Archive pour juillet, 2007

Commemorazione in Vaticano dei protomartiri romani

dal sito:

http://www.zenit.org/article-11351?l=italian

Commemorazione in Vaticano dei protomartiri romani

 

 CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 5 luglio 2007 (ZENIT.org).- Anche quest’anno, sabato 30 giugno,
la Pontificia Accademia Culturom Martyrum ha organizzato in Vaticano la commemorazione dei santi protomartiri della Chiesa romana, con una celebrazione eucaristica e una processione con il Santissimo.

La tradizionale cerimonia si è tenuta nella Piazza dei Protomartiri Romani all’interno della Città del Vaticano, che sicure fonti storiche indicano come il circo ideato da Caio Caligola, successivamene detto “neroniano”, al cui centro è ubicata Santa Maria in Camposanto Teutonico, l’antica schola francorum fondata da Carlo Magno.

Il Collegium Cultorum Martyrum fu fondato il 2 febbraio 1879 da M. Armellini, A. Hytreck, O. Marucchi ed E. Stevenson, insigni studiosi di antichità sacra, con lo scopo di promuovere il culto dei santi martiri e di incrementare e approfondire l’esatta storia dei testimoni della fede e dei monumenti ad essi collegati, fin dai primi secoli del cristianesimo.
Già nel 1904, il Collegium Cultorum Martyrum, divenuto sotto Giovanni Paolo II una Pontificia Accademia, iniziò a venerare liturgicamente i protomartiri romani che l’imperatore Nerone fece perseguitare e suppliziare ferocemente, con l’accusa di aver appiccato l’incendio a Roma nel luglio 64.

A eterna memoria di questa persecuzione, una lapide posta a ridosso del muro esterno di Santa Maria in Camposanto Teutonico ricorda che “questo suolo già villa e circo di Nerone oggi faro di luce nel mondo conquistarono con il sangue Duce l’Apostolo Pietro i primi martiri romani ascesi di qui moltitudine ingente per offrire a Cristo le palme del nuovo trionfo”.

Il rito è iniziato con la concelebrazione eucaristica, presieduta dall’Arcivescovo Angelo Comastri, Vicario Generale di Sua Santità per
la Città del Vaticano.

Terminata
la Santa Messa l’Arcivescovo, assistito da monsignor Pasquale Iacobone, Sacerdos della Pontificia Accademia, ha iniziato la processione con il SS. Sacramento che si è conclusa con la benedizione.

La Banda Pontificia ha curato l’esecuzione dei brani musicali, mentre quelli canori sono stati proposti dalla Corale di Sant’Anna diretta da don Gaetano Civitillo. 

 

 

Publié dans:liturgia, testimonianze |on 6 juillet, 2007 |Pas de commentaires »

Cos’è “il Regno di Dio” tra noi? Risponde il predicatore del Papa

dal sito:

http://www.zenit.org/article-11352?l=italian

 

 

Cos’è “il Regno di Dio” tra noi? Risponde il predicatore del Papa

 Commento di padre Cantalamessa alla liturgia di domenica prossima 

 

ROMA, venerdì, 6 luglio 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il commento di padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. – predicatore della Casa Pontificia – alla liturgia di domenica prossima.


XIV Domenica del Tempo Ordinario (C)
Isaia 66, 10-14c; Galati 6, 14-18; Luca 10, 1-12.17-20

“E’ VICINO A VOI IL REGNO DI DIO”

Anche questa volta commentiamo il vangelo con l’aiuto del libro di Papa Benedetto XVI su Gesú. Prima però vorrei fare un’osservazione di carattere generale. La critica mossa al libro del Papa da alcune parti è di attenersi a ciò che dicono i vangeli senza tener conto dei risultati della ricerca storica moderna che porterebbe, secondo loro, a conclusioni molto diverse. Si tratta di un’idea molto diffusa che sta alimentando tutta una letteratura tipo Il codice da Vinci di Dan Brown, e opere di divulgazione storica basate sul medesimo presupposto.

