il Nazianzeno ha scritto di questo legame:

“Ci guidava la stessa ansia di sapere … Questa era la nostra gara: non chi fosse il primo, ma chi permettesse all’altro di esserlo. Sembrava che avessimo un’unica anima in due corpi”.
 
Il Papa ha parlato anche della riluttanza di Gregorio alla consacrazione episcopale. E ricordando che come vescovo di Sasima e poi di Costantinopoli dovette affrontare difficoltà, ostilità ed inimicizie ha voluto citare le parole del Padre della Chiesa:

“Abbiamo diviso Cristo, noi che tanto amavamo Dio e Cristo! Abbiamo mentito gli uni agli altri a motivo della verità, abbiamo nutrito sentimenti di odio a causa dell’Amore, ci siamo divisi l’uno dall’altro”.
 
Infine, Benedetto XVI ha invitato a guardare le figure di San Domenico di Guzmán, che
la Chiesa ricorda oggi, e di Santa Teresa Bendetta della Croce – al secolo Edith Stein – la cui memoria ricorre domani, come esempi che insegnano a riporre sempre fiducia in Cristo. 

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« Donna, davvero grande è la tua fede »

Giuliano di Vézelay (circa 1080-circa 1160), monaco benedettino
Discorsi ; SC 192

« Donna, davvero grande è la tua fede »

« Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini ». La donna si impossessa di questa parola e dice : « È vero Signore ! » Come se dicesse… « Io non chiedo niente se non una briciola che cade dalla tavola e dalla mano del padrone generoso che « dà il cibo ad ogni vivente » (Sal 135, 25). Hai offerto un buon pranzo ai giudei come a dei figli ; per cui, te ne prego, non rifiutare una briciola alla tua cagnolina cananèa ! »

Gesù le dice : « Donna, davvero grande è la tua fede ! ». Rimprovera a Pietro la sua poca fede (Mt 14, 31) ; ammira questa donna per la grandezza della sua. Lei ha davvero una grande fede poiché proclama che il Verbo fatto carne è figlio di Davide, e, certa della potenza divina, confida nel suo potere di guarire sua figlia assente, e questo con un solo atto di volontà.

Anche tu, se la tua fede è grande, se è questa fede viva della quale vive il giusto, e non una fede morta a cui manca l’anima, cioè la carità, anche tu non soltanto otterrai la piena guarigione della tua famiglia, cioè della tua anima, ma « avrai il potere di spostare i monti » (Mt 17, 20).

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