buona notte

San Silvano (1886-1938), monaco ortodosso
Scritti spirituali
« Non opporsi al malvagio »
Ci sono degli uomini che augurano ai loro nemici e ai nemici della Chiesa le pene e i tormenti del fuoco eterno. Non conoscono l’amore di Dio quando pensano così. Chi ha in sé l’amore e l’umiltà di Cristo piange e prega per tutti.
Signore, così come hai pregato per i tuoi nemici, insegnaci per il tuo Santo Spirito, ad amarli e a pregare per loro con lacrime. Tuttavia questo è molto difficile per noi, peccatori, se la tua grazia non è con noi !…
Se la grazia dello Spirito Santo abita il cuore di un uomo, anche se in una misura infima, quest’uomo piange per tutti gli uomini. Ha pietà più ancora di quelli che non conoscono Dio o che resistono a lui. Prega per loro giorno e notte affinché si convertano e riconoscano Dio. Il Cristo pregava per quelli che lo crocifiggevano : « Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno » (Lc 23, 34). Anche Stefano pregava per i suoi persecutori affinché Dio non imputasse loro questo peccato (At 7, 60)… Bisogna pregare per i nostri nemici se vogliamo conservare la grazia, perché chi non ha compassione del peccatore, non ha in sé la grazia del Santo Spirito. Lode e grazia a Dio e alla sua grande misericordia, perché egli ha concesso, a noi uomini, la grazia dello Spirito Santo.
Pope Benedict XVI prays at the tomb of Saint Francis in Assisi June 17, 2007. The purpose of the Pope’s visit was to mark the 800th anniversary of what is known as the conversion of Saint Francis. REUTERS/Maurizio Brambatti-Pool (ITALY)
Pope Benedict XVI embraces a nun during a visit at the St. Chiara Basilica in Assisi June 17, 2007. REUTERS/Maurizio Brambatti/Pool (ITALY)
dal sito Maranathà :
http://www.maranatha.it/Pensieri/PaoloVIPage.htm
Papa Paolo VI
Il Credo del popolo di Dio
Il testo della Professione di Fede che Paolo VI pronunciò il 30 giugno 1968, al termine dell’Anno Anno della fede indetto per il XIX centenario del martirio degli apostoli Pietro e Paolo a Roma Professione di Fede Noi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altresì angeli (1), e Creatore in ciascun uomo dell’anima spirituale e immortale.
Noi crediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella sua essenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni, nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua provvidenza, nella sua volontà e nel suo amore. Egli è Colui che è, come Egli stesso lo ha rivelato a Mosè (2); ed Egli è Amore, come ce lo insegna l’Apostolo Giovanni (3): cosicché questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa realtà divina di Colui che ha voluto darsi a conoscere a noi, e che “abitando in una luce inaccessibile” (4) è in Se stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata. Dio solo può darci la conoscenza giusta e piena di Se stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo, alla cui eterna vita noi siamo chiamati per grazia di Lui a partecipare, quaggiù nell’oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce perpetua, l’eterna vita. I mutui vincoli, che costituiscono eternamente le tre Persone, le quali sono ciascuna l’unico e identico Essere divino, sono la beata vita intima di Dio tre volte santo, infinitamente al di là di tutto ciò che noi possiamo concepire secondo l’umana misura (5). Intanto rendiamo grazie alla Bontà divina per il fatto che moltissimi credenti possono attestare con noi, davanti agli uomini, l’Unità di Dio, pur non conoscendo il mistero della Santissima Trinità. Noi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Figlio; al Figlio, Verbo di Dio, che è eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal Figlio come loro eterno Amore. In tal modo, nelle tre Persone divine, coaeternae sibi et coaequales (6), sovrabbondano e si consumano, nella sovreccellenza e nella gloria proprie dell’Essere increato, la vita e la beatitudine di Dio perfettamente uno; e sempre « deve essere venerata l’Unità nella Trinità e la Trinità nell’Unità » (7).
Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri (8), e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale , pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità, ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature, ma per l’unità della persona (9). Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Se ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo Comandamento nuovo, di amarci gli altri com’Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo Sangue redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia. Egli è salito al Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all’Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all’ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto. E il suo Regno non avrà fine, Noi crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dona la vita; che è adorato e glorificato col Padre e col Figlio. Egli ci ha parlato per mezzo dei profeti, ci è stato inviato da Cristo dopo la sua Resurrezione e la sua Ascensione al Padre; Egli illumina, vivifica, protegge e guida
la Chiesa, ne purifica i membri, purché non si sottraggano alla sua grazia. La sua azione, che penetra nell’intimo dell’anima, rende l’uomo capace di rispondere all’invito di Gesù: « Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste » (10).