Credo sia urgente mettere in luce un fondamentale equivoco presente in tutto ciò. L’idea di una ricerca storica su Gesú unitaria, rettilinea che procede inarrestabile verso una piena luce su di lui è un puro mito che si tenta di far credere alla gente, ma in cui nessuno storico serio oggi crede più. Cito una delle più note rappresentanti della ricerca storica su Gesú, l’americana Paula Fredriksen: « I libri, scrive, si moltiplicano. Nella ricerca scientifica recente Gesú è stato presentato come una figura di sciamano del primo secolo, come un itinerante filosofo cinico, come un visionario radicale e un riformatore sociale che predica una etica egualitaria a favore degli ultimi, come un regionalista galileo che lotta contro le convenzioni religiose dell’elite della Giudea (il tempio e
la Torah), come un campione della liberazione nazionale, o, al contrario, come suo oppositore e critico, e via di questo passo. Tutte queste figure sono state presentate con vigorosi argomenti e metodi accademici, tutte sono difese appellandosi a dati antichi. I dibattiti continuano briglia sciolta e il consenso –anche su punti essenziali quali i criteri in base ai quali procedere – appare una remota speranza » (1).

Spesso si fa appello ai nuovi dati e alle scoperte recenti che avrebbero finalmente messo la ricerca storica in una posizione di vantaggio rispetto al passato. Ma quanto aperte siano le conseguenze da tirare da queste nuove fonti storiche, appare dal fatto che esse hanno dato luogo a due immagini di Cristo opposte e inconciliabili tra loro, tuttora presenti sul campo. Da una parte un Gesú « in tutto e per tutto ebreo »; dall’altra un Gesú figlio della Galilea ellenizzata del suo tempo, imbevuto di filosofia cinica.

Alla luce di questo dato di fatto, mi domando: cosa avrebbe dovuto fare il Papa: scrivere un’ennesima ricostruzione storica in cui discutere e controbattere tutte le obiezioni contrarie? Quello che il Papa ha scelto di fare è stato di presentare in positivo la figura e l’insegnamento di Gesú come inteso dalla Chiesa, partendo dalla convinzione che il Cristo dei vangeli è, anche dal punto di vista storico la figura più credibile e sicura.

Dopo questa dilucidazione, veniamo al vangelo di questa Domenica. Si tratta dell’episodio dell’invio in missione dei 72 discepoli. Dove aver detto ad essi come devono andare (a due a due, come agnelli, senza portare denaro…), Gesú spiega loro anche cosa devono dire: « Dite loro: È vicino a voi il regno di Dio ».

Si sa che la frase « È giunto in mezzo a voi il regno di Dio » occupa il cuore della predicazione di Gesú ed la premessa implicita di ogni suo insegnamento. Il regno di Dio è giunto in mezzo a voi, perciò amate i vostri nemici; « il regno di Dio è giunto in mezzo a voi », perciò se la tua mano ti scandalizza tagliala: è meglio entrare monco nel regno di Dio che con tutte e due le mani rimanerne fuori…Tutto prende senso dal regno.

Si è sempre discusso su che cosa precisamente intendeva Gesú con l’espressione « regno di Dio ». Per alcuni esso sarebbe un regno puramente interiore consistente in una vita conforme alla legge di Dio; per altri sarebbe, al contrario, un regno sociale e politico da realizzare dall’uomo, se necessario anche con la lotta e la rivoluzione. Il Papa passa in rassegna queste varie interpretazioni del passato e fa notare ciò che esse hanno in comune: il centro dell’interesse si sposta da Dio all’uomo; non si tratta più di un regno di Dio, ma di un regno dell’uomo, di cui l’uomo è l’artefice principale. Questa è un’idea di regno compatibile, al limite, anche con l’ateismo.

Nella predicazione di Gesú la venuta del regno di Dio indica che, inviando nel mondo il suo Figlio, Dio ha deciso per così dire di prendere in mano di persona le sorti del mondo, di compromettersi con esso, di agire dal suo interno. È più facile intuire cosa significa regno di Dio che spiegarlo, perché è una realtà che sorpassa ogni spiegazione.

