Archive pour le 10 juin, 2007

Valentin de Boulogne (1594-1632), « San Paolo scrive le sue epistole »

Valentin de Boulogne (1594-1632),

Valentin de Boulogne (1594-1632), « San Paolo scrive le sue epistole »

http://www.radio.rai.it/radio3/laviadipaoloegiovanni/paolo.cfm

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La Benedizione di Melchisedek – Genesi 14,17-23;

dal sito:

http://www.sanbiagio.org/lectio/pentateuco/benedizione_melchisedek.htm 


La Benedizione di Melchisedek
 - Genesi 14, 17-
23  Interessante e misterioso il sacerdote e re Melchisedek, di cui non si conosce né il padre, né la madre né la stirpe. Interessante anche se di non facile interpretazione il brano in cui questo personaggio è collocato. 

Sia per il contenuto che per il genere letterario questo capitolo 14 differisce dal resto della Genesi. È stato definito « un mondo a sé » (L.Köhler) e ha dato molto filo da torcere agli esegeti. Il racconto riguarda un fatto che sarebbe da situare nel XVII secolo a.C. ma che, per la forza esistenziale e di fede, parla anche oggi al nostro cuore. Non a caso il salmo davidico 109 profetizza il venturo Messia come un sacerdote secondo l’ordine di Melchisedek, e la lettera agli Ebrei ancora più fortemente connette la figura e la benedizione di Melchisedek a Cristo.

Il capitolo 14 è una specie di nuda cronaca ricca di tanti elementi storici e geografici. Ed è come uno « spaccato » di realtà mondiale di quegli antichissimi tempi. C’è un cozzo di popoli in cui i Cananei vengono sconfitti. Quando i re vincitori sono già sulla via del ritorno, compare il personaggio principale: il patriarca Abramo. Egli viene avvisato che suo nipote Lot è stato preso: lui e tutti i suoi beni. Con trecentodiciotto uomini insegue i vincitori, .libera il nipote e ricupera tutto il ricco bottino.  Conclusione e vertice della narrazione è ciò che subito dopo avviene: l’incontro con Melchisedek, re di Salem che significa Gerusalemme. Questo luogo, a quell’epoca, era ancora ben lontano dall’essere il centro religioso e politico di Israele, ma verso di esso già si orientano le profezie e la storia della salvezza. Solo davanti a Melchisedek che riassume in sé l’onore del sacerdote e del re, Abramo è pronto a inchinarsi e a pagare la decima della sua strepitosa vittoria. Subito dopo questo avvenimento, il testo sacro dice che  »
la Parola di Dio fu rivolta ad Abramo in visione »: Non temere Abram, io sono per te uno scudo. La tua ricompensa è molto grande » (Gen 15,1).
 

v. 17-18 Quando Abramo ritornò dall’aver vinto i re, gli si fece incontro Melchisedek, re di Salem, che portò pane e vino, egli era sacerdote dell’Altissimo.
Pregnante è il commento di S.Ambrogio, padre e dottore della Chiesa d’Occidente: Melchisedek vuol dire « re di giustizia » […]. Ora chi è il re di giustizia e il sacerdote di Dio se non Colui di cui fu detto: Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedek (Sl 109,4), cioè il Figlio di Dio, il sacerdote del Padre che con il sacrificio del suo corpo ottenne dal Padre il perdono dei nostri peccati? ».
Anche in quell’allestire un pranzo al visitatore a base di « pane e vino », i Padri sono d’accordo nel leggere una prefigurazione del sacrificio eucaristico, memoriale del sacrificio di Gesù sul Golgota.
Melchisedek è re di Salem. Va notato che Salem, nome di Gerusalemme, significa « città della pace ». Melchisedek, dunque, prefigurazione del Cristo, ha un nesso profondo con la pace. E di Gesù dirà S.Paolo, che è la nostra Pace (cf Ef 2,14). 
v.19 E benedisse Abraham con queste parole: Sia benedetto Abraham dal Dio Altissimo creatore del cielo e della terra.
È il momento vertice dell’incontro. Qui la benedizione di Abramo, l’uomo che ha risposto alla chiamata di Dio abbandonando tutto per lasciarsi condurre sulle vie della grande promessa, si ricollega con la prima benedizione: quella ai nostri progenitori nell’Eden, una benedizione che era destinata a raggiungere ogni uomo, ogni donna. È proprio ciò che conta: anche dopo il peccato, la benedizione continua, attraverso Abramo, a raggiungere l’uomo.
Interessante a questo proposito ciò che notano i commentatori odierni. Il Dio Altissimo non era il Dio dell’ebreo Abramo ma il « Dio del cielo e della terra », dell’antichissima alleanza cosmica stretta dal Creatore con Noè dopo il diluvio. Perché tutti i popoli, nessuno escluso, sono oggetto dell’amore e della benedizione di Dio. E, in qualche modo, a tutti si rivela perché li vuole tutti salvi. Come allarga il cuore questa certezza! 

