Diventare una vite che porta frutto

Giovanni Taulero (circa 1300-1361), domenicano a Strasburgo
Omelie, 7

Diventare una vite che porta frutto

I ceppi di vite, li si lega, li si impala, si piegano i tralci dall’alto in basso, li si attacca a pali solidi per sostenerli. In questo possiamo vedere la vita mite e santa e la passione del Nostro Signore Gesù Cristo, la quale deve essere in tutto il sostegno dell’uomo che cerca il bene. L’uomo deve essere piegato, ciò che in lui è alto deve essere abbassato, ed egli deve immergersi, con tutta la sua anima, in una vera e umile sottomissione. Tutte le nostre facoltà, interiori o esteriori, quelle della sensibilità e dell’avidità, come pure le nostre facoltà razionali, devono essere legate, ognuna al suo posto, in una vera sottomissione alla volontà di Dio.

Poi si rivolta la terra attorno ai ceppi e si sarchiano le erbacce. Così anche l’uomo deve sarchiare se stesso, profondamente attento a ciò che ci potrebbe essere ancora da sradicare nel fondo del suo essere, perché il divino sole possa avvicinarsi più direttamente e brillarvi. Se lascerai allora la forza dall’alto fare in questo modo la sua opera, il sole aspirerà l’umidità del suolo nella forza vitale nascosta nel legno, e i grappoli cresceranno magnifici. Poi il sole, con il suo calore agisce sui grappoli e fa sbocciare i fiori. E questi fiori hanno un profumo nobile e benevolo… Allora il frutto diviene indicibilmente dolce. Questo sia dato a noi tutti.

Publié dans : Non classé |le 4 juin, 2007 |Pas de Commentaires »

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