È ancora molto diffusa l’idea che Gesú aspettasse una fine imminente del mondo e che quindi il regno di Dio da lui predicato non si realizzasse in questo mondo, ma in quello che noi chiamiamo « l’aldilà ». I vangeli contengono, in effetti, alcune affermazioni che si prestano a questa interpretazione. Ma essa non regge, se si guarda all’insieme delle parole di Cristo. « L’insegnamento di Gesú non è un’etica per coloro che attendono una rapida fine del mondo, ma per coloro che hanno sperimentato la fine di questo mondo e l’avvento in esso del regno di Dio: per coloro che sanno che ‘le cose vecchie sono passate’ e il mondo è diventato una ‘nuova creazione’, poiché Dio vi è sceso come re » (Ch. Dodd). In altre parole, Gesú non ha annunciato la fine del mondo, ma la fine di un mondo, e in ciò i fatti non l’hanno smentito.

Ma anche Giovanni Battista predicava questo cambiamento, parlando di un imminente giudizio di Dio. Dove sta dunque la novità di Cristo? La novità è racchiusa tutta in un avverbio di tempo: « ora », « adesso ». Con Gesú il regno di Dio non è più una cosa soltanto « imminente », ma presente. « L’aspetto nuovo ed esclusivo del messaggio di Gesú, scrive il Papa, consiste nel fatto che egli ci dice: Dio agisce adesso – è questa l’ora in cui Dio, in un modo che va oltre ogni precedente modalità, si rivela nella storia come il suo stesso Signore, come il Dio vivente ».

Da qui scaturisce quel senso di urgenza che traspare da tutte le parabole di Gesú, specialmente le cosiddette « parabole del regno. « È scoccata l’ora decisiva della storia, ora è il momento di prendere la decisione che salva; il banchetto è pronto: rifiutarsi di entrare perché si è appena preso moglie o comprato un paio di buoi o per altro motivo, significa esserne esclusi per sempre e vedere il proprio posto preso da altri.

Da quest’ultima riflessione partiamo per una applicazione pratica e attuale del messaggio ascoltato. Quello che Gesú diceva ai suoi contemporanei vale anche per noi oggi. Quell’ »ora » e « oggi » durerà immutato fino alla fine del mondo (Ebr 3,13). Questo significa che la persona che ascolta oggi, magari per caso, la parola di Cristo: « Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo » (Mc 1,15) si trova davanti alla stessa scelta di coloro che l’ascoltavano duemila anni fa in un villaggio della Galilea: o credere ed entrare nel regno, o rifiutare di credere e rimanerne fuori.

Purtroppo, quella di credere sembra invece l’ultima delle preoccupazioni per molti che leggono oggi il vangelo o scrivono libri su di esso. Anziché sottomettersi al giudizio di Cristo, molti si ergono a suoi giudici. Gesú è più che mai sotto processo. Si tratta di una specie di « giudizio universale » alla rovescia. Soprattutto gli studiosi corrono questo pericolo. Lo studioso deve « dominare » l’oggetto della scienza che coltiva e rimanere neutrale di fronte ad esso; ma come si fa a « dominare » o rimanere neutrali di fronte all’oggetto, quando esso è Gesú Cristo? In questo caso più che « dominare » conta « lasciarsi dominare ».

Il regno di Dio era tanto importante per Gesú che ci ha insegnato a pregare ogni giorno per la sua venuta. Noi ci rivolgiamo a Dio dicendo: « Venga il tuo regno », ma anche Dio si rivolge a noi e dice per bocca di Gesù: « Il regno di Dio è venuto in mezzo a voi: non aspettate, entratevi! »

(1) [Testo originale inglese]: “In recent scholarship, Jesus has been imagined and presented as a type of first-century shaman figure; as a Cynic-sort of wandering wise man; as a visionary radical and social reformer preaching egalitarian ethics to the destitute; as a Galilean regionalist alienated from the elitism of Judean religious conventions (like Temple and Torah); as a champion of national liberation and, on the contrary, as its opponent and critic — on and on. All these figures are presented with rigorous academic argument and methodology; all are defended with appeals to the ancient data. Debate continues at a roiling pitch, and consensus — even on issues so basic as what constitutes evidence and how to construe it — seems a distant hope”. 