v. 20a e benedetto sia il Dio Altissimo che ti ha messo in mano i tuoi nemici
Beda, un altro antico autore spirituale, commenta: « Melchisedek non solo esalta con degna lode Abramo come uomo vittorioso, ma il Signore che gli ha dato di splendere nella vittoria. Infatti nel vangelo leggiamo: Vedano le vostre opere buone e glorifichino (benedicano) il Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,16) ».
Il Dio Altissimo, creatore del cielo e della terra, viene benedetto e glorificato dalla bocca del misterioso sacerdote in nome di tutta l’umanità. Non è chiamato Jaweh perché non è solo il Dio dell’ebreo Abramo, ma è il Dio di tutti. 
v. 20b Poi Abramo gli diede la decima di tutto.
Certo Melchisedek ha la convinzione che l’ »Altissimo Iddio » è colui che ha reso vittorioso Abramo, anche se non sa nulla dei misteriosi disegni di Dio su questo ebreo. Abramo a sua volta s’inchina a Melchisedek che lo ha benedetto. Dandogli la decima dei suoi averi, gli riconosce i diritti sui beni e l’esercizio di una grande autorità. 
v. 21-22 E il re di Sodoma disse ad Abramo: Dammi le persone, tu prenditi la roba. E disse Abramo: Alzo le mani a Jaweh, Dio altissimo, che ha creato il cielo e la terra; non prenderò nulla di ciò che ti appartiene, neanche un filo né un legaccio dei calzari, perché tu non abbia a dire di aver arricchito Abramo. Non voglio niente!
Chi è questo re di Sodoma? Forse un alleato di Abramo, a cui il patriarca cede tutto. I commentatori spirituali notano che proprio perché benedetto da Dio e quindi certo della sua benevolenza, il grande patriarca « appende il suo cuore alla divina misericordia e alla promessa del SEME futuro ». Tutta la sua ricchezza sarà sempre « sperare in Dio contro ogni speranza » (cf Rm 4,18). Non altro!
 

La lettera agli Ebrei al capitolo 7 ci aiuta ad approfondire il significato e l’importanza del re-sacerdote Melchisedek, l’uomo della benedizione, come prefigurazione di Gesù in cui ognuno di noi è benedetto dal Padre. Superiore ai sacerdoti della tribù sacerdotale per eccellenza (quella di Levi), Melchisedek anticipa non solo il sacerdozio regale di Davide ma il sacerdozio perfetto del Messia, Cristo Signore, prefigurando in sé il mistero dell’essere « senza principio né senza fine » (cf Eb 7,3). 

Che cosa dice a noi oggi la sua persona e la sua potente benedizione su Abramo? Due cose soprattutto: entrambe importanti: 1. La misteriosa figura di Melchisedek allude in qualche modo al mistero del sacerdote: figura importante e irrinunciabile per il popolo di Dio, anche oggi. È urgente pensare al mistero-dono della chiamata sacerdotale, al mistero-dono della persona del sacerdote che ha un ministero strettamente associato a quello di Cristo-Salvezza. Che cosa faremmo senza il sacerdote che celebra l’Eucarestia, prega per e con il popolo di Dio, amministra il sacramento del perdono e gli altri sacramenti, chiamando su di noi ogni benedizione? 

2. La seconda cosa riguarda l’atteggiamento di Abramo. Raggiunto dalla benedizione, egli rivela una grande disponibilità a tenersi libero dai troppi « averi ». Subito si preoccupa di consegnare le decime e risponde al re di Sodoma che non vuole assolutamente nulla del bottino di guerra. C’è dunque uno stretto rapporto tra il vivere da benedetti (se non lo siamo noi, chi lo è?) e l’opporsi a questo avido bramare i beni di questo mondo, che tanto connota la società materialista e consumista in cui viviamo.