Noi crediamo che Maria è
la Madre, rimasta sempre Vergine, del Verbo Incarnato, nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo (11), e che, a motivo di questa singolare elezione, Ella, in considerazione dei meriti di suo Figlio, è stata redenta in modo più eminente (12), preservata da ogni macchia del peccato originale (13) e colmata del dono della grazia più che tutte le altre creature (14). Associata ai Misteri della Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile (15),
la Vergine Santissima, l’Immacolata, al termine della sua vita terrena è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste (16) e configurata a suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti: e noi crediamo che
la Madre Santissima di Dio, Nuova Eva, Madre della Chiesa (17), continua in Cielo il suo ufficio materno riguardo ai membri di Cristo, cooperando alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti (18). Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l’uomo non conosceva né il male né la morte. E’ la natura umana così decaduta spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, « non per imitazione, ma per propagazione », e che esso pertanto è « proprio a ciascuno » (19). Noi crediamo che Nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che – secondo la parola dell’Apostolo – “là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia ».
Noi crediamo in un solo Battesimo istituito da Nostro Signor Gesù Cristo per la remissione dei peccati. Il Battesimo deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale, affinché essi nati privi della grazia soprannaturale, rinascono « dall’acqua e dallo Spirito Santo » alla vita divina in Gesù Cristo (21). Noi crediamo nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, edificata da Gesù Cristo sopra questa pietra, che è Pietro. Essa è il Corpo mistico di Cristo insieme società visibile, costituita di organi gerarchici, e comunità spirituale; essa e
la Chiesa terrestre, Popolo di Dio pellegrinante quaggiù, e
la Chiesa, ricolma dei beni celesti; essa è germe e la primizia del Regno di Dio, per mezzo del quale continuano, nella trama della storia umana, l’opera e i dolori della Redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di là del tempo, nella gloria (22). Nel corso del tempo, il Signore Gesù forma la sua Chiesa mediante i Sacramenti, che emanano dalla sua pienezza (23). E’ con essi che
la Chiesa rende i propri membri partecipi del Mistero della Morte e della Resurrezione di Cristo, nella grazia dello Spirito Santo, che le dona vita e azione (24). Essa è dunque santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l’irradiazione della sua santità. Perciò
la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui peraltro ha il potere di guarire i suoi figli con il Sangue di Cristo e il dono dello Spirito Santo. Erede delle promesse divine e figlia di Abramo secondo lo spirito, per mezzo di quell’Israele di cui custodisce con amore le Scritture e venera i Patriarchi e i Profeti; fondala sugli Apostoli e trasmettitrice, di secolo in secolo, della loro parola sempre viva e dei loro poteri di Pastori nel Successore di Pietro e nei Vescovi in comunione con lui; costantemente assistita dallo Spirito Santo,
la Chiesa ha la missione di custodire, insegnare, spiegare e diffondere la verità, che Dio ha manifestato in una maniera ancora velata per mezzo dei Profeti e pienamente per mezzo del Signore Gesù. Noi crediamo a tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o tramandata, e che
la Chiesa propone a credere comedivinamente
rivelata sia con un giudizio solenne, sia con il magistero ordinario e universale (25). Noi crediamo nell’infallibilità, di cui fruisce il Successore di Pietro, quando insegna ex cathedra come Pastore e Dottore di tutti i fedeli (26), e di cui è dotatoaltresì il Collegio dei vescovi, quando esercita con lui il magistero supremo (27). Noi crediamo che la Chiesa, che Gesù ha fondato e per la quale ha pregato, e defettibilmente una nella fede, nel culto e nel vincolo della comunione gerarchica. Nel seno di questa Chiesa, sia la ricca varietà dei riti liturgici, sia la legittima diversità dei patrimoni teologici e spirituali Riconoscendo poi, al di fuori dell’organismo della Chiesa di Cristo, l’esistenza di numerosi elementi di verità e di santificazione che le appartengono in proprio e tendono all’unita cattolica (29), e credendo all’azione dello Spirito Santo che nel cuore dei discepoli di Cristo suscita l’amore per tale unità (30), noi nutriamo la speranza che i cristiani, i quali non sono ancora nella piena comunione con l’unica Chiesa, si riuniranno un giorno in un solo gregge con un solo Pastore.