 

buona notte

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nome botanico:Pelargonium grandiflorum

nome comune: geranio imperiale

famiglia:Geraniaceae

http://www.leserre.it/enciclopedia419/geraniaceae/geranio_imperiale/pelargonium_grandiflorum.html

Publié dans:immagini buon...notte, giorno |on 5 juillet, 2007 |Pas de commentaires »

« Mangia e beve in compagnia dei pubblicani e dei peccatori ! »

San Pietro Crisologo (circa 406-450), vescovo di Ravenna, dottore della Chiesa
Dicorsi, 30 : PL 52, 285-286

« Mangia e beve in compagnia dei pubblicani e dei peccatori ! »

Dio è accusato di chinarsi verso l’uomo, di sedersi accanto al peccatore, di avere fame della sua conversione e sete del suo ritorno, di prendere il cibo della misericordia e la coppa della benevolenza. Eppure Cristo, fratelli miei, è venuto al pranzo; la Vita è venuta al convito per fare vivere insieme con sé quelli che erano destinati alla morte; giacque la Risurrezione perché coloro che giacevano si alzassero dalle loro tombe; la Bontà si è abbassata per elevare i peccatori al perdono; Dio è venuto all’uomo perché l’uomo giungesse a Dio; il Giudice è venuto al pranzo dei colpevoli per sottrare l’umanità dalla sentenza di condanna; il medico è venuto dai malati per ristabilirli mangiando con loro; il buon pastore ha chinato la spalla per riportare la pecora perduta all’ovile della salvezza.

« Mangia in compagnia dei pubblicani e dei peccatori ». Ma chi è peccatore se non colui che rifiuta di vedersi tale? Non è forse affondare nel proprio peccato, e a dire il vero, identificarsi con esso, il cessare di vedersi peccatore? E chi è ingiusto se non colui che si giudica giusto?… Su, fariseo, confessa il tuo peccato, e potrai venire a mensa con Cristo; per te Cristo si farà pane, questo pane che verrà spezzato per il perdono dei tuoi peccati; Cristo diverrà per te il calice, questo calice che verrà versato per la remissione delle tue colpe. Su fariseo, condividi la mensa dei peccatori, e Cristo condividerà la tua mensa; riconosci che sei peccatore, e Cristo mangerà con te; entra con i peccatori al banchetto del tuo Signore, e potrai non essere più peccatore; entra con il perdono di Cristo nella casa della misericordia

Gesù e i bambini

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http://blog.libero.it/calendario/view.php?id=calendario&mm=0&gg=070611

Publié dans:immagini sacre |on 5 juillet, 2007 |Pas de commentaires »

Il Papa: «Basilio modello di pietà, costruttore del regno di Dio»

dal sito on line del giornale « Avvenire »:

Il Papa: «Basilio modello di pietà, costruttore del regno di Dio» 

Ieri Benedetto XVI ha parlato del santo vescovo del IV secolo, maestro del monachesimo, attento agli ultimi e sapiente riformatore liturgico 