- Che idea mi son fatto del sacerdote? Ne ho grande rispetto sempre, in ordine a Cristo di cui egli è in qualche modo il prolungamento, oppure, deluso/a dal comportamento « sbagliato » di alcuni di loro, giudico il sacerdozio in se stesso negativo, prendo le distanze, trincio giudizi?  - Prego perché
la Chiesa abbia anche oggi sacerdoti santi? Prego per le vocazioni sacerdotali e le assecondo apprezzandole? Collaboro col sacerdote oppure banalizzo la sua figura con un rapporto « sbagliato » con lui? 
- Per lasciare che la benedizione si attivi in me e attorno a me, tengo libero il cuore e le mani da troppa roba, dal desiderio di avere e dall’attaccamento a quello che ho?

Passo del tempo a percepire Gesù nella mia vita come il Sacerdote perfetto, il Sovrano di ogni benedizione nei miei riguardi. Invoco d’essere da lui benedetto/a. Chiedo anche un lucido sguardo sul mio modo di gestire roba denaro rapporti interpersonali. E invoco un cuore libero da attaccamenti, un cuore semplice, perciò capace di benedizione. Passo del tempo a pregare per i sacerdoti che conosco. Invoco benedizioni su di loro e sulle persone che amo.  

Egeria era una nobile vedova di origine galiziana o della Gallia Narbonese, andò a Gerusalemme nel 381-83, e ne scrisse un Diario di viaggio

credo avere già messo qualche scritto di Egeria, se non l’ho fatto lo farò perché ne vale la pena, poi controllo:

http://www.girodivite.it/antenati/ivsec/_egeria.htm 

Egeria 

Egeria era una nobile vedova di origine galiziana o della Gallia Narbonese, andò a Gerusalemme nel 381-83, e ne scrisse un Diario di viaggio (Itinerarium, o Peregrinatio Aetheriae). Fu un testo noto nei secoli immediatamente successivi. Di questo testo si persero poi le tracce finché fu trovato casualmente nel 1884 a Arezzo, dal giurista Gian Francesco Gamurrin, in una pergamena dell’XI secolo scritta a Montecassino, insieme a un trattato sui misteri e a una raccolta di inni.  

Documento di una fede e di un’usanza insieme: scopo dichiarato di Egeria è raggiungere la ‘terra santa’ – attraverso Arabia, Mesopotamia, Siria -, per pregare sui luoghi dell’antico e del nuovo Testamento, raccogliere quest’esperienza per confortare le consorelle. Il viaggio non è verso la scoperta del nuovo o del meraviglioso dell’altro, ma all’oggettivazione visiva di quanto è scritto nel testo sacro, di vedere attraverso le ‘sacre scritture’.  

Il testo del Diario è un importante documento per la ricostruzione del latino volgare – sono abbondanti gli elementi lessicali, morfologici e sintattici di natura pre-romanza -, e dal punto di vista storico e archeologico per le informazioni sulle pratiche liturgiche che si svolgevano a Gerusalemme durante la « settimana santa ». Il dibattito tra gli studiosi sul nome della donna, tra Eteria e Egeria sembra propendere per quello di Egeria. 

Publié dans:Approfondimenti |on 10 juin, 2007 |Pas de commentaires »

Il Papa all’Angelus del Corpus Domini invita all’adorazione eucaristica per riscoprire nel silenzio che Dio è vicino. Nuovo appello in favore di tutti i sequestrati del mondo

dal sito: 

http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=138571

 Il Papa all’Angelus del Corpus Domini invita all’adorazione eucaristica per riscoprire nel silenzio che Dio è vicino. Nuovo appello in favore di tutti i sequestrati del mondo 

