dal sito:
http://www.sant-agostino.it/italiano/esposizioni_salmi/index2.htm
Agostino, Esposizioni sui Salmi, 144,10
10 Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli.
In che senso ogni creatura loda Dio.
13. [v 10.] Confessino a te, Signore, tutte le tue opere e i tuoi santi ti benedicano. Tutte le tue opere confessino a te. Cosa dice mai? Non è forse opera di lui la terra? o non son opera di lui le piante, gli animali, le bestie feroci, i pesci, gli uccelli? Forse che non son tutti opera di lui? Certo, tutti questi esseri sono opera di Dio. In che modo, allora, potranno questi esseri confessare a lui? Ben vedo come nell’angelo – poiché anche l’angelo è opera di Dio – la creatura confessi al Creatore. Così anche per l’uomo: è un’opera di Dio e quando confessa a lui è un’opera di Dio che confessa. Ma forse che le piante e le pietre hanno una voce che loro consenta la confessione? Sì, tutte le opere di Dio confessino a lui. Ma cosa dici? Anche la terra e le piante? Tutte le sue opere. Se tutte lodano, perché non tutte potranno confessare? Si parla infatti di confessione non soltanto quando ci si accusa dei peccati, ma anche quando si loda. Che non succeda che, tutte le volte che sentite parlare di confessione, l’intendiate solo e sempre di confessione dei peccati! È questa una persuasione assai comune, al segno che, quando alla lettura della parola divina risuona questo termine, subito e come per abitudine ci si batte il petto. Ascolta però come ci sia una confessione in senso di lode. Aveva forse peccati il nostro Signore Gesù Cristo? Eppure diceva: Ti confesso, o Padre, Signore del cielo e della terra 41. È una confessione che consiste nel lodare. In che senso intenderemo quindi le parole: Confessino a te, Signore, tutte le tue opere? Ti lodino tutte le tue opere. In fatto di lode, però, ritorna lo stesso problema che sì presentava prima a proposito della confessione. Se infatti non potevano confessare la terra, le piante e tutte le creature inanimate perché prive di voce, per lo stesso motivo, in quanto cioè prive di voce, saranno incapaci di lodare. Eppure non son tutte, queste creature, enumerate da quei tre fanciulli mentre camminavano tra le fiamme, che non li toccavano, ed essi avevano agio non solo di non bruciare ma anche di lodare Dio? A tutte, da quelle del cielo a quelle della terra, si dice: Benedite, cantate l’inno, ed esaltatelo nei secoli 42. Ecco come cantano l’inno. Nessuno pensi che la muta pietra o il muto animale abbia razionalità e sia in grado di comprendere Dio. Quanti credettero questo si allontanarono molto dalla verità. Dio dispose secondo un ordine tutti gli esseri che aveva creati. A certuni diede sensibilità, intelletto e immortalità. Così gli angeli. Ad altri diede sensibilità ed intelletto in una condizione mortale. Così gli uomini. Ad altri ancora diede una sensibilità corporale, senza dar loro né l’intelletto né l’immortalità. Così i bruti. Ad altri finalmente non diede né sensibilità né intelligenza né immortalità. Così le erbe, le piante, le pietre. Tuttavia neppure questi esseri nella loro specie possono esimersi [dalla lode di Dio], essendo la creazione ordinata secondo una certa graduatoria che va dalla terra al cielo, dalle cose visibili a quelle invisibili, dalle cose mortali a quelle immortali. Questo intreccio dei vari esseri creati, la loro bellezza perfetta nel suo ordine, che dalle cose infime si eleva alle più eccelse per ridiscendere da queste alle più insignificanti, senza interruzioni ma non senza il mutuo compensarsi degli esseri [fra loro] differenti, tutto questo loda Dio. Ma in che senso l’universo creato loda Dio? In quanto tu, mirando la creatura e trovandola bella, in essa lodi Dio. La bellezza della terra è come una voce muta che si leva dalla terra. Tu ci mediti, vedi la sua bellezza, la sua fecondità, le sue risorse; vedi come si riproduca un seme facendo germogliare il più delle volte una cosa diversa da quella che era stata seminata. Osservi tutto questo e con la tua riflessione quasi ti metti a interrogarla: la stessa ricerca è una specie d’interrogatorio. Pieno di stupore, continui la ricerca e scrutando la cosa a fondo scopri una grande potenza, una grande bellezza e uno stupefacente vigore. Non potendo avere in sé né da sé questo vigore, subito ti vien da pensare che, se non se l’è potuto dare da sé, gliel’ha dato lui, il Creatore. In tal modo, ciò che hai scoperto nella creatura è la voce della sua confessione che ti porta a lodare Dio. Non è forse vero che, se ti metti a considerare la bellezza sparsa nell’intero mondo creato, la stessa bellezza come con un unico accento ti risponde: Non sono stata io a farmi ma Dio?.