L’Udienza Del Mercoledì  

Cari fratelli e sorelle!
Oggi vogliamo ricordare uno dei grandi Padri della Chiesa, san Basilio, definito dai testi liturgici bizantini un «luminare della Chiesa». Fu un grande vescovo del IV secolo, a cui guarda con ammirazione tanto
la Chiesa d’Oriente quanto quella d’Occidente per la santità della vita, per l’eccellenza della dottrina e per la sintesi armonica di doti speculative e pratiche. Egli nacque attorno al 330 in una famiglia di santi, «vera Chiesa domestica», che viveva in un clima di profonda fede. Compì i propri studi presso i migliori maestri di Atene e di Costantinopoli. Insoddisfatto dei suoi successi mondani, e accortosi di aver sciupato molto tempo nelle vanità, egli stesso confessa: «Un giorno, come svegliandomi da un sonno profondo, mi rivolsi alla mirabile luce della verità del Vangelo…, e piansi sulla mia miserabile vita» (cfr Ep. 223: PG 32,824a). Attirato da Cristo, cominciò a guardare verso di Lui e ad ascoltare Lui solo (cfr Moralia 80,1: PG 31,860bc). Con determinazione si dedicò alla vita monastica nella preghiera, nella meditazione delle Sacre Scritture e degli scritti dei Padri della Chiesa, e nell’esercizio della carità (cfr Epp. 2 e 22), seguendo anche l’esempio della sorella, santa Macrina, che già viveva nell’ascetismo monacale. Fu poi ordinato sacerdote e infine, nel 370, vescovo di Cesarea di Cappadocia, nell’attuale Turchia.

Mediante la predicazione e gli scritti svolse un’intensa attività pastorale, teologica e letteraria. Con saggio equilibrio seppe unire insieme il servizio alle anime e la dedizione alla preghiera e alla meditazione nella solitudine. Avvalendosi della sua personale esperienza, favorì la fondazione di molte «fraternità» o comunità di cristiani consacrati a Dio, che visitava frequentemente (cfr Gregorio Nazianzeno, Oratio 43,29 in laudem Basilii: PG 36,536b). Con la parola e con gli scritti, molti dei quali sono giunti fino a noi (cfr Regulae brevius tractatae, Proemio: PG 31,1080ab), li esortava a vivere e a progredire nella perfezione. Alle sue opere hanno attinto anche vari legislatori del monachesimo antico, tra cui san Benedetto, che considerava Basilio come il suo maestro (cfr Regula 73,5). In realtà, san Basilio ha creato un monachesimo molto particolare: non chiuso alla comunità della Chiesa locale, ma ad essa aperto. I suoi monaci facevano parte della Chiesa locale, ne erano il nucleo animatore che, precedendo gli altri fedeli nella sequela di Cristo e non solo nella fede, mostrava la ferma adesione a Lui – l’amore per Lui – soprattutto in opere di carità. Questi monaci, che avevano scuole ed ospedali, erano al servizio dei poveri ed hanno così mostrato la vita cristiana nella sua completezza. Il Servo di Dio Giovanni Paolo II, parlando del monachesimo, ha scritto: «Si ritiene da molti che quella struttura capitale della vita della Chiesa che è il monachesimo sia stata posta, per tutti i secoli, principalmente da san Basilio; o che, almeno, non sia stata definita nella sua natura più propria senza il suo decisivo contributo» (Lettera Apostolica Patres Ecclesiae 2).

Come vescovo e pastore della sua vasta diocesi, Basilio si preoccupò costantemente delle difficili condizioni materiali in cui vivevano i fedeli; denunciò con fermezza i mali; si impegnò a favore dei più poveri ed emarginati; intervenne anche presso i governanti per alleviare le sofferenze della popolazione, soprattutto in momenti di calamità; vigilò per la libertà della Chiesa, contrapponendosi anche ai potenti per difendere il diritto di professare la vera fede (cfr Gregorio Nazianzeno, Oratio 43,48-51 in laudem Basilii: PG 36,557c-561c). A Dio, che è amore e carità, Basilio rese una valida testimonianza con la costruzione di vari ospizi per i bisognosi (cfr Basilio, Ep. 94: PG 32,488bc), quas i una città della misericordia, che da lui prese il nome di Basiliade (cfr Sozomeno, Historia Eccl. 6,34: PG 67,1397a). Essa sta alle origini delle moderne istituzioni ospedaliere di ricovero e cura dei malati.