Noi crediamo che
la Chiesa è necessaria alla salvezza, perché Cristo, che è il solo mediatore e la sola via di salvezza, si rende presente per noi nel suo Corpo, che é
la Chiesa (31). Ma il disegno divino della salvezza abbraccia tutti gli uomini: e coloro che, senza propria colpa, ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma cercano sinceramente Dio e sotto l’influsso della sua grazia si sforzano di compiere la sua volontà riconosciuta nei dettami della loro coscienza, anch’essi, in un numero che Dio solo conosce, possono conseguire la salvezza (32). Noi crediamo che
la Messa, celebrata dal Sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell’Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell’Ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale (33). Pertanto Cristo non può essere presente in questo Sacramento se non mediante la conversione nel suo Corpo della realtà stessa del pane e mediante la conversione nel suo Sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa, in maniera assai appropriata, transustanziazione. Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino ha cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù a essere realmente dinanzi a noi sotto la specie sacramentale del pane e del vino (34), proprio come il Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci all’unità del suo Corpo mistico (35). L’unica e indivisibile esistenza del Signore glorioso nel Cielo non è moltiplicata, ma è resa presente dal Sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra
la Messa. Dopo il Sacrificio, tale esistenza rimane presente nel Santo Sacramento, che è, nel tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell’Ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato, che essi non possono vedere e che, senza lasciare il Cielo, si è reso presente dinanzi a noi.
Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, non è di questo mondo, la cui figura passa; e che la sua vera crescita non può essere confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all’amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini. Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che essi non hanno quaggiù stabile dimora, essa li spinge anche a contribuire – ciascuno secondo la propria vocazione e i propri mezzi – al bene della loro città terrena, a promuovere la giustizia, la pace e la fratellanza tra gli uomini, a prodigare il loro aiuto ai propri fratelli, soprattutto ai più poveri e ai più bisognosi. L’intensa sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in Lui, unico loro Salvatore. Tale sollecitudine non può mai significane che la Chiesa conformi se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l’ardore dell’attesa del suo Signore e del Regno eterno. Noi crediamo nella vita eterna. Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora esser purificate nel Purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù in Paradiso, come Egli fece per il Buon Ladrone, costituiscono il Popolo di Dio nell’aldilà della morte, la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della resurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi. Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite intorno a Gesù e a Maria in Paradiso, forma
la Chiesa del Cielo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio così com’è (36) e dove sono anche associate in diversi gradi, con i santi Angeli al governo divino esercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi e aiutando la nostra debolezza con la loro fraterna sollecitudine (37). Noi crediamo alla comunione tra tutti i fedeli di Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la propria purificazione e dei beati del Cielo, i quali tutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che in questacomunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoi Santi ascolta costantemente le nostre preghiere, secondo la parola di Gesù: Chiedete e riceverete(38). E con la fede e nella speranza, noi attendiamo la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Sia benedetto Dio Santo, Santo, Santo. Amen.
NOTE (1) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 3002.
(2) Cfr. Es 3, 14. (3) Cfr. I Gv 4, 8. (4) Cfr. 1 Tm 616. (5) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 804.
(6) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 75. (7) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 75. (8) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 150. (9) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 76.
(10) Cfr. Mi: 5, 48. (11) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 251-252. (12) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 53. (13) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 2803.
(14) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium,53. (15) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 53, 58,61. (16) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 3903.
(17) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium. 53, 56,61. 63: cfr. Paolo VI, Allocutio in conclusione III Sessionis Concilii Vaticani II, in Acta Apostolicae Sedis 56, 1964, p. 1016; esortazione apostolica Signum magnum, Introduzione. (18) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmnatica Lumen gentium, 62; PaoloVI, esortazione apostolica Signum magnum, p. 1, n. 1. (19) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 1513.
(20) Cfr. Rm 5, 20.
(21) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 1514. (22) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 8 e 50. (23) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 7, li. (24) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione Sacrosanctum Concilium, 5, 6; Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 7,12,50. Denzinger-Schónmetzer (25) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 3011. (26) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 3074. (27) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 25. (28) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 23; cfr. Concilio Vaticano II, decreto Orientalium Ecclesiarum, 2,3,5,6.
(29) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 8.