Oggi in Italia e in altri Paesi la  Chiesa festeggia la solennità del Corpus Domini. E il Papa all’Angelus in Piazza San Pietro ha colto l’occasione per ribadire il suo invito alla pratica dell’adorazione eucaristica. Un’esperienza di silenzio interiore nel rumore dispersivo della nostra vita quotidiana – ha detto – per riscoprire in compagnia di Gesù che Dio ci è vicino. Dopo l’Angelus ha lanciato un nuovo appello in favore dei sequestrati di tutto il mondo, tra cui anche diversi sacerdoti cattolici. Oltre 50 mila i pellegrini presenti in una Piazza San Pietro inondata di sole. Il servizio di Sergio Centofanti.   
La solennità del Corpus Domini – sottolinea il Papa – “ci invita a contemplare il sommo Mistero della nostra fede:
la Santissima Eucaristia, reale presenza del Signore Gesù Cristo nel Sacramento dell’altare”. Sacrificio eucaristico rinnovato dal sacerdote nella preghiera di consacrazione allorchè ripete: “Questo è il mio corpo… questo è il mio sangue”: 
“Lo dice prestando la voce, le mani e il cuore a Cristo, che ha voluto restare con noi ed essere il cuore pulsante della Chiesa. Ma anche dopo
la Celebrazione dei divini misteri il Signore Gesù resta vivo nel tabernacolo; per questo a Lui viene resa lode specialmente con l’adorazione eucaristica, come ho voluto ricordare nella recente Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis”.

Benedetto XVI ribadisce che “esiste un legame intrinseco tra la celebrazione e l’adorazione.
La Santa Messa infatti è in se stessa il più grande atto di adorazione della Chiesa” e come dice Sant’Agostino: “Nessuno mangia questa carne se prima non l’ha adorata”. “L’adorazione al di fuori della Santa Messa – dunque – prolunga e intensifica quanto è avvenuto nella celebrazione liturgica, e rende possibile un’accoglienza vera e profonda di Cristo”. Per questo il Papa raccomanda “vivamente ai Pastori e a tutti i fedeli la pratica dell’adorazione eucaristica” esprimendo il suo “apprezzamento agli Istituti di Vita Consacrata, come pure alle associazioni e confraternite che vi si dedicano in modo speciale” perché in questo modo “offrono a tutti un richiamo alla centralità di Cristo nella nostra vita personale ed ecclesiale”: 
“Mi rallegro poi nel constatare che molti giovani stanno scoprendo la bellezza dell’adorazione, sia personale che comunitaria. Invito i sacerdoti a incoraggiare in questo i gruppi giovanili, ma anche a seguirli affinché le forme dell’adorazione comunitaria siano sempre appropriate e dignitose, con adeguati tempi di silenzio e di ascolto della Parola di Dio. Nella vita di oggi, spesso rumorosa e dispersiva, è più che mai importante recuperare la capacità di silenzio interiore e di raccoglimento: l’adorazione eucaristica permette di farlo non solo intorno all’’io’, bensì in compagnia di quel ‘Tu’ pieno d’amore che è Gesù Cristo, ‘il Dio a noi vicino’”.

La Vergine Maria, Donna eucaristica – ha proseguito il Papa – ci introduca nel segreto della vera adorazione” con l’esempio del “suo cuore, umile e semplice … sempre raccolto intorno al mistero di Gesù”:

“Per sua intercessione, cresca in tutta
la Chiesa la fede nel Mistero eucaristico, la gioia di partecipare alla santa Messa, specialmente domenicale, e lo slancio per testimoniare l’immensa carità di Cristo”. 
Dopo l’Angelus il Papa ha lanciato nuovamente un appello per i sequestrati di tutto il mondo rivelando che gli giungono di frequente richieste di interessamento nei confronti di persone rapite, tra le quali anche sacerdoti cattolici:

“Porto tutti nel cuore e tutti tengo presenti nella mia preghiera, pensando, tra gli altri casi, a quello doloroso della Colombia. Rivolgo il mio accorato appello agli autori di tali atti esecrabili, affinché prendano coscienza del male compiuto e restituiscano al più presto all’affetto dei loro cari quanti tengono prigionieri. Affido le vittime alla materna protezione di Maria Santissima, Madre di tutti gli uomini”. 

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San Paolo, Inno alla carità

 

Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. 2 E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. 3 E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. 4 La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, 5 non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6 non gode dell`ingiustizia, ma si compiace della verità. 7 Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. 8 La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. 9 La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. 10 Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. 11 Quand`ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l`ho abbandonato. 12 Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch`io sono conosciuto. 13 Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità

ICorinzi 13,1-13;

San Paolo, Inno alla carità dans biblica

http://santiebeati.it/

Publié dans:biblica |on 10 juin, 2007 |Pas de commentaires »

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