Consapevole che «la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa, e insieme la fonte da cui promana tutta la sua virtù» (Sacrosanctum Concilium 10), Basilio, pur preoccupato di realizzare la carità che è il contrassegno della fede, fu anche un sapiente «riformatore liturgico» (cfr Gregorio Nazianzeno, Oratio 43,34 in laudem Basilii: PG 36,541c). Ci ha lasciato infatti una grande preghiera eucaristica [o anafora] che da lui prende nome, e ha dato un ordinamento fondamentale alla preghiera e alla salmodia: per suo impulso il popolo amò e conobbe i Salmi, e si recava a pregarli anche nella notte (cfr Basilio, In Psalmum 1,1-2: PG 29,212a-213c). E così vediamo come liturgia, adorazione, preghiera vadano insieme con la carità, si condizionino reciprocamente.

Con zelo e coraggio Basilio seppe opporsi agli eretici, i quali negavano che Gesù Cristo fosse Dio come il Padre (cfr Basilio, Ep. 9,3: PG 32,272a; Ep. 52,1-3: PG 32,392b-396a; Adv. Eunomium 1,20: PG 29,556c). Similmente, contro coloro che non accettavano la divinità dello Spirito Santo, egli sostenne che anche lo Spirito è Dio, e «deve essere con il Padre e il Figlio connumerato e conglorificato» (cfr. De Spiritu Sancto: SC 17bis, 348). Per questo Basilio è uno dei grandi Padri che hanno formulato la dottrina sulla Trinità: l’unico Dio, proprio perché è Amore, è un Dio in tre Persone, le quali formano l’unità più profonda che esista, l’unità divina.

Nel suo amore per Cristo e per il suo Vangelo, il grande Cappadoce si impegnò anche a ricomporre le divisioni all’interno della Ch iesa (cfr Epp. 70 e 243), adoperandosi perché tutti si convertissero a Cristo e alla sua Parola (cfr De iudicio 4: PG 31,660b-661a), forza unificante, alla quale tutti i credenti devono ubbidire (cfr ibid. 1-3: PG 31,653a-656c).

In conclusione, Basilio si spese completamente nel fedele servizio alla Chiesa e nel multiforme esercizio del ministero episcopale. Secondo il programma da lui stesso tracciato, egli divenne «apostolo e ministro di Cristo, dispensatore dei misteri di Dio, araldo del regno, modello e regola di pietà, occhio del corpo della Chiesa, pastore delle pecore di Cristo, medico pietoso, padre e nutrice, cooperatore di Dio, agricoltore di Dio, costruttore del tempio di Dio» (cfr Moralia 80,11-20: PG 31,864b-868b).

È questo il programma che il santo vescovo consegna agli annunciatori della Parola – ieri come oggi -, un programma che egli stesso si impegnò generosamente a mettere in pratica. Nel 379 Basilio, non ancora cinquantenne, consumato dalle fatiche e dall’ascesi, ritornò a Dio, «nella speranza della vita eterna, attraverso Gesù Cristo Signore nostro» (De Baptismo 1,2,9). Egli fu un uomo che visse veramente con lo sguardo fisso a Cristo, un uomo dell’amore per il prossimo. Pieno della speranza e della gioia della fede, Basilio ci mostra come essere realmente cristiani.

 

 

Publié dans:Papa Benedetto XVI |on 5 juillet, 2007 |Pas de commentaires »

DANZA SACRA: L’ORIGINE DELLA DANZA SACRA

dal sito: 