(30) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 15. (31) Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 14. (32) Concilio Vaticano H, costituzione dogmatica Lumen gentium, 16.
(33) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 1651.
(34) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 1642, 1651-1654: Paolo VI, lettera enciclica Mysterium fidei. (35) Cfr. san Tommaso, Summa Theologica 111, 73,3. (36) Cfr. 1 Gv 3, 2; Denzinger-Schónmetzer 1000. (37) Cfr. Concilio Vaticano II , costituzione dogmatica Lumen gentium, 49. (38) Cfr. Lc 11, 9-10; Gv 16,24. CI
Dal sito Korazym
Le Clarisse tedesche: le nostre preghiere in dono al papa
di Angela Ambrogetti/ 17/06/2007
Le monache clarisse tedesche, dove il cardinale Ratzinger si recava con i fratelli per pregare, oggi avranno un permesso speciale. Usciranno dal monastero per incontrare il papa in una sala del Sacro Convento. La loro attesa…
ASSISI – “Il nostro dono al Papa? Le nostre preghiere”. Le monache clarisse tedesche dove il cardinale Ratzinger si recava con i fratelli per pregare, oggi avranno un permesso speciale. Usciranno dal monastero per incontrare papa Benedetto in una sala del Sacro Convento. Aspettano con emozione, ricordano come parlava con ognuna di loro con pazienza quando era loro ospite. Sono trenta in un monastero di lingua tedesca. Per metà giovani. Un monastero benedetto dice la superiora, Madre Immacolata. E’ solo uno dei quadri di questa Assisi che attende Benedetto XVI. Sono particolarmente felici i religiosi, sanno che questa volta il papa viene per festeggiare Francesco, l’uomo della scelta radicale del Vangelo, il loro modello.
Una emozione che si sente oltre la grata del monastero come in piazza, dove turisti e assisani chiedono i biglietti per
la Messa almeno per essere tra i tremila sul prato davanti alla Basilica Superiore. E intanto si scatena la gioia dei giovani che saluteranno il papa davanti a Santa Maria degli Angeli. Cantano dalle tre del pomeriggio aspettando Benedetto. Sono loro a dare il saluto di tutta la città. Nel Convento, dove da più di un mese sono riuniti i frati per il capitolo generale, si prepara anche il pranzo per 400 persone. Un menù semplice:antipasto, ravioli, carne arrosto con carciofi e torta. Una sacher? “Non lo so davvero”, risponde padre Vincenzo Custode del Sacro Convento.” I doni che abbiamo preparato per il papa sono molto significativi – continua – una casula, un bassorilievo, un libro di testimonianze su San Francesco, ma soprattutto la lampada della Pace”.
Una vista intensissima per Benedetto.Tappe brevissime, purtroppo, in luoghi significativi, ma il valore della visita è grandissimo. Ci sono suore che sperano di vedere il papa almeno una volta nella vita. Lo attendono lungo la strada con striscioni e bandiere, tutta Assisi ne è piena. I giornalisti, arrivati nel pomeriggio, girano cercando notizie, parlando con gli organizzatori. Ma bisogna entrare nelle case, e soprattutto nei conventi per capire che tipo di visita sarà. Diversa certamente da quelle di Giovanni Paolo II, ma ricca di un significato profondo che potrà riportare ad Assisi uno spirito più autenticamente francescano. Forse il papa viene anche a vedere come funziona la nuova collaborazione tra Frati e Diocesi, dopo il Motu Proprio di inizio pontificato. I francescani sono un po’ insofferenti , il vescovo dice che la collaborazione funziona. Sarebbe bello sapere che ne pensa Benedetto, ma soprattutto la gente di Assisi. Intanto godiamoci la festa per San Francesco, per il santo della conversione, dell’umiltà e della accoglienza. Fatta nel nome di Gesù.
dal sito:
http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=139863
17/06/2007 17.17.29
Sulle orme di San Francesco il Papa pellegrino ad Assisi, nell’ottavo centenario della sua conversione, rilancia dalla città della pace un pressante appello a deporre le armi in tutto il mondo, a partire dal Medio Oriente
Per rivivere oggi la conversione di San Francesco, quale grande atto d’amore, Benedetto XVI è giunto oggi pellegrino ad Assisi, ripercorrendo dopo 8 secoli quei luoghi dell’anima che videro il giovane Francesco ripartire da Cristo, per andare al cuore del messaggio cristiano e giungere alle radici dell’esistenza umana. Arrivato stamane in elicottero nel campo sportivo di Rivotorto, il Papa è stato accolto dal presidente del Consiglio italiano Romano Prodi e dal nunzio apostolico in Italia mons. Giuseppe Bertello, insieme alle autorità locali civili ed ecclesiali. Prima tappa della visita il Santuario di Santa Maria di Rivotorto, quindi il Santo Padre ha raggiunto
la Basilica di Santa Chiara dove ha sostato in preghiera davanti il Crocefisso di San Damiano ed ha incontrato nel Convento le Suore clarisse. Tra i rintocchi festosi delle campane di tutta Assisi Benedetto XVI ha poi fatto ingresso alla guida di un corteo sacerdotale nella piazza della Basilica Inferiore, dove ha celebrato alle 10
la Santa Messa, davanti migliaia di fedeli, radunati nel cortile e raccolti nelle vie circostanti, che hanno seguito il Rito attraverso i maxischermi. Ha richiamato il Papa nell’omelia l’incontro di preghiera per la pace celebrato ad Assisi, nel 1986, per “intuizione profetica” di Giovanni Paolo II e forte di quello spirito che continua a soffiare Benedetto XVI ha lanciato all’Angelus un nuovo accorato appello per la pace nel mondo, in particolare per il Medio Oriente. Infine la preghiera particolare sulla tomba di San Francesco. Su questa mattinata intensa di avvenimenti ci riferisce il nostro inviato Stefano Leszczynski:
Con la recita dell’Angelus si è conclusa la prima parte della visita pastorale di Benedetto XVI nella città di San Francesco e Santa Chiara. Di fronte al premier italiano Romano Prodi, alle molte autorità civili e religiose, e a migliaia di fedeli, Benedetto XVI ha lanciato “un pressante ed accorato appello affinché cessino tutti i conflitti armati che insanguinano la terra”. Rammentando la vocazione di Assisi ad essere città della pace, e
la Giornata Mondiale di Preghiera per
la Pace voluta nel 1986 da Giovanni Paolo II, il Pontefice ha rivolto il proprio pensiero in particolare alla gravissima crisi che oggi sconvolge il Medio Oriente.
Sentiamo spiritualmente qui presenti tutti coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della guerra e delle sue tragiche conseguenze, in qualunque parte del mondo. Il nostro pensiero va particolarmente alla Terra Santa, tanto amata da San Francesco, all’Iraq, al Libano, all’intero Medio Oriente. Le popolazioni di quei Paesi conoscono, ormai da troppo tempo, gli orrori dei combattimenti, del terrorismo, della cieca violenza, l’illusione che la forza possa risolvere i conflitti, il rifiuto di ascoltare le ragioni dell’altro e di rendergli giustizia.
Nel corso dell’omelia svoltasi sul Piazzale della Basilica di San Francesco, inondato dal sole, Benedetto XVI ha fatto più volte riferimento allo “Spirito di Assisi”, che da quell’evento di preghiera tra i rappresentanti delle confessioni cristiane e delle diverse religioni continua a diffondersi nel mondo, opponendosi “allo spirito di violenza e all’abuso della religione come pretesto per la violenza”. “Assisi – spiega il Papa richiamandosi all’insegnamento di Francesco – ci dice che la fedeltà alla propria convinzione religiosa si esprime nel sincero rispetto dell’altro, nel dialogo, nell’impegno per la pace e la riconciliazione. La vita e il messaggio di Francesco – dice Benedetto XVI – “poggiano così visibilmente sulla scelta di Cristo, da respingere a priori qualunque tentazione di indifferentismo religioso, che nulla avrebbe a che vedere con l’autentico dialogo interreligioso”.
Non potrebbe essere atteggiamento evangelico, né francescano, il non riuscire a coniugare l’accoglienza, il dialogo e il rispetto per tutti con la certezza di fede che ogni cristiano, al pari del Santo di Assisi, è tenuto a coltivare, annunciando Cristo come via, verità e vita dell’uomo, unico Salvatore del mondo.
L’intensa lectio del Papa nel corso dell’omelia ha avuto come tema centrale quello della conversione spiegata attraverso la figura di tre personaggi: quella di Davide, riferita nell’Antico Testamento; quella di Francesco e, infine, quella dell’apostolo Paolo nella Lettera ai Galati. Il cammino della conversione – che lo stesso Benedetto XVI incontrando le monache Clarisse questa mattina ha descritto come talvolta molto arduo – è un tema particolarmente caro al Papa, a maggior ragione in quest’anno dedicato all’ottavo centenario della conversione di San Francesco.