http://www.sanbiagio.org/lectio/pentateuco/benedizione_melchisedek.htm

DANZA SACRA 

L’origine della danza sacra 

Da tempo immemorabile musica e danza, così come il rituale religioso, sono stati importanti per il giudaismo.
La bibbia riporta numerosi esempi, incluso un versetto dai Salmi « Lodatelo col salterio e con l’arpa, lodatelo col tamburo e la danza ». Con la nascita del Chassidismo il vero spirito della danza ebraica si rivitalizzò.
La Bibbia dice inoltre « E tu amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima ». Che modo migliore di elevare lo spirito umano alle altezze celesti, per ricevere il suo spirito, se non attraverso l’espressione gioiosa del canto e della danza?
Questo ispirò i Chassidim ad impregnare la loro fede con canti e danze. Come diceva un discepolo: « Un uomo che aspira alle più elevate altezze deve raggiungerle attraverso gli altri con il loro aiuto e aiutandoli. Se tutti i figli di Israele unissero le loro mani, formerebbero una catena che toccherebbe il trono celeste ».
Infatti i Chassidim si tengono per mano. Dall’ondeggiare della testa e del tronco agli accentuati movimenti dei piedi, essi si tengono l’un l’altro con le mani sulle spalle o alla cintura con un entusiasmo e un senso di comunione caratteristici della gente comune. La loro danza non è un passatempo sociale ma una forma di servizio sacro. Non sono permesse né le danze miste nè le preghiere miste. Di solito, solo gli uomini danzano durante il rito religioso poiché è detto nella legge ebraica ortodossa che gli uomini e le donne non faranno festa né porteranno il lutto insieme. Nel vortice della danza estatica le distinzioni sociali e religiose scompaiono: mercanti e mendicanti, maestri e laici sono uniti ed edificati. 

 

Publié dans:Approfondimenti |on 5 juillet, 2007 |Pas de commentaires »

Reclusi in carceri spagnole percorreranno il Cammino di Santiago de Compostela

dal sito:

http://www.zenit.org/article-11330?l=italian

 

Reclusi in carceri spagnole percorreranno il Cammino di Santiago de Compostela

 

 BARCELLONA, mercoledì, 4 luglio 2007 (ZENIT.org).- Gruppi di reclusi, funzionari, cappellani e volontari provenienti da diverse carceri spagnole percorreranno quest’estate a piedi il Cammino di Santiago, ha reso noto il cappellano che accompagnerà, per il quarto anno, il gruppo di Barcellona, José María Carod.

“Fare il Cammino – ha spiegato Carod – è il modo migliore di contribuire alla riabilitazione e al reinserimento perché il Cammino di Santiago colpisce tutti, non è una rotta culturale né sportiva, ma un pellegrinaggio nella vita interiore e nella vita di fede”.

“La sofferenza, la capacità di sopportazione, la rinuncia per aiutare gli altri, la condivisione, l’ammirazione per la natura, la riflessione, la solidarietà negli alloggi… entrano dentro”, ha poi aggiunto.

I reclusi provengono dal carcere di Nanclares de Oca (a 15 chilometri da Vitoria), da quello giovanile della Trinidad di Barcellona e da quello di Albacete.

Il gruppo dal carcere di Trinidad, formato da cinque giovani reclusi, quattro volontari, un cappellano e una criminologa, inizierà giovedì mattina il suo viaggio, di 113 chilometri, da Sarria a Santiago, in cinque tappe durante le quali ci saranno momenti riservati al silenzio e alla riflessione.

Il gruppo di Albacete, formato da quattro carcerati adulti, tre funzionari di vigilanza e due volontari, è partito questo martedì per percorrere lo stesso tratto.

L’attività fa parte del programma penitenziario, ma non riscatta le pene, come nel caso del progetto Oitoken, che dal 1982 offre questa possibilità a giovani reclusi del Belgio che si recano in Spagna per il Cammino di Santiago.

In Spagna, il decano del Collegio degli Avvocati di Sabadell, Manuel Hernández, ha proposto questa possibilità, anche se non è stata presentata la richiesta al Ministero della Giustizia. Il segretario del Collegio, Miquel Fernández, ha dichiarato questo mercoledì all’agenzia cattolica “Veritas” che la prospettiva delle riforme legislative del Codice Penale e della Legge Criminale ha ostacolato il corso di questa richiesta per commutare le pene ai giovani, ma ha aggiunto che Hernández potrebbe riprendere l’iniziativa. 

 

di nuovo buona notte

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Publié dans:immagini buon...notte, giorno |on 5 juillet, 2007 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno orchidea

Orchidea Oprhys Insectifera

http://www.maristi.it/lavarone/sentieripace.htm

Publié dans:immagini buon...notte, giorno |on 4 juillet, 2007 |Pas de commentaires »
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