L’uomo è davvero grandezza e miseria: è grandezza perché porta in sé l’immagine di Dio ed è oggetto del suo amore; è miseria perché può fare cattivo uso della libertà che è il suo grande privilegio, finendo per mettersi contro il suo Creatore.
Lo stesso Francesco ammette nel suo Testamento il tempo in cui “era nei peccati”. Peccati, che Benedetto XVI descrive come “il suo concepire ed organizzarsi una vita tutta centrata su di sé, inseguendo vani sogni di gloria terrena”. Fino al momento in cui, iniziato il cammino di conversione illuminato dalla grazia e dall’amore di Dio, Francesco apprese ed esercitò la misericordia nei confronti dei lebbrosi.
Fu allora che l’amarezza si mutò in “dolcezza di anima e di corpo”. Sì, miei cari fratelli e sorelle, convertirci all’amore è passare dall’amarezza alla “dolcezza”, dalla tristezza alla gioia vera. L’uomo è veramente se stesso, e si realizza pienamente, nella misura in cui vive con Dio e di Dio, riconoscendolo e amandolo nei fratelli.
Venendo poi al cuore evangelico dell’odierna Parola di Dio Benedetto XVI, per spiegare il dinamismo dell’autentica conversione, fa riferimento al Vangelo di Luca additando ad esempio l’episodio della donna peccatrice riscattata dall’amore per Gesù. La misericordia che Gesù riserva a questa donna, sfruttata da tanti e da tutti giudicata, tuttavia non si esprime mettendo tra parentesi la legge morale.
A scanso di equivoci, è da notare che la misericordia di Gesù non si esprime mettendo tra parentesi la legge morale. Per Gesù, il bene è bene, il male è male. La misericordia non cambia i connotati del peccato, ma lo brucia in un fuoco di amore. Questo effetto purificante e sanante si realizza se c’è nell’uomo una corrispondenza di amore, che implica il riconoscimento della legge di Dio, il pentimento sincero, il proposito di una vita nuova.
E fu proprio una vita nuova, condotta nella scelta di vivere il Vangelo in maniera quotidiana, quella che caratterizzò il percorso di conversione di San Francesco, interamente teso a Cristo e al desiderio di ‘trasformarsi’ in Lui. E’ questo l’esempio che il Papa esorta a seguire per affrontare, nel pieno spirito d’Assisi, i grandi temi del nostro tempo, come la ricerca della pace, la salvaguardia della natura, la promozione del dialogo tra tutti gli uomini.
La visita di Benedetto XVI ad Assisi – dopo il pranzo con i vescovi dell’Umbria nel Sacro Convento cui ha partecipato anche il capo del Governo italiano Prodi – proseguirà nel pomeriggio nella Basilica Superiore di San Francesco dove riceverà il saluto del Capitolo generale dei Frati Minori Conventuali e poi nella Cattedrale di San Rufino, dove incontrerà il clero e i religiosi, per poi sostare nella Cappella della Porziuncola di Santa Maria degli Angeli ed infine concedersi al grande abbraccio dei giovani che lo attenderanno alle 18 nel piazzale antistante
la Basilica patriarcale. Su quest’ultimo evento ascoltiamo l’intervista a Fra Roberto, responsabile dei giovani volontari, raccolta sempre da Stefano Leszczynski:
R. – Credo che i giovani abbiano fatto l’esperienza, con Giovanni Paolo II, della vicinanza del Papa alla loro vita, per cui Giovanni Paolo II ha aperto le porte a questa comunione profonda con il Papa che i giovani continuano ad avere adesso con Benedetto XVI. Loro indubbiamente si aspettano una parola di speranza, si aspettano in Benedetto XVI un padre che li aiuti a perseverare in questo cammino per loro difficile di sequela del Signore Gesù.
D. – Questo primo incontro con Benedetto XVI anche impegnativo sul piano della conversione, punto centrale della visita del Papa
R. – Sì, indubbiamente. L’Umbria è una terra di santi ma ha bisogno comunque di convertirsi quindi ha bisogno di incontrare in Benedetto XVI soprattutto un testimone.
D. – Assisi è una città dedicata in gran parte ai giovani, alla loro spiritualità e alla loro ricerca di Dio…
R. – Sì, senza dubbio. Qui vengono giovani da tutta Italia soprattutto per la ricerca della loro vocazione, un po’ sulla scia appunto delle parole del Crocifisso a San Francesco: “Và Francesco, ripara la mia casa”. Anche qui tanti giovani durante l’anno, in varie modalità, con varie esperienze, arrivano per chiedersi anche loro qual è il progetto che Dio ha per la loro vita.
Ed ascoltiamo ancora uno dei tanti giovani, Samuele, in attesa di incontrare il Papa questo pomeriggio:
R. – Un luogo per noi, per me soprattutto, importante, perché quattro anni fa sono venuto con motivazioni da turista, se così vogliamo dire, e poi sono tornato a casa come pellegrino, come qualcuno che ha trovato qualcosa di importante. Come non sentirsi attratti da questo luogo e dalla figura di Francesco. E’ qualcosa che ha rafforzato anche quello che avevo ricevuto dall’educazione dei familiari. Quindi, se adesso continuo a tornare è perché ho trovato qualcosa di importante, delle risposte importanti per la mia vita.
D. – Nella tua esperienza e nell’esperienza anche degli altri ragazzi, cos’è che lega i giovani ad Assisi?
R. – Quattro anni fa mai avrei pensato che ci sarebbe stato questo sodalizio, questa comunione con questa spiritualità francescana. Credo che come è stato possibile per me, così anche per gli altri sia importante trovare dei giovani che hanno trovato qualcosa qui, che hanno trovato delle risposte. Questo credo sia importante. Ognuno poi torna nella propria città. Io, per esempio, torno a Firenze e lo racconto ad un altro e l’altro vede in me la gioia, vede in me un comportamento diverso e questo non perché io sia bravo, ma perché ho trovato qualcosa che ha illuminato il mio volto, ha dato una risposta alla mia vita.
La nostra emittente seguirà l’incontro con il clero e i religiosi nella Cattedrale di San Rufino, a partire dalle ore 16.40, sull’onda media di 585 kHz e in modulazione di frequenza di 105 MHz; alle 17.50 avrà inizio il collegamento in diretta, sulle stesse lunghezze d’onda, per l’Incontro con i giovani presso
la Basilica di Santa Maria degli Angeli. (A cura di Roberta Gisotti)
Van Gogh, la Nuit étoilée
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Sant’Ambrogio (circa 340-397), vescovo di Milano e dottore della Chiesa
La Penitenza, II, 8 ; SC 179, 175
« La tua fede ti ha salvata; va in pace »
« Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati » (Mt 9,12). Fai vedere, dunque al medico la tua piaga, perché tu sia curato. Se non gliela mostrerai, egli la conosce, ma desidera ascoltare la tua voce. Netta le tue cicatrici con le lacrime. In questa maniera, appunto, la donna di cui è parola nel Vangelo, si è mondata dal peccato, dal fetore della sua iniquità. Si è resa libera dalla colpa, nel lavare i piedi di Gesù con le lacrime.
Volesse il cielo, o Gesù, che tu mi destinassi a lavare i piedi che hai imbrattati mentre incedevi entro di me!… Ma donde attingere l’acqua viva con cui lavarli? Non ho a disposizione l’acqua, bensì le lacrime. Oh, potessi con esse purificare me stesso, mentre lavo i tuoi piedi! Come fare, perché tu dica di me: « Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato »? Ben di più avrei dovuto amare, lo ammetto, e fin troppo mi è stato condonato. Sono stato, infatti, chiamato al sacerdozio dopo essere vissuto sino a quel momento tra il frastuono delle cause forensi e le beghe paurose della pubblica amministrazione. È mio timore, pertanto, apparire ingrato, se dimostrerò un amore minore, giacché molto di più mi è stato condonato.
Ma non posso stimare tutti all’altezza della donna la quale, meritatamente, è stata preferita anche a Simone che offriva il pranzo al Signore. Essa ha, infatti, dato lezione alle persone che intendono lucrarsi il perdono. Ha baciato i piedi di Cristo, li ha lavati con le lacrime, asciugati con i capelli e cosparsi di olio profumato… Tuttavia, se non siamo in grado di uguagliarla, Gesù sa venire in soccorso dei deboli. Se non c’è la donna che possa apprestare il banchetto, offrire l’unguento, portare con sé « la fonte dell’acqua viva » (Gv 4,10), Cristo in persona viene.